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Tendenze avicoli by Ismea

of Redazione


La produzione europea torna crescere nel 2023
La produzione europea di carni avicole, dopo la costante crescita nel decennio 2010-2020 e il ripiegamento nel 2021 e 2022, torna ad aumentare nel 2023, raggiungendo di nuovo i livelli pre-Covid. I circa 11,4 milioni di tonnellate prodotte garantiscono all’UE la totale autosufficienza, con un grado di autoapprovvigionamento del 108%, che le permette così di confermare la posizione di esportatore netto. L’Europa è il quarto produttore mondiale (dopo USA, Brasile e Cina) ed è uno dei principali player commerciali a livello globale sia come esportatore che come importatore. Le esportazioni riguardano generalmente referenze di scarso pregio che hanno come sbocchi principali le Filippine e il Ghana, mentre le importazioni sono prevalentemente rappresentate da tagli pregiati — generalmente petti — provenienti da Brasile, Thailandia e Ucraina. La produzione di carni avicole nel decennio è cresciuta del 24% grazie all’incremento delle produzioni dei Paesi dell’Est, in particolare della Polonia.
In ambito europeo (Grafico 1), la Polonia si conferma, per l’ottavo anno consecutivo, il principale produttore, con una dinamica espansiva continua che le ha consentito, nel corso del periodo 2013-2023, di incrementare la propria produzione del 66%. Nel 2023 la produzione di carne avicola polacca si è stabilizzata sui livelli del 2022, mantenendo la quota del 24% della produzione totale europea.
I Paesi che in ambito europeo hanno evidenziato i maggiori incrementi della produzione nel decennio sono Polonia e Romania (rispettivamente del 66% e del 56% rispetto al 2013). Il miglioramento delle condizioni economiche in questi paesi ha favorito l’aumento del consumo interno e permesso investimenti che hanno reso più efficienti i sistemi produttivi.
Tra i Paesi europei, anche la Spagna, nonostante si possa considerare un mercato “maturo”, ha visto la propria produzione crescere del 28% nel periodo in esame.
L’Italia si posiziona al quinto posto con una quota del 10% e una produzione che è cresciuta negli ultimi anni a ritmi meno sostenuti a causa di un mercato interno già saturo, che ha piuttosto puntato su innovazione, differenziazione e miglioramento degli standard qualitativi degli allevamenti e delle carni, con prospettive che potrebbero prevedere un’espansione geografica del mercato. La contrazione produttiva italiana del 2022 è ampiamente recuperata nel 2023, appena superati i problemi sanitari che avevano prevalso sulle scelte strategiche costringendo ad una parziale riduzione degli accasamenti.


Situazione produttiva in Italia

In Italia nel 2023 tornano nella norma il patrimonio avicolo e aumenta la produzione

Al 31 dicembre 2023 negli allevamenti italiani erano presenti 146,9 milioni di volatili domestici, in oltre 6.800 aziende di tipo professionale (ossia con oltre 250 capi). Nell’intero anno 2023 sono stati allevati in ambito nazionale circa 560 milioni di polli, oltre 41 milioni di galline ovaiole e quasi 25 milioni di tacchini.
A livello territoriale c’è una chiara concentrazione dei capi in tre regioni: Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna. Nella sola regione Veneto è allevato il 31% degli avicoli nazionali (al 31/12 /23 erano presenti oltre 45 milioni di capi). Le consistenze a dicembre 2023 evidenziano su base annua un incremento del 7% per le galline ovaiole presenti negli allevamenti per oltre 54 milioni di capi e una flessione del 2,6% per i polli, presenti in allevamento per oltre 73 milioni di capi.

Il bilancio di approvvigionamento della carne avicola
Nel 2023, la produzione di carne avicola, dopo un 2022 in cui la produzione era scesa al di sotto di quella del 2021 di quasi il 12%, toccando il livello “minimo” degli ultimi dieci anni, è tornata ad allinearsi ai livelli precedenti, con un incremento del 9,9% sul 2022. Si sono ridotte le importazioni di carni che, nel precedente anno, per soddisfare la domanda, si erano rese necessarie in misura leggermente superiore alla media degli anni precedenti. (–22% pari a 30.000 tonnellate). Sono tornate ad aumentare le esportazioni (+29% pari a quasi 30.000 tonnellate in più rispetto al 2022). Sono aumentate le disponibilità interne e, grazie ad una domanda sempre attiva, sono aumentati anche i consumi medi pro capite, favoriti in parte da lievi ridimensionamenti dei prezzi.
Si stima che ogni Italiano abbia mangiato in media 21,4 kg di carne avicola nel 2023, quindi ben 1,2 kg in più rispetto al 2022, con un incremento calcolato del 5,9%.
Migliorano di conseguenza sia il saldo della bilancia commerciale che il tasso di autoapprovvigionamento che passa dal 102 al 106%. Il settore delle carni avicole, dopo un anno difficile, torna nel 2023 a posizionarsi quindi tra la prime tre filiere nazionali per grado di autosufficienza dopo vino e frutta.

