Ormai i regali di carattere gastronomico sono sempre più diffusi e direi sempre più apprezzati, soprattutto quando ci permettono di scoprire una specialità di cui ignoravamo l’esistenza. È il caso di un’amica che, passando per Cremona, ha avuto l’eccellente idea di acquistare e portarmi in dono la Salsiccia cremonese. Ho quindi cercato di approfondirne la conoscenza non solo gustativa ma anche storica di questo prodotto per condividerla con il lettore.
Si ritrovano tracce della salsiccia di Cremona in documenti che risalgono al 1583. Ludovico Cavitelli, allora cronista, ricorda come è nato questo insaccato: “…alcuni Cremonesi escogitarono e prepararono per lauto cibo degli uomini un tipo di salsiccia di carne bovina o suina. Tagliata a pezzettini sottili, macinata e mescolata a polvere di pepe e zenzero, cinnamomo, cannella e altri aromi, cotta al fuoco o in acqua, portata subito sulla mensa e mangiata dai convitati…”.
Una curiosità: Cesare Speciano (1535-1607), Vescovo di Novara e di Cremona nonché Nunzio apostolico presso l’Imperatore, Nunzio in Spagna e a Praga e in Austria, ebbe modo di celebrare due Sinodi nel 1599 e nel 1603. Nel 1600, fondò il Collegio dei Gesuiti a Cremona. Persona dalle larghe vedute, scrisse in quegli anni un’attestazione che rendeva possibile ai monasteri dei dintorni di Cremona di consumare carne di manzo, vitello, pollo e salmì di domenica, lunedì, martedì e giovedì. Lui stesso, nativo di Cremona, era immerso nella cultura del valore della carne.
In anni recenti, alcune macellerie hanno ripreso questa produzione lavorando la carne magra di bovino, in particolare il quarto anteriore, avversato dalle massaie quindi fardello per il commerciante. La carne proviene strettamente da allevamenti della provincia dove sono stati esclusi gli OGM. È mondata a mano dal grasso con cura certosina e lavorata con molta attenzione per raggiungere il tessuto connettivale. Finemente tritata, la carne viene aromatizzata con cannella e pepe in polvere. L’impasto è inserito in budello sottile d’agnello creando una salsiccia di lunghezza variabile tra 20 e 25 cm. L’assenza di sale e di conservanti ne fa un alimento certamente sano ma anche di scarsa conservabilità. Questa salsiccia va quindi consumato entro 4 giorni dalla sua produzione, arrostita o lessata.
Nel 2005, la giunta comunale di Cremona ha istituito la De.Co., Denominazione Comunale, per contraddistinguere, tutelare e promuovere la pasticceria tipica e altri prodotti di Cremona, tra cui la famosa salsiccia, seguendo l’esempio di altri 30 comuni lombardi. A favore della tutela del consumatore, del patrimonio agroalimentare italiano, della qualità e della tracciabilità del prodotto. È in effetti importante salvaguardare il patrimonio economico, storico e culturale di una regione mentre si sta sempre di più sviluppando il turismo enogastronomico.
Le De.Co. non sono marchi di qualità ma attestazioni che legano in maniera anagrafica la derivazione di un prodotto alla produzione del luogo storico di origine. Mettono in evidenza il valore identitario di una comunità e permettono il censimento dei prodotti locali, risorse della propria terra. In tal modo, si è passati dal prodotto tipico al prodotto del territorio.
Non è giusto, parlando della Salsiccia cremonese, definirla come prodotto antico. La materia prima è ben diversa da quella di allora, latte, carne e verdure, tutto è cambiato, in base alle modifiche delle sostanze esogene dei terreni. I sapori sono mutati e lo è anche il gusto. Ma una cosa è sicura: aver “ridato vita” a questa salsiccia è testimonianza della laboriosità e dell’acume della cittadinanza.
Concludo suggerendovi la lettura del libro di Carla Bertinelli Spotti e Ambrogio Saronni, “I Cremonesi a tavola ieri e oggi” (Editore Cremonabooks, 2004, Collana: La cucina cremonese).
Josette Baverez Blanco
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