Riuniti dal 21 al 23 luglio sul lago Sirino, a Nemoli (PZ), per la prima manifestazione dedicata alla razza Podolica — “Vivi Lucania 2023”, organizzata da ARA Basilicata — gli allevatori chiedono maggior attenzione alle istituzioni e alle associazioni agricole per il sostegno del settore, lanciando anche un grido d’allarme contro i rischi della carne e del latte sintetici, la cui produzione a livello industriale rappresenterebbe una seria minaccia alle filiere zootecniche di qualità e strettamente ancorate al territorio, come è il caso della Podolica. Se ne è parlato al convegno dal titolo “Podolica: un’antica tradizione per una zootecnia sostenibile e moderna”.
Questa razza, le cui origini sono incerte — «arrivata forse con le invasioni barbariche, forse da Creta», ha sottolineato il direttore di ANABIC Stefano Pignani — è un animale di territorio e di comunità, una razza antica ma non vecchia, «anzi molto moderna per vari aspetti — ha precisato Pignani — perché presenta condizioni di benessere animale elevate, libera di muoversi e pascolare; perché vive tutto l’anno in un ambiente montano difficile, dove altri animali non riuscirebbero ad adattarsi, su pascoli poveri ed estremi. E con un pregio enorme, ha puntualizzato il direttore dell’Associazione Nazionale Allevatori Bovini Italiani da Carne, poiché è allevata in un modo che migliora l’ambiente: pulisce il sottobosco, arricchisce il suolo, evita l’uso di concimi chimici e assicura qualità dei prodotti, quelli ottenuti da capi iscritti al Libro Genealogico. Tra le nostre 5 razze tutelate (con Chianina, Marchigiana, Maremmana e Romagnola, NdR) abbiamo raccolto complessivamente in questi anni 600.000 porzioni di cartilagine per la tracciabilità, la discendenza e le analisi di dna».
«La Podolica è una razza viva, come testimonia la vitalità dei nostri allevamenti, ma servono aiuti e sostegni agli allevatori per continuare a farli rimanere sui territori» ha introdotto il convegno il direttore di ARA Basilicata Franco Carbone. «I nostri allevatori sono a tutti gli effetti guardiani dell’ambiente in cui vivono e lavorano, dunque la difesa del sistema di allevamento estensivo tipico della Podolica è fondamentale per il mantenimento della qualità e dell’integrità del territorio».
Un territorio oggi minacciato non solo dall’incuria, dagli incendi, spesso dolosi, e dalla speculazione edilizia, ma anche dalle nuove frontiere “dell’avanguardia” alimentare che sta investendo sui prodotti sintetici (carne, latte, ecc…) e che in Europa prevede presto la presenza di nuovi e grandi attori, in Danimarca, dove la Remilk, una start-up israeliana, sta realizzando una fabbrica di latte sintetico senza mucche, l’equivalente di quanto produrrebbero di 50.000 capi l’anno, ma un latte da laboratorio ricreato a partire dal gene responsabile della produzione delle proteine. Queste sono inserite nel lievito all’interno di fermentatori dove si moltiplicano rapidamente, poi combinate con vitamine, minerali, grassi e zuccheri non animali per formare latticini sintetici che, a detta della Remilk, sarebbero “indistinguibili dai latticini vecchio stile, stesso gusto e consistenza”. Boh…
Per gli allevatori, e non solo di Podolica, è peggio del fumo negli occhi. «Chi curerà questi boschi per dare in mano a pochi la produzione del cibo?», ha punzecchiato il presidente di Coldiretti Basilicata Antonio Pessolani citando il caso del bioreattore danese, che occuperà una superficie di 6 ettari per inondare l’Europa di latte sintetico.
Un caso che fa riflettere e concentra l’attenzione sulle esigenze di filiera, che deve «permettere agli allevatori di essere più partecipi della custodia della biodiversità, anche con sostegni per farli rimanere sul territorio e norme regionali per regolamentare i demani collettivi attraverso autorizzazioni pluriennali» ha concluso Pessolani.
