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Brevi storie di cibo lento a velocità  contemporanea

Tarese

of Morabito A.

Dillo a voce alta con me, senti che bel suono che ha: PRATOMAGNO.
Allarga i polmoni, preparati alla vista d’apice delle valli del Casentino, del Mugello e del Val d’Arno. Col tempo bello si dice si veda brillare una strisciolina di mare.
Per l’etimologia classica sembra che significhi “grande prato” ma con la fantasia dei racconti popolari potrebbe essere che mi mangio tutte le erbe del prato.
In tavola in effetti c’è una bella ciotola di radicchi selvatici, raperonzoli, viòle e calendula perché è primavera.
Sono nel Pratomagno per lavoro.
Barbara ha aperto il vino, tagliato il pane, portato in tavola l’olio bóno.
Si bene, dobbiamo prendere decisioni.
M’hanno cucinato il pranzo.
In un’osteria dismessa, un portico assolato, una siepe di rosmarino in fioritura, il suono delle api che bottinano, un gatto in grembo che si lascia coccolare, vedo il monte Amiata da dietro, sembra piccolo invece son lontana.
Ci vuol del gran coraggio a cucinare ad una cuoca o forse dell’incoscienza, anzi, ecco la parola: ci vuol della baldanza. In cucina c’è la pentola dei fagioli zolfini a sobbollire, nelle scodelle la polenta di castagne scaldata nel forno e nella libreria “Maledetti toscani” di Curzio Malaparte che in quel saggio dalla stesura sofferta qualche veritá l’ha proprio esposta bene.
«Ho un amico norcino, t’ho preso la Tarese» mi dice Daniele.
La Tarese è un prodotto tipico del Valdarno, è tutta la pancia di maiali di circa 200 kg, da stagionata è lunga quasi un metro e larga poco meno. È imponente. Sono 20 kg della miglior “pancetta” che abbiate mai assaggiato.
La maturazione è lenta, il sapore è scioglievole come fosse burro, aromatico di spezie di bosco, profondo, elegante, come certi uomini di campagna che tolgono il cappello e declamano a memoria “Iliade” e “Odissea”.
Ormai sempre più rara, la Tarese è presidio Slow Food come tentativo di tutela.
Ogni famiglia usa la sua concia che parte da pepe, aglio rosso, ginepro e ingredienti segreti.
Il taglio di carne fresca viene lavorato e aromatizzato, poi messo sotto sale grosso per 15 giorni.
Lavata, tamponata, massaggiata nuovamente con la concia e stagionata 90 giorni la tarese è pronta per gli usi più disparati, con o senza cottura.
Mettiamo la Tarese tagliata sottile sopra le scodelle di “pulenda” di castagne bollente, una cucchiaiata di zolfini brodosi, l’olio buono e i fiori di rosmarino rubati alle api.
Sono qui per una consulenza e mi ritrovo a parlar dei fatti miei, quelli più difficili da raccontare.
Si brinda. L’Osteria riaprirà.

Alessia Morabito

Illustrazione di Alessia Serafini



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