Qual è la parola che fa più paura al consumatore italiano? Il grasso. Quel grasso che suona come una blasfemia, eluso dalle nostre tavole e condannato alla reclusione come il peggior nemico della salute umana. Eppure gli animali allevati oggi sono più magri: “Le carni bovine contengono meno della metà del contenuto totale di grassi; nel caso delle suine, negli ultimi 40 anni sono cambiate in maniera significativa sia la quantità sia la distribuzione del grasso sottocutaneo, con una tendenza alla diminuzione di spessore del lardo e a un aumento del grasso nella pancetta” (Bortolotti, 2020).
Occorre ricordare che i grassi svolgono funzioni molto importanti per il nostro organismo: apportano energia, forniscono vitamine liposolubili (ADEK) e acidi grassi essenziali e creano il bouquet organolettico nelle carni in termini di tenerezza, succosità e sapidità.
Le carni suine rappresentano il primo impatto che il consumatore ha con il grasso, basti pensare a quante volte, al banco frigo, si sente richiedere del prosciutto magrissimo da parte di clienti incuranti del fatto che la famigerata grassezza generi la complessità aromatica delle carni.
I consumatori italiani dunque risultano particolarmente sensibili in termini negativi nei confronti del grasso. Questa concezione però stride profondamente con quella diffusa nella stragrande maggioranza degli altri Paesi nel mondo, in cui la presenza de grasso è un elemento imprescindibile della carne di qualità.
In Italia esiste un paese diventato il punto nevralgico della nobile grassezza suina: Riese Pio X, piccolo comune della provincia di Treviso che conta diecimila anime; un paese santo che deve il proprio nome a Pio X — proclamato Papa il 4 agosto del 1903. Matteo Guidolin, giovane prorompente e talentuoso nonché sindaco del paese, ha avuto l’intuizione di valorizzare un prodotto tanto umile quanto ricco di tradizioni e di sapori, il musetto, creando nel 2018 l’Ingorda Confraternita del Museto (in Veneto con una t).
Il museto o musetto è un insaccato di origini friulane e venete fatto con le parti umili del maiale quali il muso, da cui prende appunto il nome, la cotica, i muscoletti di spalla e la gola; facoltativi sono l’uso della lingua e delle orecchie. L’impasto ottenuto con la macinatura delle diverse parti, che deve essere di grana grossa, viene salato e pepato. L’aggiunta all’impasto di alcune spezie come cannella, noce moscata, coriandolo e chiodi di garofano è a discrezione del norcino, così come l’aggiunta di vino rosso. L’impasto è insaccato in un budello ricavato dall’intestino del maiale stesso e legato a mano. L’ultima fase è quella dell’asciugatura che avviene in un paio di giorni ad una temperatura di 12 °C. Il peso del musetto varia dai 500 grammi a 1 kg.
Il cugino del musetto è il cotechino, che differisce per l’aggiunta nell’impasto di pancetta, parti della coscia e rifilature delle parti magre del maiale. Il cotechino a differenza del musetto ha più cotica nell’impasto.
La cotenna, conosciuta come cotica dal latino “cutis” (pelle), è formata dal tessuto connettivo che rientra nella famiglia delle proteine dello stroma, che rappresentano circa il 10% delle proteine muscolari totali. Il tessuto connettivo è costituito da collagene ed elastina, proteine insolubili in acqua.
Il collagene, principale costituente del tessuto connettivo, durante la cottura prima si contrae, poi in tempi prolungati e in presenza di acqua gelatinizza. L’elastina, invece, presente in minor quantità nel connettivo, durante la cottura si contrae ma non gelatinizza a differenza del collagene.
Occorre precisare che il collagene viene anche apportato in maniera preponderante dai muscoli del muso che caratterizzano fortemente il musetto e che permettono di sviluppare un aspetto organolettico piuttosto singolare che spicca con la valutazione tattile: la collosità. Per meglio dire, il musetto deve appiccicare i polpastrelli delle dita, in Veneto si usa dire che “el museto se lè bon el peta” — “il musetto se è buono appiccica” — più marcata è la collosità più buono è il musetto.
Il musetto si consuma cotto dopo un attenta e meticolosa preparazione: va forato con uno spillone, poi messo in pentola con acqua fredda e fatto cuocere lentamente per circa 3 ore; la durata della cottura è proporzionale al suo peso (più pesa e più necessita di cottura).
Al palato il musetto è un vero e proprio capolavoro culinario la cui sapidità si alterna alla cremosità del grasso che crea una patina lipidica aromatica in bocca.
Matteo Guidolin si è messo in prima fila per la valorizzazione di questo nobile insaccato, non solo con la creazione della Confraternita di cui è presidente ma anche dedicandogli un festival, il festival del maiale: Porcomondo!, che vede coinvolta tutta la comunità di Riese Pio X.
La vicepresidenza della Confraternita è stata affidata invece al ristoratore trevigiano: Walter Porcellato, della storica trattoria La Caneva dei Biasio a Riese Pio X, punto di riferimento della cucina trevigiana e sede di numerosi eventi gastronomici. A La Caneva si svolge ogni anno, e precisamente il 17 gennaio, la gara dei museti. Non una data qualunque quindi, ma il giorno di Sant’Antonio Abate, il santo protettore dei norcini e dei macellai.
