La sfida globale del settore agroalimentare per i prossimi anni consisterà nel garantire cibo sicuro prodotto in maniera sostenibile ad una popolazione crescente, con le previsioni che parlano di 9,7 miliardi di persone entro il 2050. Se per qualcuno la soluzione per conciliare disponibilità alimentare e ambiente dovrebbe essere smettere di produrre e consumare carne, secondo le stime FAO, invece, in uno scenario sostenibile, sarà necessario garantire un aumento medio del 30% della disponibilità di alimenti di origine animale, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo (fonte: FAO, 2018, The future of food and agriculture). E proprio sulla sinergia fra nuove sfide della food security e sostenibilità, si è tenuto il 29 settembre scorso a Roma il simposio “Cow is Veg – Il ruolo dei ruminanti in una dieta sostenibile”, organizzato da Assocarni in collaborazione con Coldiretti, durante il quale un parterre di scienziati internazionali si è confrontato su questo tema. Il saluto di benvenuto ai presenti e relatori è stato dato da Luigi Scordamaglia, presidente dell’associazione.
Filiera bovina eccellenza del made in Italy, ma politiche UE mettono a rischio il settore
«Il comparto della carne bovina è stato messo più volte sotto attacco con disinformazioni strumentali — soprattutto in Europa — che sono proprio quelle che oggi in parte vogliamo contrastare. L’Europa è sempre più un continente “sazio”, che invecchia e che pensa di essere ancora al centro di un mondo che invece lo rende sempre più periferico nei suoi equilibri. Con questo suo egoismo l’Europa ancora pensa — per ideologia, per moda — di poter smantellare la propria produzione agroalimentare e la propria produzione zootecnica e bovina innanzitutto (come del resto ha poi anche già fatto per tanti altri settori come quello dell’energia!) e ritrovarsi poi a dipendere dal resto del mondo» ha rimarcato Scordamaglia all’avvio dei lavori del simposio.
«Nemmeno la lezione che la crisi ucraina ha provocato fa cambiare questa strategia egoistica e sbagliata di chi non vuole una transizione verde vera e competitiva (il nostro modello produttivo dell’allevamento bovino è in assoluto il più efficace anche da un punto di vista ambientale, non solo emettendo ma assorbendo le emissioni di altri settori realmente inquinanti). E invece l’Europa va avanti in maniera ideologica.
Un esempio? Quello della recente proposta di assimilare i nuovi allevamenti bovini di appena 150 capi alle autorizzazioni preventive per l’apertura delle grandi fabbriche che emettono CO2 con tutte le conseguenze burocratiche» sottolinea il presidente di Assocarni. «Ecco questo approccio fa parte di una strategia di alcuni commissari europei, primo fra tutti Frans Timmermans, che vedono nella loro testa un’Europa trasformata in un enorme e improduttivo giardino con carne e latte senza stalle.
Fortunatamente (o sfortunatamente per l’Europa) il mondo va in una direzione diversa: la produzione globale di carne e l’offerta di carne bovina si riducono mentre la domanda aumenta costantemente.
Il consumo di carne bovina nel mondo è l’ambizione nutrizionale di tutti i Paesi emergenti, è l’indicatore dello stato di benessere raggiunto».
E in Italia? «Nel nostro Paese oggi consumiamo una quantità di carne bovina che è uguale a quella degli anni ‘60, ottimale per la nostra dieta e meno di 25 g al giorno che è la quantità consigliata da tutte le linee guida internazionali, assicurandoci longevità e benessere. Il bovino è una specie di miracolo: consuma cellulosa improduttiva e non utilizzabile dall’uomo e la trasforma in uno dei più alti valori proteici nutrizionali e nobili che esistono e questo lo fa da sempre».
La qualità delle produzioni zootecniche italiane
Sulla qualità delle produzioni zootecniche italiane è intervenuto il presidente di Coldiretti Ettore Prandini: «La carne italiana nasce da un sistema di allevamento che per sicurezza, sostenibilità e qualità non ha eguali al mondo, consolidato anche grazie a iniziative di valorizzazione messe in campo dagli allevatori, con l’adozione di forme di alimentazione controllata, disciplinari di allevamento restrittivi, sistemi di rintracciabilità elettronica e forme di vendita diretta della carne. Le potenzialità di miglioramento sono alla portata della nostra zootecnia puntando fin d’ora sulla gestione dei residui e sulla produzione di energia rinnovabile attraverso il biogas e il biometano».
