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Speciale Chianina

Allevare la Chianina

of Rella M.


Fra tradizione e innovazione il mondo degli allevamenti della Chianina prova a fare meglio e di più, alcuni allevatori con sistemi a ciclo chiuso, che prevedono il pascolo e alimenti vegetali di coltivazione propria, altri ricorrendo al supporto delle nuove tecnologie, in modo smart. Il modello di allevamento “autosufficiente” è però poco diffuso nel mondo della Chianina: per realizzarlo e renderlo sostenibile servirebbero grandi superfici, motivo per cui solo un 20% delle aziende zootecniche può considerarsi a ciclo chiuso, e non integralmente… Nel nostro viaggio tra l’Umbria e la Val di Chiana toscana abbiamo visitato due allevamenti di qualità con un approccio diverso, il primo tradizionale vecchia maniera, il secondo modello 4.0.

Agri Gubbio S.S., San Cipriano, Gubbio (PG)
Partiamo dalla fattoria stile “c’era una volta”: è Agri Gubbio s.s., un allevamento estensivo di Chianine allo stato semibrado per la produzione di vitelli da ristallo. Siamo a San Cipriano di Gubbio: località magnifica, pittoresca, zona di colline e boschetti nel cuore verde dell’Umbria, in area turistica ma senza masse di persone e tra i suoni della natura. Una dimensione esperienziale che Agri Gubbio propone ai turisti di vivere nei suoi 5 appartamenti in un borghetto rurale che è un altro piccolo gioiello, con piscina all’aperto e campi a non finire dove fare trekking e passeggiate, tra le Chianine al pascolo libero, in bella stagione. L’attività della famiglia Franciosa fu avviata nel 2001 grazie all’affitto di 270 ettari tra boschi, campi e pascoli sulle colline di Gubbio, dove Paolo Franciosa alleva 70 Chianine, di cui 42 fattrici. L’azienda vende vitelli da ristallo al 6o/7o mese d’età, circa 30 l’anno, ad altri allevatori e ingrassatori del territorio. Gli animali sono alimentati al pascolo dai primi di marzo ai primi di dicembre, poi in stalla con foraggio e cereali aziendali.
«La Chianina è un animale con tanti aspetti positivi, su tutti la bontà e salubrità della carne — mi dice Paolo Franciosa — però è una razza che si gestisce male perché esigente, vuole mangiar bene, fa poco latte e bisogna controllare che ne abbia a sufficienza per i vitelli. Ha un carattere nevrile: è reattiva, forte, poco socievole».