Il duello tra museti ha avuto il suo esordio nel 2018 con la nascita della Confraternita e, dopo una battuta d’arresto nel 2021, quest’anno è tornata più viva che mai. Un’edizione straordinaria quella appena trascorsa, caratterizzata da una fitta agenda di appuntamenti, ben undici, dedicati a Sua maestà il maiale. Un viaggio di sapori durato due mesi (28 novembre – 21 gennaio) che ha coinvolto non solo Riese Pio X ma anche gli altri comuni limitrofi: Castelfranco Veneto, Maser e Montebelluna.
Il primo appuntamento del tour suino si è aperto con la visita all’allevamento di Pierluigi De Meneghi, vincitore dell’ultima gara del museto del 2020. A seguire si sono alternate: una cena a tema a base di lardo e una cena di gala che ha visto la partecipazione di Oscar Farinetti, al quale è stato consegnato il premio Suin generis.
Si sono svolti inoltre due importanti convegni: uno su una razza suina in via di estinzione, il Nero friulano, e l’altro sulla Biosfera del Grappa divenuto Patrimonio dell’Unesco. Si sono disputate infine tre simpatiche gare, non solo quella del musetto ma anche quella del “cren” (il rafano) e quella delle martondee (polpette fatte con le parti più vascolarizzate dell’animale, polmoni e reni).
La Notte degli Oscar suini ha visto la partecipazione di ventidue norcini provenienti da ogni angolo del Veneto, i musetti in gara sono stati assaggiati da una attenta e scrupolosa giuria capitanata da Giancarlo Saran, noto enogastronomo trevigiano.
La giuria mi ha vista coinvolta insieme a numerose figure illustri del territorio Veneto come Federico Caner, assessore al turismo, agricoltura e commercio estero della Regione, Cesare De Stefani, titolare dell’omonimo salumificio che sorge sulle colline del prosecco a Valdobbiadene (TV), Fabio Bona, presidente della Confraternita del formaggio Piave DOP, Bruno Valle per la sopressa di Bassano del Grappa, Marina Grasso, giornalista e presidente Fondaco del Gusto, Cristina Sparvoli, giornalista della Tribuna di Treviso.
I musetti sono stato valutati attraverso l’analisi sensoriale: l’esame visivo tattile della fetta che analizza l’omogeneità di colorazione dell’impasto e la famosa collosità, l’esame olfattivo che permette di individuare odori anomali e quello gustativo in cui si dà spazio alla sapidità. Dopo un’attenta e certosina analisi, durata circa due ore, il podio è stato assegnato nuovamente a Pierluigi De Meneghi, vincitore dell’edizione 2020. Pierluigi alleva una trentina di maiali e rientra nelle PPL (Piccole Produzioni Locali), un progetto della Regione Veneto che permette la vendita di prodotti agricoli in piccole quantità nel rispetto degli standard igienico sanitari.
I maiali allevati da Pierluigi rappresentano l’esempio del benessere animale, scorrazzano liberi all’aperto e ascoltano dell’ottima musica impostata da un timer: la radio suona per 20 minuti ogni due ore. Durante il periodo estivo godono invece di una doccia d’acqua fresca.
La loro alimentazione si basa prevalentemente su cereali: mais, crusca, soia, orzo, tutti di produzione propria; non mancano poi i sali minerali necessari per rafforzare il sistema immunitario.
Gli animali, al raggiungimento di 270 kg di peso vivo, sono macellati in una struttura certificata della provincia di Treviso; successivamente le mezzene sono trasportate nel laboratorio specializzato di Pierluigi dove nascono preziosi prodotti come museti, salami, soppresse, pancette.
Il Campionato del Mondo del Museto è un intreccio di emozioni culinarie e conoscitive risultato di un lavoro accurato fatto dalla Confraternita del Museto. Oserei fare una bucolica equazione: il Bue Grasso sta a Carrù come il Maiale sta a Riese Pio X.
Il maiale da sempre considerato l’anima rurale e la fonte principale di proteine nobili è il simbolo del mondo agricolo, un mondo fatto di tradizioni, un mondo che ci ha tramandato insegnamenti alimentari e ci ha insegnato il rispetto verso Madre Natura.
Occorrono eventi come questi per ripristinare il patrimonio fatto di cultura, conoscenza e umiltà, un patrimonio di sapori. Non dobbiamo lasciar andare questo patrimonio e dinanzi a tutto ciò la ristorazione deve compiere la sua parte. Pierluigi, qual è il segreto per un buon museto? «Il farlo con amore».
Elisa Guizzo
To subscribe to a Magazine or buy a copy of a Yearbook
From traditional advertising to digital tools such as Newsletter and Direct Email Marketing. Let's build together the most effective communication strategy for your growth.
Find outFrom traditional advertising to digital tools such as Newsletter and Direct Email Marketing. Let's build together the most effective communication strategy for your growth.
Find out