Gli impatti ambientali della filiera bovina sui quali oggi si fa ancora troppa confusione
«Il settore dell’allevamento bovino in Italia è già net zero per quel che riguarda i gas climalteranti»: così commenta Giuseppe Pulina, ordinario di Etica e sostenibilità delle produzioni animali all’Università di Sassari. In sintesi, il nostro Paese si conferma fra i più virtuosi al mondo in termini di bilancio delle emissioni degli allevamenti bovini.
«Dobbiamo cominciare a guardare a questa filiera come parte integrante di un’economia circolare, in un’ottica di bilancio di emissioni. Questo significa che oltre a considerare la riduzione degli impatti — secondo ISPRA le emissioni dell’allevamento pesano il 5% del totale, calate di oltre 14 punti percentuali in 30 anni (e del 10% solo negli ultimi 10) —, va aggiunto l’aumento di sequestro di carbonio compiuto dalle aree nelle quali si pratica l’allevamento».
E, continua il professore, «Addirittura con le nuove metriche (GWP*), il saldo dell’allevamento bovino è in negativo: il settore, cioè, ha contribuito maggiormente al sequestro che all’emissione. Un risultato reso possibile anche grazie allo sviluppo di un approccio innovativo secondo cui la sostenibilità del comparto zootecnico si ottiene incrementando la conoscenza, il knowledge intensive, che passa anche dall’impiego di tecnologie all’avanguardia che rendono il sistema sempre più efficiente tutelando animali e ambiente.
Un dato su tutti: il nostro Paese non è mai stato così verde dal secondo dopoguerra ad oggi, passando da 5 milioni e mezzo di ettari forestali a 11. Ecco perché pensare di imporre arbitrariamente e senza studi accurati politiche per ridurre i capi di bestiame degli allevamenti bovini in Italia non solo sarebbe nocivo dal punto di vista economico e sociale, ma come dimostrano questi dati recenti, anche controproducente dal punto di vista ambientale».
Impatto economico e sociale della zootecnia
Sull’importanza di guardare al sistema zootecnico sotto differenti aspetti — ambientale, ma anche economico e sociale — è intervenuto Maurizio Martina, vicedirettore generale della FAO, che ha sottolineato l’apporto di queste filiere «alla grande sfida della sostenibilità» e ha ribadito il valore di un approccio scientifico e ragionato al tema, ricordando che nel mondo 1 miliardo e 300 milioni di persone vivono grazie al lavoro in zootecnia. Proprio nell’ottica di considerare le filiere zootecniche come parte di un nuovo equilibrio sostenibile, ha proseguito: «Sono molte le questioni importanti sui cui si può lavorare insieme: contro le emissioni, sulla qualità dei mangimi, sull’utilizzo dei terreni e dei suoli, per la selezione delle razze, sulla gestione dei reflui, per la circolarità integrale dei sistemi zootecnici. Temi concreti che aiutano a spostare in avanti l’equilibrio per renderlo sempre più sostenibile e più avanzato. In questo senso non abbiamo bisogno di approcci ideologici, ma di buone pratiche che ci facciano lavorare insieme».
L’agricoltura, di cui la zootecnia è parte integrante, ha già risposto con i fatti sulla capacità di aumentare la produzione riducendo gli impatti: negli ultimi 30 anni il comparto agricolo ha sfamato quasi 2,5 miliardi di persone in più riducendo le emissioni pro capite di circa il 20% (fonte: Our World in Data).
