Dry aging, valorizzazione delle razze autoctone, ricerca sul würstel… Ci sono mille modi per avvicinare il consumatore alla qualità e al territorio trentini ed è questo in estrema sintesi il lavoro di due premiate macellerie che abbiamo visitato: Paolazzi, a Faver di Altavalle (TN), e Cis, a Bezzecca di Ledro (TN), entrambe inserite nella rete dell’Associazione Macellerie di Montagna del Trentino.
Macelleria Paolazzi (in foto a sinistra)
Tito Paolazzi e il padre Fernando guidano una bella macelleria aperta nel ‘46 per iniziativa del nonno Paolo. È la terza generazione di macellai della famiglia. «Prima del Covid facevamo un 60% di macelleria e un 40% di norcineria — premette Tito — mentre oggi la macelleria viaggia al 90% perché sono spariti i piccoli negozi e le botteghe che vendevano le specialità lavorate. Ma va bene così, puntiamo sempre di più su tagli e frollature di qualità. E il cliente è soddisfatto».
I Paolazzi acquistano suini dall’azienda Sommadossi Maurizio di Pietramurata (TN), che a sua volta li seleziona sui Monti Lessini, in Veneto. Mentre per il bovino si servono dall’azienda Agri Natura Carni di Pergine Valsugana (TN), che ha stalle nel Bleggio, verso la Val Rendena. «I principali allevatori di manzo si trovano qui e in Valsugana» spiega Tito. «Sono dei territori pianeggianti, adatti alla coltivazione di mais e foraggi». I Paolazzi lavorano 10 quintali a settimana tra suino e bovino. Producono norcineria artigianale: speck e speck dell’Imperatore (lonza, rosa nazionale, grasso e cotenna), fesa di maiale, coppa di maiale affumicata con legno di faggio dolce, prosciutto cotto, speck cotto alla brace, carne fumada e luganega fumada, più la “cugina” trentina del kaminwürst dell’Alto Adige, fatta con un morbido impasto di maialino più spezie e sale, che l’affumicatura di faggio rende conservabile a lungo.
In particolare lo speck dell’Imperatore si ottiene disossando e rifilando la schiena del maiale (un suino pesante di 160 kg), salato a secco con sale e aromi, adagiato in vasche d’acciaio e massaggiato e girato ogni due giorni per quasi un mese. Dopo la tolettatura la carne è affumicata con legno dolce di faggio e lasciata maturare e stagionare minimo 150 giorni. Queste le caratteristiche: forma cilindrica, lunghezza 60 cm, 10-12 cm di diametro, una parte magra rosso-rosata che rappresenta i 2/3 e il resto cotenna e grasso duro di schiena bianco marmoreo. Molto particolare anche il salame del Maso, con il lardellato dello Speck dell’Imperatore affumicato, tagliato a coltello e amalgamato al trito della luganega, insaccato e stagionato 40 giorni.
Sul fronte della sperimentazione carnivora, invece, Tito Paolazzi da quattro anni si diletta con il dry aging utilizzando due Dry Ager a controllo costante di temperatura e umidità, al 90%. Frolla con questa tecnica Grigio alpina, Limousine, Manzetta prussiana, Red Hereford irlandese, Angus scozzese, Manzetta del Baltico, ecc… «Il dry aging è un processo per frollare la carne e ottenere straordinaria morbidezza e sapore intenso. Così — sottolinea Paolazzi — la carne raggiunge il massimo livello di morbidezza e digeribilità; gli enzimi, presenti naturalmente, fermentano, affinano e maturano in un ambiente controllato. Asciugandosi, i tessuti perdono liquidi costantemente, in cottura non buttano acqua e acquistano morbidezza e digeribilità. Il calo di peso è del 7-8%, con lo scarto la pezzatura si riduce del 10-12%. Fino a 30 giorni c’è poca differenza, a 60 giorni si raggiunge il miglior compromesso tra calo di peso e maturazione, morbidezza e gusto», conclude Paolazzi.
L’altro aspetto interessante riguarda la comunicazione e l’ospitalità. Di tanto in tanto la macelleria partecipa a serate barbecue con il macellaio al ristorante per gestire la brace con le proprie carni. Organizza inoltre corsi di barbecue nel piazzale contiguo, di 4-5 ore con spiegazioni sulla cottura al sangue, media e bleu.
>> Link: www.facebook.com/paolazzimacelleriasalumi
Macelleria Cis Massimo (in foto a destra)
Ci spostiamo a Bezzecca, in Val di Ledro, dove Massimo Cis, 50 anni, quarta generazione di macellai, subentra nel ‘90 al papà Gualtiero nella gestione della Macelleria Cis. Massimo Cis lavora principalmente carni locali, su tutte il suino del Trentino per fare speck, würstel, salsicce e salami. Si tratta di un esemplare più piccolo e meno grasso, adatto per il banco e la salumeria, acquistato da uno dei due ultimi allevamenti rimasti, dotato di mulino interno per la macinatura delle granaglie, con cui vengono alimentati i maiali. Somiglia più a un suino del Nord Europa che ad un nazionale. Il rosa nazionale è invece utilizzato per la macelleria.
Per il bovino lavora con le razze Rendena e Piemontese per fare carne salada e würstel misti di suino e bovino. «La Rendena è una razza autoctona — spiega Massimo Cis — ha una carne coriacea e gustosa ma, poiché l’alimentazione moderna cerca la tenerezza, la utilizziamo solo per la salumeria, senza bisogno di frollatura».
Per il bancone utilizza anche molte carni di allevamenti locali, in particolare dell’Azienda Agricola Dalponte Roberto di Vigo Lomaso di Comano Terme (TN). Complessivamente l’attività si divide equamente tra norcineria e macelleria: 250 quintali l’anno di würstel, 75 quintali di carne salada, anche con affumicatura con legno di faggio per 2 giorni; questa con la Piemontese del Consorzio La Granda, presidio Slow Food. «Il sale spacca le proteine della carne e la rende più tenera» sottolinea Cis. «Il controllo della filiera, l’alimentazione e il benessere animale sono importanti, pur se i costi in montagna sono più alti».
Premiata da importanti riviste e guide del settore, il successo della Macelleria Cis dipende anche dalla ricerca di prodotto. Lo speck, ad esempio, è fatto senza conservanti, dopo anni di prove. «All’inizio marciva — ricorda — poi ho visto che allungando la stagionatura ottenevo la stessa maturazione ed il prodotto è molto tenero». Nella carne salada c’è invece un minimo di nitrato in funzione antibatterica: «in uno stagionato sarebbe inutile», assicura Cis, che ha tolto conservanti e additivi, usando solo sale e spezie. Per anni Cis ha puntato sul würstel, facendo attenzione alla provenienza della materia prima, utilizzando presidi Slow Food di Piemontese e Rendena, eliminando gli additivi chimici, utilizzando acqua, sale, spezie e fibra di pisello per tener morbido l’impasto. Produce tre tipi di würstel: misto bovino-suino, suino e weisswurst, cioè il bianco non affumicato. E adesso sta per aprire un laboratorio di 600 m2 a Storo per la ricerca di nuovi prodotti, soprattutto würstel e cotti. La nuova sfida comincia a primavera 2023.
>> Link: www.cis1889.it
Massimiliano Rella
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