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Cinghiali: dalla periferia urbana al piatto

of Corona S.


Arriva a Natale l’emendamento alla Manovra di Bilancio per porre un freno alla diffusione dei suidi selvatici nel nostro Paese. Una misura divenuta urgente visti gli ingenti danni a persone, cose e colture. Plaudono le associazioni agricole, Coldiretti in testa che, per voce di Ettore Prandini, il presidente nazionale, dichiara: «finalmente un provvedimento concreto per porre fine all’incontrollata moltiplicazione dei cinghiali in Italia dove se ne conta 1 ogni 26 abitanti, per un totale di 2,3 milioni di esemplari, che mettono a rischio la salute, il lavoro e la sicurezza degli Italiani, con un incidente ogni 41 ore causato dalla fauna selvatica. I branchi — sottolinea Prandini — si spingono sempre più vicini ad abitazioni e scuole, fino ai parchi. Distruggono i raccolti, aggrediscono gli animali, assediano le stalle, causano incidenti stradali con morti e feriti e razzolano tra i rifiuti con evidenti rischi per la salute.
La situazione è diventata insostenibile in città e nelle campagne con danni economici incalcolabili alle produzioni agricole ma — continua — viene compromesso anche l’equilibrio ambientale di vasti ecosistemi territoriali in aree di pregio naturalistico, con la perdita di biodiversità sia animale che vegetale, senza dimenticare i rischi per gli allevamenti e il made in Italy a tavola con la diffusione della peste africana».
Ma quella di Coldiretti non è una posizione comune solo a chi opera nel mondo dell’agricoltura e della zootecnia. L’invasione di vie e piazze da parte dei suidi viene vissuta dai cittadini come una vera e propria emergenza, tanto che oltre 8 Italiani su 10 (81%) — secondo l’indagine Coldiretti/Ixè — pensano che vada affrontata col ricorso agli abbattimenti, soprattutto incaricando personale specializzato per ridurne il numero, anche perché 1 Italiano adulto su 4 (26%) si è trovato faccia a faccia con questi animali.
Nell’ultima decade il numero di incidenti gravi con morti e feriti causati da animali sulle strade provinciali è praticamente raddoppiato (+81%), secondo la stima Coldiretti su dati Aci Istat. Sempre secondo Coldiretti, nell’ultimo anno è avvenuto un incidente ogni 41 ore con 13 vittime e 261 feriti gravi, a causa dell’invasione di cinghiali e animali selvatici (dati Asaps).
Il 69% degli Italiani ritiene che i cinghiali siano troppo numerosi mentre c’è addirittura un 58% che li considera una vera e propria minaccia per la popolazione, oltre che un serio problema per le coltivazioni e per l’equilibrio ambientale, come pensa il 75% degli intervistati. Il risultato è che oltre 6 Italiani su 10 (62%) ne hanno una reale paura e quasi la metà (48%) non prenderebbe casa in una zona infestata dai cinghiali.
“La maggioranza degli Italiani considera l’eccessiva presenza degli animali selvatici una vera e propria emergenza nazionale, che incide sulla sicurezza delle persone, oltre che sull’economia e sul lavoro, specie nelle zone più svantaggiate”, aggiungono dalla Coldiretti. Se nelle città molti abitanti sono costretti a vivere nella paura, nelle campagne la presenza dei cinghiali ha già causato l’abbandono di 800.000 ettari di terreni fertili che oggi, oltre a non essere più produttivi, sono esposti all’erosione e al dissesto idrogeologico.
Non mancano fatti di cronaca eclatanti che, per la loro crudezza, hanno destato il timore anche di chi coi cinghiali non ha avuto in realtà mai nulla a che fare. Ma sono molte le persone aggredite o assediate da interi branchi o anche solo da uno o più esemplari tutt’altro che intimoriti dalla presenza dell’uomo. Cinghiali che fanno irruzione in un asilo o che, come accaduto a Mantova, sbranano un anziano riducendolo in fin di vita al punto che i medici sono costretti ad amputargli un braccio e parte della gamba. Un evento, quest’ultimo, che mostra più di altri quanto i suidi possano essere pericolosi, soprattutto in determinate circostanze.
