Anche se in molti sembrano ignorarlo, il settore zootecnico presenta diversi aspetti positivi quando si parla di tutela dell’ambiente e delle risorse. Uno di questi è il fatto che le filiere zootecniche sono virtualmente senza sprechi. Dalle centinaia di prodotti che si possono ottenere da un singolo capo bovino o suino, fino alla riduzione delle emissioni attraverso la produzione di biogas e biometano, i modi con cui la zootecnia riesce ad implementare il concetto di economia circolare sono innumerevoli. Uno, importantissimo, ma forse meno noto, è la valorizzazione dei cosiddetti “ex-prodotti alimentari”. Ne parliamo con Valentina Massa, imprenditrice nel settore dei mangimi circolari, componente della giunta di Assalzoo e presidente della European Former Foodstuff Processors Association.
Innanzitutto, cos’è EFFPA?
«EFFPA (www.effpa.eu)è l’associazione europea — ma di fatto internazionale —, che unisce i trasformatori di ex-prodotti alimentari. In particolare si compone di associazioni nazionali (Regno Unito, Francia, Germania, Paesi Bassi) e aziende importanti che rappresentano altri mercati (Belgio, Spagna e Portogallo, Italia, Grecia, Danimarca, Canada e USA). Si stima che, annualmente, in Europa siano processati 5 milioni di tonnellate di ex-prodotti alimentari, 3,5 dei quali nei Paesi europei in cui EFFPA è attiva».
Da dove provengono i cibi di scarto da cui si ricavano i mangimi animali?
«La definizione corretta è ex-prodotto alimentare, in inglese former foodstuff. Definizione sancita dal Reg. UE 68/2013, in cui si è finalmente chiarito che un alimento prodotto in Europa che non può essere destinato al consumo umano, se sicuro e se impiegato come materia prima per mangimi, diventa ex-alimento da impiegarsi dopo adeguata trasformazione come ingrediente per mangimi.
Trattandosi appunto di ex-prodotti alimentari, questi provengono principalmente dalle industrie alimentari come singoli ingredienti, prodotti intermedi e prodotti finiti con errori di etichettatura, confezionamento ecc. Ma possono provenire anche da centri logistici di distribuzione e GDO.
Non possono invece provenire dalla ristorazione o dalle case e, se destinati ad alimentazione zootecnica, non possono contenere carni o derivati salvo specifici casi.
Caratteristica eccezionale degli ex-prodotti alimentari è che, all’interno della dieta animale, permettono di far risparmiare in termini di consumo di acqua, impronta carbonica e uso di suolo rilevanti impatti se in sostituzione di materie prime “tradizionali” provenienti dal settore primario. Diversi studi LCA hanno dimostrato il grande vantaggio a favore della filiera alimentare animale dell’uso di questi ingredienti circolari e crediamo che a breve, con eventuali sistemi di etichettatura ambientale degli alimenti, questo tipo di ingredienti potrà davvero fare la differenza».
Qual è di preciso la differenza fra un rifiuto alimentare e un alimento con caratteristiche tali da poterlo trasformare in mangime?
«Da definizione rifiuto alimentare è tutto ciò che è alimento ai sensi del Reg. Ce 178/02 e che per varie ragioni non viene utilizzato come tale; sono esclusi i mangimi. I rifiuti quindi non possono in nessun modo rientrare nella filiera alimentare o dei mangimi.
Inutile dire che l’obiettivo sia della Commissione europea che degli SDGS sia quello di dimezzare gli sprechi alimentari entro il 2030. La traduzione in diverse lingue in questo non aiuta, in quanto quello che in italiano viene definito scarto in inglese diventa waste, che prende connotazione di rifiuto.
EFFPA da sempre si batte per far riconoscere lo status di mangime e non di rifiuto delle proprie materie prime circolari. Si tratta infatti del miglior riutilizzo in termini di economia circolare, subito successivo all’impiego per alimentazione umana. Per definizione non è in competizione con l’alimentazione umana (perché viene definito ex-alimento solo se non più destinato a consumo umano) e garantisce riduzione di spreco alimentare, in quanto permette una riduzione dell’uso di risorse “tradizionali” provenienti dal settore primario/agricoltura, e quindi minore consumo di acqua, suolo e fertilizzanti.
Il fatto che parta come materia prima per mangime e non come rifiuto permette massima sicurezza alimentare e tracciabilità, in quanto tutti gli operatori afferenti al sistema dei mangimi attuano un sistema HACCP e una tracciabilità atti a ridurre e minimizzare ogni rischio.
Se fosse permesso usare rifiuti nei mangimi avremmo molti problemi sanitari, per questo dovrebbero essere premiati tutti gli operatori della filiera che, virtuosamente, si adoperano per la riduzione dello spreco alimentare attraverso la filiera dei mangimi. I mangimi, nonostante se ne parli poco, sono al cuore del sistema agrozootecnico e pertanto meritano attenzione centrale».
Come si può garantire una totale sicurezza alimentare (food safety), nel produrre mangimi da ex prodotti alimentari (former foodstuff)?
«La garanzia di sicurezza si può fondare su 5 pilastri:
Al di là dell’evidente valore a livello di economia circolare, il vostro lavoro può dare supporto alle filiere anche a livello di sicurezza alimentare (food security)? Soprattutto in tempi di guerra e restrizioni come questi…
«Come accennato, attualmente si stima che vengano utilizzati in Europa cinque milioni di tonnellate di ex-prodotti alimentari; l’uso di tali ingredienti va in parziale sostituzione principalmente di cereali fioccati, oli e zuccheri: si tratta di un vero e proprio efficientamento nutrizionale, al momento e da anni contribuiamo ad una filiera alimentare più sostenibile perché produce meno spreco e valorizza ingredienti circolari nei mangimi. Il nostro obiettivo è di estendere maggiormente la riduzione degli sprechi alimentari valorizzabili in nutrizione animale migliorando il know-how del settore retail che ancora necessita di sviluppo.
Tale progetto è stato concordato con la Commissione europea all’interno della “Stakeholder platform” sugli sprechi alimentari che si svilupperà nel 2023.
Al momento il conflitto in Ucraina ha ulteriormente inasprito la tensione anche per l’approvvigionamento energetico ed il rischio è che tutto il lavoro svolto sino ad oggi — e con esso l’efficienza ottenuta con gli ex-prodotti alimentari ed altri sottoprodotti alimentari nella catena dei mangimi — venga vanificato da incentivi stanziati per aumentare le produzioni energetiche che certamente servono, ma che non si potrebbero definire sostenibili, se prodotte con ingredienti per mangimi invece che con residui senza altri potenziali utilizzi. Per fare un semplice esempio, è come se ci si riscaldasse mettendo nella stufa gli alimenti riposti in dispensa. Sicuramente genererebbero calore, ma a quale costo? E poi da mangiare cosa resta?
In oltre 40 anni di attività nell’economia circolare abbiamo imparato che è necessario continuamente interfacciarsi e collaborare in modo costruttivo i con i vari settori, nel rispetto delle leggi, e lo abbiamo fatto con un orgoglio immenso per la virtuosità del nostro lavoro (e questo nonostante per anni sia stato ritenuto molto umile).
Per questo siamo convinti che le industrie alimentari, i decisori politici e i consumatori non potranno che condividere la priorità e la tutela del sistema alimentare, e troveranno la giusta via di implementazione delle energie rinnovabili, che certamente non potranno essere prodotte con ingredienti per mangimi».
Fonte: Assosuini.it
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