Fattoria Podernuovo, Chiusi (SI)
Vediamo ora la zootecnica 4.0. Podernuovo è un’impresa innovativa per la realtà della Chianina. Si trova in località Montallese di Chiusi, provincia di Siena, vanto dell’allevatore Vanni Frigo e del figlio Yannick: un allevamento moderno, incentrato sulla linea vacca-vitello con stabulazione libera. La particolarità di quest’azienda di 70 ettari in unico corpo, acquistata negli anni ‘70 da Luigi Vanni, arrivato da Verona in Val di Chiana, è l’aver introdotto un sistema di sensori elettronici per il monitoraggio della riproduzione e dello stato di salute degli animali.
I capi sono costantemente controllati da sensori montati su un collare. Nelle vacche da riproduzione il sistema valuta i calori e lo stato di salute per individuare il momento migliore per la fecondazione: un “sensore di parto” segnala — grazie all’aumento della frequenza delle scosse rilevate — l’avvicinarsi del momento della natalità. Sui vitelli, invece, un sensore a giroscopio supervisiona la salute dalla nascita allo svezzamento, «il periodo di crescita più critico per la giovane età dell’animale e in particolare per la Chianina — sottolinea il signor Frigo — che è una razza più delicata di altre e si ammala più facilmente. Normalmente a occhio nudo ci si accorge della malattia quando ormai è in stato avanzato, prima che si manifestino i sintomi. Ma il piccolo sensore, dotato di giroscopio, rileva le frequenze e le ampiezze del movimento e, in base ad un algoritmo, segnala se ci sono anomalie, dalle quali capiamo se il vitello sta bene o se c’è qualcosa che non va».
La sperimentazione è stata introdotta nel 2016, sviluppata da un’azienda israeliana di ricerca tecnologia all’avanguardia — dopo acquisizioni e accorpamenti è la MSD Animal Health (www.msd-animal-health.co.il) — che scelse la Val di Chiana per eseguire i test, fino ad allora effettuati solo su animali da latte, su animali da carne. I dati sui vitellini furono acquisiti inizialmente per tutto il primo anno al fine di creare una base storica di informazioni come stato di salute, temperatura, tipo di cure, ecc…, e mettere a punto un modello d’intervento.
L’allevatore è aggiornato costantemente attraverso la App Sensehub: in pratica quando il “parametro vitale” (da 0 a 100) scende sotto il valore di 85, il sistema invia un avviso all’allevatore, che può controllare da cellulare e computer. «Quando il segnale arriva — spiega Yannick — sappiamo che qualcosa non va e quindi dobbiamo agire in base alla nostra esperienza o rivolgendoci ad un veterinario. Le polmoniti, ad esempio, si manifestano con temperature maggiori ai 40 °C, la diarrea intorno ai 39 °C, le infezioni all’ombelico sui 40 °C».
Questa sperimentazione adesso sta per essere adottata anche da ANABIC, che inserirà l’uso dei sensori a giroscopio nel centro di miglioramento genetico per monitorare lo stato di salute dei torelli selezionati per la riproduzione.
Un’altra linea di ricerca riguarda gravidanze e nascite. Prima di introdurre il sistema di monitoraggio elettronico l’azienda Podernuovo riscontrava periodi di inter-parto (il tempo tra una nascita di un vitello e la successiva) fino a 560 giorni, circa 1 anno e mezzo. Oggi sono ridotti a 410-420 giorni, un taglio del 30% sui tempi d’attesa che si traduce in un incremento di nascite e produttività aziendale. Sono stati inoltre dimezzati i tempi di svezzamento a 3 mesi/3 mesi e mezzo, così la vacca torna prima in calore.
Per raggiungere tali risultati sono state adottate diverse misure. «Abbiamo eliminato la monta naturale, migliorato le pratiche veterinarie in stalla e sottoposto gli animali a diagnosi costante, ogni mese, con un approccio di controlli che normalmente si fa con le vacche da latte» spiega Frigo. «E, grazie al sensore di parto, sappiamo quando si avvicina la nascita».
Oggi Podernuovo è un’azienda zootecnica 4.0 ma in origine, negli anni ‘70, nacque per ingrassare le razze francesi. Allora la Chianina era in via d’estinzione, limitata a piccoli allevamenti famigliari e al suo impiego come animale da lavoro, ultime reminiscenze della mezzadria.
Nel ‘96, con lo scandalo della cosiddetta “mucca pazza”, ci fu una svolta generale. La famiglia Frigo si accorse della difficoltà di vendere i 500 capi di vacche francesi e, dopo un anno, dovette chiudere la stalla. L’anno successivo, con un colpo di fortuna, acquistò a buon prezzo un branco di Chianine da un’azienda di Radicondoli in fallimento, cogliendo l’opportunità di ripartire con una bella mandria di vacche e vitellini autoctoni, in un momento in cui si tornava a guardare con interesse, anche salutistico, alle razze italiane, mentre i modelli zootecnici del Nord Europa andavano in crisi.
I Frigo, ingrassatori di professione, introdussero nell’alimentazione dalla nascita cereali, soia, sali minerali, orzo e un po’ di fieno; un approccio alimentare diverso dalla consuetudine contadina del tempo, più ricco d’energia legata ai glucidi dei cereali, che favoriscono lo sviluppo muscolare, per avere animali già pronti e carne di qualità a 19-20 mesi.
Ripartiti con 70 capi, oggi Podernuovo ha 230 animali, incluse 105 fattrici. Non vende vitelli ma animali al macello all’azienda San Giobbe, la più grande realtà della Chianina. Fino al 2007 Podernuovo aveva una macelleria aziendale.


Massimiliano Rella



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