L’evoluzione dei prezzi e dei costi nel 2023 e nei primi mesi 2024
Se dal lato “produttivo” la situazione nel 2023 sembra esser stata una buona annata, migliore della precedente sia sul fronte della domanda sia su quello dell’offerta, altrettanto non può dirsi per il livello dei prezzi medi in allevamento. Infatti, se i prezzi durante l’anno sono oscillati tra 1,35 e 1,57 €/kg peso vivo, con un quarto trimestre in ridimensionamento sia tendenziale che congiunturale, i prezzi medi annui hanno registrato una perdita 12% rispetto all’anno 2022.
Situazione che è ulteriormente peggiorata nel 2024, con un esordio a 1,20 €/kg, che è proseguito nel mese di febbraio col livello più basso degli ultimi tre anni, attestandosi mediamente a 1,06 €/kg, scendendo quindi al di sotto di quelli che sono stimati i costi di produzione (1,03 €/kg esclusi gli ammortamenti). Solo a marzo, lo smaltimento delle scorte accumulatesi nei mesi precedenti e la più misurata offerta dopo un periodo eccedentario, ha permesso ai corsi del vivo di realizzare un lieve recupero dei valori che tornano così a coprire i costi di esercizio attestandosi a 1,10 €/kg, valore che si conferma anche nel mese di aprile, in un contesto che, seppur leggermente migliorato, stenta a dare i suoi frutti in termini di prezzo riconosciuto agli allevatori (–18,8% vs aprile 2023).
Anche per il tacchino si registra ad inizio 2024 una situazione di eccesso di offerta, pur meno importante rispetto al terzo trimestre 2023: in ogni caso risultano essere stati programmati numeri superiori a quelli che i consumi domestici del periodo sono in grado di assorbire. Conseguentemente, ci sono state difficoltà a ridurre le scorte in allevamento e i pesi del vivo al carico sono stati sopra la norma.
I prezzi in allevamento, dopo un esordio poco brillante, (1,64 €/kg a gennaio hanno continuato a scendere nei mesi di febbraio marzo e aprile, attestandosi mediamente di poco sotto 1,58 €/kg, il prezzo più basso negli ultimi due anni (–17% rispetto a aprile 2023). Inoltre, dopo la sosta natalizia, sono riprese le importazioni di fesa di tacchino a prezzi inferiori a quelli nazionali, che hanno impedito ogni tentativo di miglioramento delle quotazioni.
L’impatto dell’aumento dei costi ha colpito tutte le filiere zootecniche a partire dal gennaio 2022, ma il pollo era stato all’epoca, l’unico prodotto che grazie ad un adeguato e proporzionale aumento dei prezzi era riuscito a mantenere in positivo l’indice di redditività. A partire da gennaio 2023 le cose son cambiate.
L’indice dei prezzi dei mezzi correnti di produzione nel 2023 ha proseguito la dinamica crescente iniziata nel 2022 e malgrado il lieve ridimensionamento dei prezzi degli energetici e il graduale smorzamento della fiammata dei mangimi, è rimasto su livelli elevati per tutto il corso dell’anno, protraendosi senza variazioni fino al primo trimestre 2024 (valore 152 punti a febbraio 2024). In particolare, il prezzo del mais dopo la fiammata di gennaio 2022 (effetto della guerra Ucraina-Russia) ha intrapreso una lenta e graduale fase discendente fino ad arrivare, nella primavera 2023, ad allinearsi ai livelli pre-conflitto.
A partire dal quarto trimestre 2023 i prezzi del mais sono tornati su livelli prossimi a quelli inizio 2021, scendendo a marzo 2024 su livelli addirittura inferiori a quelli del precedente triennio. Pertanto, i costi di produzione stanno registrando un lento e graduale ridimensionamento cui contribuirà anche la flessione dei prezzi degli energetici.
Diversa la situazione sul fronte dei prezzi riconosciuti agli allevatori all’uscita dei capi dall’allevamento. A partire dal secondo semestre 2023, il relativo indice ha cominciato a scendere rapidamente, fino ad attestarsi nel mese di febbraio sul valore di 107 punti (era a 162 punti due anni prima, nel febbraio del 2022). Sulla base di tali dati, si desume un notevole peggioramento dell’indice di redditività calcolato come rapporto tra l’indice dei prezzi e quello dei costi. Quest’ultimo nel mese di febbraio si attesta su 70,7 punti, il valore più basso degli ultimi anni (Grafico 2).

