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Attualità 

Conflitto Russia-Ucraina

of Guidi G.

Le sanzioni sono un insieme di misure di restrizione o di blocco dei rapporti economici, commerciali, militari e scientifici da parte di uno o più Stati verso un altro ritenuto reo di violazione del diritto internazionale. Tra i provvedimenti che hanno fatto la storia d’Italia, si ricordano quelli adottati a seguito dell’invasione dell’Etiopia da parte di Mussolini. Furono infatti le prime sanzioni messe in atto dalla Società delle Nazioni nel 1935. Se ne possono annoverare tante, giunte in seguito, ma per sottolineare che non sempre sortiscono le conseguenze sperate. Anzi, in certi casi hanno un devastante e svilente effetto boomerang. La storia dimostra infatti che le precedenti esperienze non hanno portato il Paese interessato a rivedere la politica che ha fatto meritare il provvedimento, anche quando ha generato un isolamento economico parziale o totale. Ma più che altro le sanzioni sono sempre un’arma a doppio taglio, perché incidono su rapporti economici che sono vantaggiosi per loro natura per entrambe le parti, rivelandosi così reciprocamente penalizzanti, sia per chi le subisce sia verso chi le impone.
Questo tipo di intrapresa ha inoltre tendenzialmente uno scarso effetto sui regimi totalitari e dittatoriali, dove le conseguenze politiche di certe azioni hanno scarsa ripercussione sul piano pratico. Negli Stati in cui manca la libertà di espressione, infatti, le popolazioni effettivamente colpite non hanno modo di esprimere il proprio dissenso, né dentro, né fuori dalla cabina elettorale. Le sanzioni finiscono quindi per colpire più direttamente il privato cittadino e le imprese e hanno un effetto pressoché ininfluente sui centri di potere.
Gli esiti che si producono sono tendenzialmente percepibili nel medio e lungo periodo, mentre i tempi delle azioni militari sono estremamente celeri e la conseguenza è l’inefficacia delle sanzioni, a fronte della perdita di vite umane e della distruzione generale.
Le sanzioni verso la Russia, corre l’obbligo di sottolinearlo, sono tuttavia senza precedenti nella storia e, soprattutto, sono ad amplissimo raggio, riguardando numerose tipologie di rapporti economici e una lunga lista di Paesi attori, a partire da Stati Uniti, Regno Unito e dall’Unione Europea, per giungere alla neutrale Svizzera. Pertanto, anche l’impatto atteso è diverso dalle precedenti esperienze, tanto più che l’accento è stato posto sul divieto di intrattenere scambi finanziari e non solo commerciali.
L’Unione Europea ha attivato sinora 4 pacchetti di sanzioni, ognuno in risposta al graduale inasprimento del conflitto bellico tra Russia e Ucraina. In generale le azioni sono divise in individuali, finanziarie e commerciali. Tra le prime, vi sono per esempio il congelamento dei beni nell’Unione Europea, di proprietà di persone — diverse centinaia — ed entità russe, dal presidente russo fino ad alcuni membri della Duma di Stato. Tra le sanzioni di natura finanziaria, vi sono quelle che proibiscono ai cittadini europei di acquistare, vendere, fornire servizi di investimento o di assistenza nell’emissione o trattare con valori mobiliari e strumenti del mercato monetario emessi da istituti finanziari russi di proprietà statale e qualsiasi altro istituto di credito stabilito in Russia con un ruolo significativo nel sostenere la Russia, il suo governo e la Banca centrale.
Sanzioni commerciali che vietano ai soggetti dell’UE di vendere, fornire, trasferire o esportare direttamente o indirettamente qualsiasi bene, software o tecnologia a duplice uso a qualsiasi entità o persona in Russia o destinati ad essere utilizzati in Russia e di fornire assistenza tecnica, intermediazione e servizi finanziari correlati.
In riferimento a quest’ultima tipologia di restrizioni, si segnala che le imprese europee devono operare con la massima attenzione per non correre rischi pesantissimi a loro danno. Al fine di evitare comportamenti non ammessi, gli operatori economici, in qualunque forma esercitino, devono intraprendere azioni adeguate nei confronti di clienti e fornitori.