Ambientalismo ideologico e demonizzazione della carne
«Negli ultimi anni si è fatto strada anche a livello comunitario un ambientalismo troppo ideologico che non ha niente a che vedere con la protezione dell’ambiente e la relativa transizione, ma che strumentalizza le preoccupazioni dei cittadini per attaccare apertamente determinati prodotti e tradizioni alimentari europee» ha dichiarato da Bruxelles l’on. Salvatore De Meo, componente della Commissione per l’Agricoltura e lo Sviluppo rurale AGR. «La carne rossa è al centro di questa campagna di demonizzazione che parte da una distorsione di agricoltura e allevamento, tacciati come uniche cause del cambiamento climatico. In questa confusione perdono importanza le basi scientifiche delle ricerche e non si distingue più tra uso e abuso, qualità e quantità. In un momento in cui le aziende agricole sono in seria difficoltà e la sicurezza alimentare europea è a rischio, l’Europa non può permettersi politiche approssimative che mettono ancora più in difficoltà il settore agroalimentare».
Feed vs food
Sul fronte del consumo di acqua e suolo e della cosiddetta feed vs food competition, in questi anni sono emersi dati importanti capaci di fare chiarezza in un panorama informativo spesso inquinato da dannose fake news. In un contesto come quello che si sta delineando — aumento della popolazione, aumento del reddito medio e contestuale aumento della richiesta di alimenti di origine animale — la capacità dei ruminanti di convertire erba e vegetali ricchi in cellulosa in proteine, senza entrare in competizione con l’uomo, è un’opportunità unica per il settore zootecnico di contribuire alla food security con proteine ad alto valore biologico. Ma non solo, i ruminati si mostrano estremamente efficienti nella conversione delle proteine vegetali in proteine animali. Su questo Anne Mottet, Livestock Development Officer presso la FAO, ha affermato che «L’intero settore zootecnico mondiale consuma circa un terzo dei cereali che produciamo. Ma questa quota può essere ridotta. In particolare, i ruminati hanno un più efficiente indice di conversione proteica: sono in grado di produrre un chilo di proteine assumendo solo seicento grammi di proteine vegetali.
Anche per quanto riguarda il “land use”, il settore zootecnico globale utilizza circa 2,5 miliardi di ettari di suolo, il 77% dei quali sono praterie, per gran parte non coltivabili e quindi utilizzabili solo dagli animali al pascolo, che se riconvertite a colture creerebbero danni ai servizi ecosistemici».
Allevamenti parte della soluzione climatica
Se oggi la produzione e il consumo di carne sono al centro di un dibattito pubblico spesso fortemente polarizzato che influenza la lettura dei dati riguardanti la salute e gli impatti ambientali, emergono in parallelo dati più che confortanti, che vedono gli allevamenti bovini come parte integrata della soluzione climatica. Come spiega il prof. Frank Mitloehner, Air Quality specialist in Cooperative Extension presso il Dipartimento di Scienze Animali della UC Davis, «I bovini, spesso etichettati erroneamente come un problema climatico, in realtà rappresentano un’opportunità: gestendo al meglio le emissioni, soprattutto di metano. In alcune regioni l’allevamento può raggiungere la neutralità climatica — il punto in cui non comporta ulteriore riscaldamento climatico — con riduzioni fattibili di metano, fornendo al contempo alimenti altamente nutrienti».
Uno studio più attento delle emissioni di gas serra fa emergere, infatti, come anidride carbonica e metano non abbiano la stessa permanenza in atmosfera e lo stesso impatto sul clima. In particolare, il metano emesso naturalmente dai bovini viene scomposto in atmosfera e riconvertito in CO2 nel giro di dieci anni per poi essere riassorbito dalle piante con la fotosintesi, rientrando nel naturale ciclo biogenico del carbonio. Invece la CO2 prodotta dai combustibili fossili si accumula e permane in atmosfera potenzialmente per mille anni. Agendo, quindi, sul contenimento delle emissioni di metano dei bovini si opererebbe un effettivo sequestro di carbonio in atmosfera, rendendo di fatto la zootecnia un settore attivo nella lotta al cambiamento climatico, in opposizione a quanto si ritiene erroneamente oggi.