Scambi con l’estero
Nel 2023, il saldo della bilancia commerciale del settore avicolo è tornato positivo, dopo la particolare annata 2022 in cui la minor disponibilità interna di uova, associata all’elevato livello dei prezzi dei volatili, lo avevano portato in deficit di 15,5 milioni di euro, su cui avevano pesato soprattutto le performance del segmento delle uova.
I volumi di carni avicole esportati nel 2023, pur essendo superiori di circa 36.000 tonnellate rispetto a quelle del 2022, sono allineati alla media delle precedenti annate del quinquennio. Le importazioni in volume, pur ridimensionandosi rispetto a quelle del 2022 di oltre 18.000 tonnellate, restano invece su livelli superiori alla media di quelle degli ultimi cinque anni.
Il mercato, malgrado la completa autosufficienza, ha fatto più ricorso a carni avicole estere, offerte a prezzi competitivi.
Nel 2023 le importazioni di carni avicole sono in flessione da tutti i paesi fornitori, ma rispetto al 2021 incrementi importanti si rilevano da Polonia (+81%) da cui provengono circa un quinto delle attuali importazioni.
La Polonia è il secondo fornitore abituale del nostro Paese e sta guadagnando punti quota a discapito della Germania, nostro principale fornitore con una quota del 28%, dalla quale gli arrivi di carne sono in leggera contrazione (–20% nel 2023 rispetto al 2022 e –5% rispetto al 2021). Al terzo posto vi sono i Paesi Bassi, che, essendo il principale snodo distributivo di produzioni extra-UE, sono i nostri principali fornitori di carni congelate. Al quarto posto la Grecia, con forniture in evidente flessione nel 2023 (–40%).
La Spagna, in quinta posizione tra i nostri fornitori, è il Paese da cui provengono la maggior parte delle carni di tacchino importate. La Francia, al sesto posto nella classifica, è il principale fornitore di carni di anatra e oca. Il comparto delle carni avicole resta l’unico, fra quelli della zootecnia italiana, a presentare un saldo della bilancia commerciale strutturalmente e costantemente positivo, sia in quantità che in valore.

Acquisti domestici
Le avicole sono, tra le carni fresche, quelle che hanno mostrato la miglior performance nell’arco dell’ultimo quinquennio: il consumo medio pro capite ha superato nell’ultimo anno i 21,4 kg contro i 16,1 kg delle carni bovine e gli 11,5 kg delle carni fresche suine. L’indice di penetrazione nelle famiglie, ossia quelle che consumano questo prodotto sull’universo delle famiglie italiane, è del 93% contro il l’89% per le carni bovine e l’81% per le suine.
I volumi venduti nel 2023 rispetto a quelli del 2019 sono aumentati del 14,3% e il prezzo medio del prodotto venduto (grazie anche alla maggior presenza in assortimento dei prodotti ad alto contenuto di servizio, ossia preparati) è aumentato del 24%, portando — in cinque anni — la spesa ad una crescita del 42%, mostrando una dinamica molto più spiccata rispetto al comparto delle carni nel loro complesso e un crescente orientamento verso prodotti a maggior valore aggiunto.
Il consumo delle altre carni, analizzato in termini di volume rispetto a cinque anni prima, mostra per le bovine un lieve arretramento (–0,4%) e per le suine una crescita più contenuta (+3,3%), per entrambe le tipologie, comunque, l’aumento della spesa è a doppia cifra. Nello specifico, i consumi domestici di carni avicole hanno mostrato un incremento dei volumi nel 2023 rispetto al 2022 del 4,6%, che accompagnato all’aumento dei prezzi, ha portato a +6,8% la spesa delle famiglie per questa referenza (Grafico 3).
Nel primo trimestre del 2024, gli acquisti di carne in generale hanno segnato il passo, evidenziato dal ridimensionamento dei volumi per tutte, in particolare per le carni rosse (–6,4% i volumi delle suine e -5,3% quelli delle bovine), ma a cui non sono sfuggite le carni bianche, che hanno registrato una contrazione dei volumi del 2,9%.
Tale riduzione dei volumi acquistati, associata ad un ridimensionamento dei prezzi medi ha ridotto la spesa per questo segmento più di quella delle altre carni, per le quali i prezzi, anziché ridimensionarsi, hanno continuato ad aumentare (–6,4% la spesa per le avicole, contro il –2,8% per le bovine e –2,3% per le suine).
Se nel 2022 a trainare il comparto erano state le carni elaborate (+2,8% i volumi vs 2021), nel 2023 tornano ad essere apprezzati i tagli classici per i quali l’incremento dei volumi è del 13,4%, a fronte di una crescita, meno importante degli elaborati: 8,1%. La differenza tra i prezzi medi delle due tipologie di referenza si assottiglia grazie a una crescita più sostenuta per i vari tagli del pollo rispetto alle carni elaborate.
Nel primo trimestre 2024 le carni elaborate continuano a perdere appeal flettendo in volume un ulteriore 7,9% rispetto all’analogo trimestre 2023 e perdendo, in volume, 1 punto percentuale sulla quota cumulativa, passando dal 25% al 24% (da 75% a 76% le carni avicole naturali; Grafico 4).
I prezzi medi delle diverse referenze, nel primo trimestre 2024, hanno segnato ridimensionamenti di diversa entità che hanno interessato soprattutto i “petti” (–7.7% il cui livello di prezzo 2024 è tornato ad essere solo dell’1,6% superiore alla media del triennio precedente. In tenuta il prezzo del pollo a busto, che torna a rivalutarsi con un vantaggio sul triennio precedente del 12%. I prezzi degli altri tagli (cosce, sovracosce e ali) pur vedendo leggermente ridimensionato il loro valore nel primo trimestre 2024, si attestano comunque su livelli superiori dell’8% rispetto alla media del triennio precedente.