Se durante il convegno il responsabile dei servizi sanitari di ARA Basilicata, Giuseppe Prestera, ha sottolineato l’importanza dei controlli e della sanità dei capi anche per la crescita del valore economico, il presidente dell’Associazione Regionale degli Allevatori lucani, Palmino Ferramosca, ha insistito sul concetto del benessere animale, «poiché dobbiamo far capire alla filiera, agli operatori e, soprattutto, ai consumatori, che gli animali non li maltrattiamo, anzi li alleviamo in un modo che enfatizza la biodiversità, l’ambiente, la tradizione e, appunto, il loro benessere».
La filiera della Podolica vanta infatti un Disciplinare ad hoc legato al Sistema di Qualità Nazionale Zootecnia, con logo del Ministero della Sovranità Alimentare e il marchio di “Bovino Podolico al Pascolo”, a cui aderiscono 220 allevamenti in Basilicata, 199 in Calabria, 88 in Campania, 22 in Puglia e 3 in Molise, in sintesi «una base per arrivare alla commercializzazione che necessita però di un deciso coinvolgimento degli altri operatori di filiera», soprattutto dell’anello commerciale, ha evidenziato Michele Blasi, direttore della DQA Srl, Dipartimento Qualità Agroalimentare.
Questi gli aspetti salienti del Disciplinare: animali di 12-20 mesi allattati naturalmente; i primi 6 mesi al pascolo con la nutrice; allevati allo stato brado o semibrado; un sistema di allevamento che prevede la transumanza e la monticazione e la linea vacca-vitello con nutrici al pascolo per lasciare inalterata la struttura famigliare della mandria. Ma anche la macellazione a massimo 300 km di distanza per ridurre lo stress del viaggio e una frollatura di minimo 7 giorni per ammorbidire fibre e tessuti.
Un altro aspetto interessante emerso dal convegno riguarda le possibilità turistiche legate al mondo degli allevamenti e della Podolica in particolare. Luigi Fanelli, assistente tecnico al PSR Basilicata, ha ricordato il progetto voluto dalla regione nel 2022, che ha coinvolto il consorzio di bonifica per il recupero dei tratturi e delle vie della transumanza. Un’iniziativa che ha permesso di ripristinare tratti invasi da vegetazione e censire abbeveratoi, fontane, laghetti, chiesette, punti panoramici e architetture rurali abbandonate lungo un percorso di 108 km, da Lagonegro (PZ) a Pisticci (MT).
Il professor Fabio Pilla, dell’Università del Molise, ha invece ricordato la firma, il 20 giugno scorso a Roma, al Palazzo del Quirinale, del protocollo d’intesa per l’istituzione di una “Giornata Nazionale della Transumanza”. Le vie della transumanza, oltre ad avere valore pratico e funzionale, poiché consentono di tagliare i tornanti, ridurre i tempi di percorrenza e garantire meno stress e più sicurezza al bestiame transumante, hanno anche un valore escursionistico e turistico, oggi sempre più importante poiché intercetta i nuovi stili di vita del turismo all’aria aperta; un valore questo che è stato ricordato anche dal “padrone di casa”, il sindaco di Nemoli, Antonio Filardi, che ha citato il recente progetto di una ciclovia lungo la ferrovia Calabro-Lucana di 34 km, attiva tra il 1915 e il 1929, e su cui la Regione sta investendo 6 milioni di euro per il completamento.
Dopo i ringraziamenti al personale di ARA Basilicata per l’organizzazione di Vivi Lucania 2023 e al sindaco di Nemoli, che ha garantito i servizi e le autorizzazioni per organizzare la prima edizione dell’evento attorno al piccolo lago Sirino, una “lacrima divina” a 788 metri slm nel Parco Nazionale dell’Appennino Lucano (Val d’Agri-Lagonegrese), sono arrivate le conclusioni dell’assessore regionale all’Agricoltura della Basilicata, Alessandro Galella, che ha seguito tutti gli appuntamenti più importanti della manifestazione e ha più volte dichiarato di voler prestare massima attenzione e la sua disponibilità ad affrontare i temi sottoposti dagli allevatori; tra l’altro molto colpito positivamente dal mondo della podolica e dalla sostenibilità dei suoi allevamenti.
La manifestazione si è conclusa con la premiazione della “Prima esposizione interregionale degli allevamenti di bovini di razza Podolica iscritti al L.G.N.”.
Massimiliano Rella
In foto capi di Podolica in mostra a Vivi Lucania 2023, prima esposizione interregionale degli allevamenti di bovini di razza Podolica iscritti al L.G.N..
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