Carne e apporto nutrizionale
La carne continua a rivestire un’importanza determinante dal punto di vista nutrizionale: evitare o ridurre eccessivamente l’assunzione di carne può rendere le diete meno equilibrate soprattutto per i giovani e le fasce di popolazione più fragili. La carne è infatti un’importante fonte di proteine di alta qualità e di vari micronutrienti di cui si rilevano carenze a livello globale (anche presso gran parte delle popolazioni occidentali) come ferro, zinco e vitamina B12. Come riportato da Frédéric Leroy, professore nel campo della Scienza dell’Alimentazione presso la Vrije Universiteit Brussel: «Nonostante si tratti dell’alimento che ha accompagnato l’evoluzione della specie umana costituito da proteine di qualità e micronutrienti altamente biodisponibili, l’assunzione di molti dei quali è peraltro limitata da parte della popolazione, spesso la carne viene ingiustamente inquadrata come una scelta alimentare non salutare. Al contrario, la carne dovrebbe essere considerata un alimento chiave per migliorare lo stato nutrizionale nell’ambito di una dieta sana, soprattutto per le popolazioni con esigenze nutrizionali elevate. Prescindere dal ruolo nutrizionale degli alimenti nel formulare raccomandazioni per un consumo meno impattante per l’ambiente rappresenta un grave errore — continua il prof. Leroy — occorre tenere in considerazione e incorporare tali vantaggi anche nelle valutazioni di carattere ambientale, per consentire confronti e valutazioni equi».
Consumo di carne e evoluzione
La valenza nutrizionale della carne rappresenta infine un importante retaggio evoluzionistico che caratterizza la nostra specie da oltre due milioni di anni. «Le evidenze circa il metabolismo indicano che gli esseri umani, evolutisi nel Paleolitico come “ipercarnivori”, sono ancora adattati ad una dieta in cui i lipidi e le proteine, piuttosto che i carboidrati, offrono un contributo importante all’approvvigionamento energetico» ha dichiarato Miki Ben-Dor, ricercatore in nutrizione e diete ancestrali presso il Dipartimento di Archeologia dell’Università di Tel Aviv.
Alla luce di queste riflessioni, emerge chiaramente l’importanza di guardare con fiducia al settore zootecnico e alle sue evoluzioni in grado di contribuire positivamente all’auspicata neutralità climatica, così come è necessario guardare ai bovini come a una risposta concreta e sostenibile alla crescente richiesta di proteine di alta qualità da parte della popolazione globale.
Fonte: Assocarni
Cow is Veg!
Forse non ci si pensano spesso ma i bovini sono animali erbivori. Erbivori che si nutrono principalmente di cellulosa, sostanza non utilizzabile per l’alimentazione umana. La “carne rossa” che conosciamo, viceversa, è ricca di preziosi nutrienti ed è il risultato di questa interazione “simbiotica” e virtuosa tra ambiente e ciclo di vita degli animali: un processo antico come la storia dell’uomo. Su questa premessa si è sviluppato il progetto Cow is Veg, una campagna di informazione che intende fare chiarezza, attraverso la pubblicazione di contenuti e l’organizzazione di eventi scientifici, su due argomenti chiave riguardanti la filiera del bovino: la sostenibilità e la nutrizione. «In merito alla sostenibilità, vogliamo far conoscere la filiera italiana del bovino, con tutti i suoi prodotti e sotto-prodotti, e il suo impatto sul nostro territorio a livello sociale, ambientale ed economico. Vogliamo parlare, ad esempio, di water e carbon footprint della carne rossa contestualizzando, con rigore scientifico, i numeri e i titoli sensazionalistici che vengono riportati dai giornali. Si tratta di argomenti complessi, su cui riteniamo di dover promuovere la conoscenza di dati e chiavi di lettura indispensabili per poter costruire delle opinioni solide sulle quali basare le proprie scelte di consumo» scrivono gli autori di Cow is Veg. Non è da meno il tema della nutrizione, di fortissimo interesse per i consumatori. «Perché (e come) la carne rossa può essere parte integrante di una dieta sana e “green”? Qual è il suo ruolo, oggi, nell’alimentazione italiana rispetto alle diverse fasce d’età e rispettive esigenze nutrizionali? Le cosiddette “alternative” alla carne come si configurano dal punto di vista qualitativo e nutrizionale? Facciamo il punto, a tu per tu con i massimi esperti del settore».
Il portale www.lastoriadiunerbivoro.it raccoglie parecchio materiale, informazioni, notizie e contenuti di facile lettura e comprensione. Un ottimo strumento per smontare false notizie e fare chiarezza su temi che impattano sulla nostra alimentazione e salute.
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