La prima cosa è approfondire la conoscenza dei partner commerciali e delle banche destinatarie delle relazioni, in rapporto agli obiettivi delle sanzioni UE. Devono altresì classificare i propri prodotti e vagliarne l’uso e l’utente finale, ma anche conoscere lo scopo del destinatario dei servizi che vengono forniti. Evitare dunque sia i rapporti diretti, quanto le triangolazioni con entità o persone sanzionate, perché i rapporti indiretti sono vietati, al pari di quelli diretti.
Impensabile anche l’ipotesi di far transitare le merci da Paesi Terzi per poi arrivare a destinazione, sia in entrata, sia in uscita. Allo stesso modo è necessario accertarsi che dietro determinati soggetti non ve ne siano altri sanzionati o che l’azienda interessata con la quale si intrattengono rapporti faccia parte di un gruppo soggetto a sanzione. Per questo è davvero importante capire quale sia il titolare effettivo della trattativa; in sostanza, chi sia la vera controparte.
Il sistema sanzionatorio nei confronti dell’Orso è infatti tale da esporre a conseguenze gravissime, nei Paesi che lo hanno adottato chiunque lo transiga, anche inconsapevolmente.
Il Consiglio europeo ha inoltre dato il via libera affinché l’Unione aderisca ad una dichiarazione plurilaterale nell’ambito dell’Organizzazione Mondiale del Commercio in cui verrà riportata la disponibilità delle parti firmatarie ad adottare tutte le azioni considerate necessarie per la tutela degli interessi essenziali in materia di sicurezza, tra le quali la sospensione del trattamento della Nazione più favorita per i prodotti e i servizi della Federazione russa.
Poiché è tutt’altro che semplice orientarsi tra i diversi provvedimenti sanzionatori, la Commissione ha aggiornato la propria mappa interattiva sulle misure attualmente in vigore nei confronti di Paesi Terzi, disponibile all’indirizzo web www.sanctionsmap.eu
Ciò che certamente scoraggia dal proseguire nelle relazioni commerciali già in atto con la Russia, o dall’intraprenderne di nuove, è il fatto che le banche russe, tutte o quasi, siano state escluse dalla piattaforma internazionale dei pagamenti Swift, rendendo così nella pratica estremamente difficile effettuare e ricevere pagamenti dall’Unione Europea e dagli Stati Uniti. Un deterrente importante anche per gli irriducibili, visto che scambi commerciali dove non è possibile effettuare il pagamento non hanno di fatto senso di esistere.
L’effetto domino delle sanzioni è pertanto evidente: i danni non sono solo per la Russia, in generale e per i suoi cittadini e le sue imprese. Le conseguenze, in un devastante effetto domino, sono anche per l’economia degli Stati che le sanzioni le pongono in essere. Non a caso si discute molto sulla loro reale efficacia e su chi ci rimette nel concreto. Per le aziende dei Paesi che adottano i provvedimenti non solo ci sono danni oggettivi, ma tutte, indistintamente, avranno un aggravio della burocrazia interna, dedicata, almeno in parte, a scandagliare l’effettiva nazionalità del partner commerciale con cui si rapportano, visto che in un mondo fortemente connesso e globalizzato come quello in cui al momento operiamo è difficile capire con certezza assoluta con chi si ha a che fare, direttamente o indirettamente.
Il paradosso per le imprese italiane è che quelle che intrattenevano rapporti con la Russia per l’acquisto di materie prime, o la vendita del proprio prodotto, al momento subiscono un danno incalcolabile dovuto al fatto che viene meno un mercato su cui si sono investite risorse, tempo e denaro.
