Vi avevo promesso una visita in frantoio e oggi vi scrivo da quella meravigliosa regione che è l’Abruzzo, esattamente da Isola del Gran Sasso d’Italia, in provincia di Teramo. Sono qui per raccontarvi di una famiglia e di un frantoio le cui storie, come canta Venditti, “fanno dei giri immensi, poi ritornano…”.
Ma veniamo a noi. Siamo nel 1949: il capostipite Antonio fonda il Frantoio Gran Sasso (www.frantoiogransasso.it) e, sottraendo tempo ma non passione alla sua attività di avvocato, con le sue macine e le sue presse produce olio per la comunità montana. Antonio viene a mancare giovane, improvvisamente, lasciando i quattro figli e la moglie in difficoltà inimmaginabili. Lei è costretta a vendere, marchio ed impianto. Ma, dopo quarant’anni da quell’atto tanto doloroso quanto necessario, ecco la mozione del cuore. Chi aveva acquistato il frantoio è oramai una persona anziana e non riesce più a gestirlo. Lo vende. E chi lo (ri)compra? La famiglia Trivellizzi, i titolari dell’omonimo studio legale, proprio nella persona del figlio di Antonio (che all’epoca della vendita forzata dagli eventi aveva circa sedici anni…), il quale, con figli e nipoti, ridarà vita al sogno. Ovviamente macine e fiscoli sono antiquati, ma si inizia a lavorare per la produzione familiare e per qualche amico. Oggi la struttura è rinnovata, nuova sede, nuove apparecchiature all’avanguardia, via le macine in pietra che rimangono esclusivamente icona dei tempi, spazio ad un impianto mori-tem Cultivar 1000 a due fasi, a basso impatto ossidativo con ciclo completamente refrigerato e silos di stoccaggio azotati.
Antonio (si chiama proprio come il nonno fondatore), parlami del tuo olio di montagna.
«Stiamo in quota limite. I nostri uliveti sono collocati tra i 500 ed i 700 m slm, poco più in alto e questa produzione soffrirebbe per le escursioni termiche pazzesche e le gelate. Ma la montagna è anche la nostra prima alleata: date le temperature, per ora siamo naturalmente esenti dal combattere l’avversità della mosca olearia».
Quali varietà di olive lavorate?
«Autoctone e non. Uno dei miei obiettivi è prendere in considerazione Cultivar classiche e minori che, con la sapienza dei tempi di raccolta unita a macchinari di ultima generazione, diano oli extravergine di oliva ricchi di polifenoli, profumi e sentori, con elevate proprietà nutraceutiche. Intosso, Dritta, Tortiglione o Teramana, Pendolino, Ortice, Leccio del Corno, Picholine, Ascolana tenera, Gentile dell’Aquila. In blend o in monovarietali».
Mission aziendale?
«Valorizzare il territorio semplicemente facendo l’olio buono. Mi spiego: se da una parte ci diverte produrre l’evo da guida e da premio, dall’altra ci teniamo a fare l’olio buono per tutti, per spostare sempre più l’asticella di chi acquista un prodotto di qualità a discapito delle miscele comunitarie in offerta sugli scaffali della GDO. Io ho ritenuto necessario estendere questo concetto alle farine ed ai cereali della Tenuta Trivellizzi integrando con l’accoglienza, la sala per eventi in frantoio e le degustazioni con cucina».
Mentre assaggiamo il tuo 949 (si chiama come l’anno in cui nonno Antonio fondò il frantoio) in attesa della imminente nuova molitura, lasciami con una tua massima.
«Lo vedi questo pezzo del frantoio? Si chiama frangitore. Dal tubo sopra entrano le olive defogliate, lavate e asciugate. Da quello sotto esce la prima pasta. Ecco, se una buona oliva sana e di qualità è la tua Ferrari, questo componente del frantoio è l’ultima curva del Gran Premio, che, se impostata bene, ti permette di vincere».
Grazie Antonio. Complimenti per l’ottimo lavoro che fate, per il sentimento, la dedizione e la competenza che ci mettete.
Viva i frantoi!
E quindi? Viva i frantoi! Andate su internet e cercate quelli della vostra regione, chiamateli, prenotate le visite domenicali. E piuttosto che chiudervi in un centro commerciale alla ricerca dell’ennesima maglietta di cui non avete bisogno, passate una giornata all’aria aperta.
Godetevi le storie e i racconti del territorio, e poi, chissà se assaggiando quel nettare profumato, magari su una fetta di pane, non vi venga voglia di portarne via una latta da 5 litri per casa.
A presto, il vostro chef dell’olio.
Fabrizio Bertucci
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