Prospettive
Le prospettive per il 2024 per il mercato mondiale del pollame sono moderatamente positive, con una previsione di crescita compresa tra l’1,5% e il 2%, cui l’Europa contribuirà previsionalmente per l’1,1%. In tale contesto si immagina che la produzione italiana possa incrementarsi di un ulteriore 0,9% nel 2024 (EU Poultry forecast European Commission).
Considerato il calo previsto nei mercati delle carni suine e bovine, si prevede che il pollame sarà la proteina in più rapida crescita nel mercato mondiale delle proteine animali.
Nonostante i continui focolai di influenza aviaria ad alta patogenicità (HPAI), nei principali Paesi produttori dell’UE e la crescente concorrenza da parte delle importazioni, la produzione di carne di pollo continua a crescere, trainata dalla forte domanda interna. L’influenza aviaria rimane comunque una sfida importante, che coinvolge l’intero mondo, con epidemie all’inizio della stagione invernale nell’emisfero settentrionale del globo e pesanti conseguenze in Sudafrica. Per affrontare questo problema, sempre più Paesi avvieranno la vaccinazione, oltre alle misure di biosicurezza. A tal proposito l’Italia sta lavorando molto sul fronte della biosicurezza, mentre mostra perplessità sul fronte delle vaccinazioni.
Il settore dovrà comunque ancora affrontare costi relativamente elevati e potenziale volatilità. I costi dei mangimi diminuiranno leggermente, ma le questioni geopolitiche globali come la guerra in Ucraina, le turbolenze in Medio Oriente e i rischi meteorologici potrebbero influenzare i costi dei mangimi, così come i prezzi del petrolio e del gas.
Poiché si prevede una graduale ripresa del potere d’acquisto dei consumatori, l’attenzione sui prezzi sarà inferiore rispetto al 2023; al contempo migliorerà anche la domanda di prodotti a maggiore valore aggiunto. In questo contesto di mercato basato sui prezzi, con costi di produzione elevati e volatili e rischi di influenza aviaria, i produttori dovranno concentrarsi su efficienza, approvvigionamento e biosicurezza ottimali, ma il miglioramento del potere di spesa dovrebbe portare gradualmente a un aumento della domanda di prodotti premium e a valore aggiunto.
Il consumatore vuole avere prova del fatto che gli alimenti siano prodotti in modo etico, nel rispetto del benessere animale e dell’ambiente, garantendo la sicurezza dei lavoratori ed un commercio equo. Per far sì che il settore avicolo evolva e continui ad essere vincente, quindi, diventa necessario adottare e comunicare una gestione responsabile e attenta a queste problematiche lungo tutta la catena produttiva.



Fonte: Tendenze e dinamiche recenti
Avicoli, Maggio 2024
Ismea,
ismea.it



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