In più, ne può derivare un problema indiretto legato, per esempio, all’abbassamento del proprio rating finanziario. È noto infatti che le banche, nel fare valutazioni di merito di credito, prendano in considerazione sia fattori soggettivi relativi all’impresa, ai soci e alla loro capacità di produrre reddito, sia al mercato nel quale l’azienda opera. Ci sono fattori che, pur completamente slegati dalle dinamiche aziendali, possono influenzare negativamente il giudizio assegnato all’impresa e impedirle così di accedere al credito. Questo è uno di quei casi, purtroppo. Gli effetti delle sanzioni sull’economia russa si sono resi evidenti da subito; d’altronde si tratta di provvedimenti di enorme portata e senza precedenti, anche per il numero di Stati coinvolti. Tuttavia, la situazione è in continua evoluzione anche per le posizioni assunte dalla Russia in risposta ai Paesi Occidentali. Ma al momento in cui scriviamo le misure non sembra siano state sufficienti a far rientrare i termini del conflitto.
D’altronde la Russia ha dalla sua il fatto di essere grande esportatrice, verso gli stessi Paesi che la sanzionano, di risorse energetiche fondamentali (il 40% del gas e il 24% del petrolio) o altre tipologie di produzioni, non ultimi, molti metalli indispensabili per il settore automobilistico e aereo. Nel settore agroalimentare dipendiamo dall’Orso per i fertilizzanti e il grano, di cui è divenuto tra i più grandi esportatori mondiali (20% del mercato). Su questo fronte si sono bloccate le spedizioni verso l’Unione Europea e, unitamente alle problematiche con l’Ucraina, si sono generate una serie di conseguenze di causa-effetto che hanno travolto la nostra economia in buona parte sul sistema agroalimentare, ma non solo.
Viene a mancare lo scambio commerciale con un Paese che del made in Italy acquistava i prodotti più pregiati e a maggior valore aggiunto. Secondo Coldiretti, le sanzioni vanno a colpire soprattutto specialità come caffè, per 80 milioni di euro, olio d’oliva, per 32 milioni di euro, pasta, per 27 milioni di euro, vino e spumanti, per un valore attorno ai 150 milioni di euro. L’Italia è il primo Paese fornitore di vino in Russia, con una quota di mercato di circa il 30%, davanti a Francia e Spagna, e ha registrato nel 2021 un boom della domanda di spumanti, a partire da Prosecco e Asti, sebbene tra le denominazioni più apprezzate ci siano anche i vini toscani, siciliani, piemontesi e veneti. Ma a subire i danni saranno anche salumi, formaggi e ortofrutta e specialità come il Parmigiano Reggiano, il Grana Padano, il prosciutto di Parma, il San Daniele.
Al problema delle mancate esportazioni si aggiungerebbe inoltre il paradosso della diffusione, nel contempo, nel mercato russo, di prodotti di imitazione made in Italy realizzati in loco, che a maggior ragione, in questa fase, troveranno spazi per affermarsi. Nei supermercati russi si possono trovare infatti bizzarri surrogati locali e non solo che prendono il posto dei cibi italiani originali.
Non bastasse, il danno si estende alla ristorazione tricolore russa o di emigrati italiani, che in questa fase dovrà giocoforza rinunciare ai prodotti alimentari originali del Belpaese.
L’Italia non scambia solo merci con la Russia, ma è anche meta turistica molto ambita, generando flussi fortemente remunerativi in termini di presenza e di qualità, perché il viaggiatore medio russo vanta una capacità di spesa elevata. La contrazione che può derivare dalle sanzioni è pertanto preoccupante, soprattutto all’indomani di una pandemia devastante per i mercati e se i provvedimenti dovessero durare nel tempo. Ma i rischi si annidano anche sotto il profilo finanziario, nell’esposizione di crediti e affidamenti, così come nel crollo dei valori degli investimenti finanziari in emittenti denominati in rubli, che riguardano le banche, i soggetti che li intermediavano, ma anche i risparmiatori privati.
Tutto quanto descritto contribuisce in maniera significativa ad un’impennata dell’inflazione e dei costi di alcune materie prime alimentari e non che non si vedeva da decenni. Chissà se l’Europa sarà davvero pronta, al di là dei proclami, a pagare, anche sul lungo termine, il prezzo di questa guerra.

Guido Guidi





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