L’andamento di 11 fenomeni di consumo (dal free from alla regionalità) e un approfondimento sulla sostenibilità in tutte le sue declinazioni: la decima edizione dell’Osservatorio Immagino di GS1 Italy mette ai raggi X il carrello della spesa e racconta come cambiano le preferenze d’acquisto degli Italiani. Un capitale informativo esclusivo (quello delle indicazioni presenti sulle etichette dei prodotti di largo consumo registrate da Immagino), una base statistica senza eguali (costituita dai dati di vendita di oltre 125.000 prodotti) e un punto di vista innovativo, che individua i fenomeni trasversali in atto nel carrello della spesa e ne misura i trend, semestre dopo semestre: sono queste le caratteristiche che rendono l’Osservatorio Immagino di GS1 Italy uno strumento unico per mettere a fuoco i fenomeni di consumo e seguirne l’evoluzione.
La decima edizione dello studio ha ampliato ulteriormente il suo raggio d’analisi, incrociando i dati Nielsen su venduto, consumo e fruizione dei media, con le informazioni, rilevate dal servizio Immagino di GS1 Italy, presenti sulle etichette di 125.431 prodotti, tra alimentari e non alimentari, venduti nei supermercati e ipermercati italiani.
Un paniere ampio e diversificato che, nell’anno finito a giugno 2021, ha generato un giro d’affari di poco meno di 39 miliardi di euro, pari all’83% del sell-out totale realizzato da ipermercati e supermercati in Italia. «L’Osservatorio Immagino ha introdotto un nuovo modo di leggere i fenomeni di consumo e i relativi cambiamenti. Industria e distribuzione del largo consumo hanno così una chiave di lettura utile per creare nuovi prodotti e calibrare assortimenti che incontrino i gusti di un consumatore sempre più preparato e consapevole» ha dichiarato Marco Cuppini, research and communication director di GS1 Italy.
I contenuti
Food
Italianità: in tutte le declinazioni, dal “100% italiano” alle indicazioni geografiche (come Dop e Igp) fino alla presenza di un richiamo alla regione di provenienza;
Free from: i 17 claim più importanti nel mondo dei prodotti “senza”;
Rich-in: i 12 claim più rilevanti nel paniere dei prodotti ricchi o arricchiti;
Intolleranze: la dinamica dei prodotti “senza glutine” o “senza lattosio”, e quella dei claim emergenti, come “senza lievito” o “senza uova”;
Lifestyle: i claim del cibo identitario, come “vegano”, “vegetariano”, Kosher e Halal;
Loghi e certificazioni: bollini, indicazioni e claim che forniscono garanzie precise, come il logo EU Organic o le 8 certificazioni del mondo della Corporate social responsibility (come Fairtrade, Friend of the sea, FSC, Sustainable cleaning e UTZ);
Ingredienti benefici: dall’avena alla canapa, dal matcha all’avocado, dallo zenzero ai semi di sesamo, i 27 sapori più trendy nel mondo dei superfruit, delle spezie, di supercereali/farine, dei dolcificanti, dei semi e dei superfood;
Metodo di lavorazione: “estratto a freddo” e “lavorato a mano”, “non filtrato” o “a lievitazione naturale”, quando la tecnica produttiva fa la differenza;
Texture dei prodotti: morbido o ruvido, soffice o croccante, sottile o fragrante? Le 11 consistenze più evidenziate in etichetta.
Non food
Anche in questa edizione è presente il “Barometro sostenibilità”, che misura e racconta come le aziende comunicano sulle etichette le misure che hanno adottato per migliorare il loro impatto ambientale. A giugno 2021 hanno superato quota 30.000 i prodotti che riportano in etichetta almeno un claim o una certificazione relativi alla sostenibilità. Il loro giro d’affari è arrivato a 11,5 miliardi di euro, in aumento di +3,2% rispetto ai 12 mesi precedenti. Nello stesso periodo è cresciuto anche il numero delle indicazioni “green” rilevate sulle loro confezioni (ben 40 tra claim e certificazioni), suddivise in quattro aree:
management sostenibile delle risorse;
agricoltura e allevamento sostenibili;
responsabilità sociale.
rispetto degli animali.
Un’analisi approfondita è dedicata alla comunicazione in etichetta della riciclabilità dei packaging: quasi un terzo di tutti i prodotti analizzati fornisce indicazioni che aiutano a conferire correttamente le confezioni e la loro quota è aumentata di +4,1% nei 12 mesi rilevati.
Packaging green
Continua ad aumentare il numero dei prodotti sulle cui etichette è stato inserito almeno un riferimento alla riciclabilità del packaging. Un trend che l’Osservatorio Immagino ha individuato e monitorato da tempo e che nell’ultimo anno ha guadagnato nuovo terreno nel mondo del largo consumo, arrivando a coprire quasi un terzo delle 125.431 referenze rilevate. Rispetto all’anno finito a giugno 2020, questa quota è salita di 4,1 punti percentuali.
Si riduce, dunque, anche se resta sempre predominante l’incidenza dei prodotti venduti in super e ipermercati che sono silenti sul tema della riciclabilità dei pack. Il fatto che sette prodotti rilevati su dieci non presentino un’indicazione che possa aiutare i consumatori a conferire correttamente le confezioni non significa che non siano effettivamente riciclabili. Emblematico è il caso di bottiglie e vasetti in vetro, su cui spesso non compare alcuna indicazione anche se questo materiale è riciclabile al 100%.
Soffermandosi su quel 32,3% di referenze che esplicita sulle confezioni come conferirle, emerge che in oltre 80 casi su 100 il packaging è totalmente o largamente riciclabile e che, rispetto ai 12 mesi precedenti, è diminuita la quota di quelli non riciclabili (scesa dal 5,7% al 4,9%), a prova che, quando viene comunicato sulla confezione, l’impegno delle aziende del largo consumo per la raccolta differenziata è il più delle volte effettivo e concreto.
Guardando alle aree merceologiche, il freddo si conferma quella in cui viene maggiormente comunicata la riciclabilità del prodotto (54,9% dei prodotti), mentre al secondo posto si attesta ancora una volta l’ortofrutta (46,0%). Invece bevande (principalmente per il vetro), petcare e cura persona sono le aree con la minor percentuale di prodotti che indicano in etichetta la possibilità di riciclo del packaging, con quote al di sotto del 20% delle referenze. E quando la riciclabilità viene comunicata in etichetta nella maggior parte dei casi la confezione è effettivamente riciclabile o largamente riciclabile, ma tra le aree merceologiche la situazione è disomogenea.
Se in ortofrutta, cura casa, bevande e carni il packaging è riciclabile per oltre il 90% dei prodotti rilevati dall’Osservatorio Immagino, in drogheria, fresco, freddo e cura persona le quote di riciclabilità si abbassano intorno all’80%. Sempre quando viene specificata la riciclabilità in etichetta, le categorie con packaging meno riciclabili restano i condimenti freschi (24,1% totalmente o largamente riciclabile), i prodotti da ricorrenza (28,6%), i preparati e piatti pronti (45,2%).
Infine, complice l’effetto rimbalzo sui picchi di vendita registrati nei mesi precedenti durante l’emergenza Covid-19, nell’anno terminante a giugno 2021 le unità vendute sono rimaste pressoché stabili (+0,7%). Ma quelle dei prodotti con indicazione di riciclabilità (totale, largamente o parzialmente) sono cresciute a differenza di quelli dei prodotti non riciclabili, gestibili in base al Comune oppure dove non è comunicata la riciclabilità.
Fonte: Osservatorio Immagino
osservatorioimmagino.it
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