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In Veneto c’è aria di tradizione e di De.Co.

of Montanari G.


Nei paesi di collina e di montagna si respira un’aria diversa. Parola di uno che vive in città. Pensiamo quindi ad un alimento, italiano, magari un salume, magari prodotto in maniera artigianale, le cui caratteristiche sono legate all’aria che soffia dalle alture. Io, abitante della città, ci ho pensato, e mi è venuta in mente la Sopressa di Valli del Pasubio De.Co.
Eccoci in Triveneto, nella parte nord-occidentale della provincia vicentina non troppo distante dal Trentino. Valli del Pasubio è un paese di circa 3.000 abitanti le cui contrade si estendono dai 350 agli oltre 2.000 metri di altitudine. Lì, il gruppo montuoso del Sengio Alto e del Pasubio soffiano aliti preziosi, capaci di migliorare la consistenza dei salumi prodotti in loco. Eh, sì: è proprio questo che è emerso parlando con uno dei cinque produttori storici. L’annata 2021 è stata costante, mentre la produzione 2022 è risultata più complicata a causa della siccità che ha messo in ginocchio l’intero Stivale. Gli operatori che non hanno bagnato costantemente le sopresse, anche due volte al giorno, rischiano di affettare un salume non soddisfacente, il che non ripagherebbe gli sforzi necessari per produrlo.
Produzione e caratteristiche del prodotto
Ma come si crea la Sopressa di Valli del Pasubio De.Co.? I suini, locali, sono alimentati a farine di cereali “nobili”. I contadini d’altri tempi erano soliti integrare il pastone aggiungendo crusca, farina di castagne, farina gialla, patate, latticello e siero di latte. La macellazione avviene quando gli animali hanno superato i 160 kg di peso, affinché la proporzione fra magro e grasso si bilanci con armonia.
La “nobiltà” viene confermata anche nei tagli: per questo salume “di nicchia” si impiegano coscia, spalla, coppa, lombo, grasso della gola e pancetta. La concia è estremamente semplice: solo sale e pepe. Niente aglio. Niente vino perché fermenterebbe e, come si dice in Veneto, poi “ingrumerebbe” sale espellendo l’umidità in maniera inadeguata.
Di grana media, il trito viene insaccato in budello naturale bovino. La legatura avviene a mano, con lo spago: ecco una delle prime differenze con la più nota Soprèssa Vicentina DOP, per la quale, al posto dello spago, si impiegano degli elastici (più comodi per i ritmi dell’attività industriale).
Quanto tempo dobbiamo attendere prima di tagliare una Sopressa di Valli del Pasubio “a regola d’arte”? Terminata la settimana necessaria per l’asciugatura, si passa alla fase più delicata dell’intero processo, ossia la stagionatura. A seconda della pezzatura, il semilavorato riposa da 3 a oltre 10 mesi. Il trucco per ottenere un profumo e una consistenza ottimali? Avere una cantina adatta, ben rinfrescata dal clima particolare della zona. Il vento che soffia a monte è più intenso e più incontaminato rispetto a quello che spira a valle.
Il corretto riciclo dell’aria di montagna rappresenta una delle principali peculiarità che favoriscono la maturazione. Inoltre, seguendo una logica di ossigenazione, è rilevante lasciare riposare i semilavorati piazzandoli a una corretta distanza l’uno dall’altro, magari sopra i 40/50 cm. Quest’accortezza favorisce la formazione di una “muffa buona”, sintomo del corretto affinage di ogni pezzo.

Il taglio e il… dopo
Eccoci quindi alla parte dell’articolo che tutti aspettavamo: il taglio. Di calibro grande (dai 10 ai 15 centimetri), di colore rosato scuro, la Sopressa di Valli del Pasubio si rivela pastosa, non troppo speziata, molto profumata. Benché il disciplinare accetti anche pezzature sotto mille grammi, non è raro trovare esemplari che raggiungono i 3, 4 e anche 6 kg. Più la pezzatura è grossa, ci dicono, più il salume risulta morbido e appetitoso.
Ascoltando il parere dei montanari vicentini, pare non ci sia niente di meglio che gustare la sopressa artigianale insieme alla polenta abbrustolita. Ci fidiamo, ovvio.
Chi scrive questo pezzo, però, scommetterebbe su un'altra accoppiata da papabile medaglia d’oro: salume più formaggio, magari il Vezzena (presidio Slow Food del vicino Trentino). Infine, a coloro che sono restii a “contaminare” i sapori, proponiamo di imprigionare il salume fra due fette di pane di montagna.
E quando si sente quell’arsura in gola? Come alternativa "colorata" all’acqua limpida che sorge in quota suggeriamo un bicchiere di vino rosso: Ripasso, Merlot, Cabernet Sauvignon, Valpolicella sono le tipologie più gettonate in queste terre.

Sopressa e territorio
Con orgoglio, la Sopressa di Valli del Pasubio ha ottenuto la Denominazione Comunale d’Origine (De.Co.) complici lo stretto legame con il territorio, il perpetuarsi delle tradizioni produttive e anche la circoscrizione della zona di consumo, prevalentemente regionale. Favoriti dalle gallerie e dai collegamenti stradali che conducono al paese, sono tanti i turisti che lasciano Valli regalandosi ottimi souvenir culinari: acqua, miele e sopressa sono i tre prodotti più conosciuti. Una piccola azienda artigianale, a seconda dell’annata, può offrire dai 25 ai 60 quintali annui di salume.
Il produttore che abbiamo consultato (Paolo Aste) discende da una famiglia storica del settore: la loro prima sopressa è stata tagliata addirittura 128 anni fa, nel 1884! Paolo, 42 anni, rappresenta la quarta generazione che conserva e tramanda le antiche ricette.
In zona, un altro gruppo di persone promuove il salume simbolo di Valli del Pasubio, ma in un’altra maniera. Da oltre cinquant’anni, nel mese di agosto, il paese si popola di appassionati accorsi alla Sagra della Sopressa. In questa occasione, saziarci di salume ci farebbe sentire meno in colpa: accompagnati dalla Pro Loco, potremmo smaltire l’abbuffata grazie alle camminate per i sentieri di montagna, alle passeggiate fra le sale museali, o muovendoci al ritmo della musica suonata durante i concerti.
Alcuni organizzatori sono le stesse persone che avevano ideato le prime edizioni della sagra, parecchi decenni fa: la passione per i salumi tradizionali non tramonta, ma semplicemente “stagiona”.


Giorgio Montanari



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