Ridurre numericamente la specie e tenerla sotto controllo significa anche contrastare la diffusione della Peste Suina Africana, recentemente riaffacciatasi nei nostri territori. Un provvedimento andava necessariamente preso, soprattutto in quelle zone in cui la malattia si sta diffondendo senza confini ed è forte la presenza di allevamenti che reggono le filiere agroindustriali delle carni fresche e dei salumi.
Non si poteva continuare a tenere sotto scacco un comparto così importante che garantisce lavoro a circa 100.000 persone tra allevamento, trasformazione, trasporto e distribuzione e che vanta un fatturato che vale 20 miliardi di euro, buona parte del quale realizzato proprio sui mercati esteri.
D’altronde in Italia fa da monito l’esperienza della Sardegna: oltre 40 anni di giogo in cui il suino isolano, soggetto alle restrizioni più rigide a causa della PSA, non poteva essere esportato oltre Tirreno, né fresco, né trasformato, piegando così per decenni un mondo produttivo che avrebbe invece potuto trovare nel settore, un importante sbocco verso i mercati.
Se i cinghiali hanno raggiunto un numero fuori controllo come quello attuale, è perché la situazione è stata a suo tempo sottovalutata. Se la maggioranza parlamentare ha deciso di intervenire permettendo che, con regolare licenza e un corso di formazione, i cacciatori potessero prendere parte ai piani di controllo della fauna selvatica, sotto il coordinamento dei corpi di polizia regionale o provinciale, eliminando i cinghiali, è perché la questione è diventata un problema serio a tutti i livelli, non solo in ambito prettamente agricolo.
In nome della sicurezza stradale, della tutela della pubblica incolumità, del patrimonio storico artistico e dei terreni agricoli, anche nelle aree urbane, qualcosa andava finalmente fatto. La norma stabilisce che le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano provvedano al controllo delle specie di fauna selvatica anche nelle zone vietate alla caccia, comprese le aree protette e le aree urbane anche nei giorni di silenzio venatorio e nei periodi di divieto.
E ai cacciatori il via libera è dato a due condizioni: previa frequenza di corsi di formazione autorizzati dagli organi competenti a livello regionale e quando vengono coordinati dagli agenti delle Polizie provinciali o regionali.
Le autorità deputate al coordinamento dei piani di abbattimento possono altresì avvalersi dei proprietari o conduttori dei fondi, sui quali si attuano i piani medesimi, purché muniti di licenza per l’esercizio venatorio e previa frequenza dei corsi di formazione autorizzati dagli organi competenti, delle guardie venatorie, degli agenti delle polizie locali, con l’eventuale supporto in termini tecnici e di coordinamento del personale del Comando unità per la tutela forestale ambientale e agroalimentare dell’Arma dei carabinieri.
I contenuti dell’emendamento alla Manovra, in parte anticipati da un provvedimento della Regione Lombardia, che aveva già dato un segnale importante sull’abbattimento dei cinghiali, non sono stati però accolti da tutti con favore. Le modalità con cui gli animali possono essere abbattuti ha infatti scatenato l’ira degli ambientalisti e lo scetticismo di una certa frangia della gente comune e, certamente, un elemento che non ha aiutato è il fatto che i cinghiali catturati in città potranno, seppur a seguito di controlli sanitari, essere consumati dall’uomo.
Alle polemiche prima e dopo l’approvazione del provvedimento scatenate soprattutto da Verdi di Avs, Pd e M5S ha risposto il Governo: “non si tratta di un favore a lobby o gruppi di interesse, della caccia o delle armi, ma di un atto necessario per ristabilire l’equilibrio del rapporto uomo-animale”.
E chissà che a breve non si (ri)scopra la carne di cinghiale, ottima consumata tout cour, eccellente trasformata in salume.


Sebastiano Corona



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