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Tradizioni

Cremona, Mantova e Vicenza

of Papotti C.


Mosto ardente”. È questo il significato della parola mostarda. Incontro divino tra dolce e piccante, la mostarda nasce da un bisogno antico: quello di conservare la frutta d’estate per tutto l’anno. Già ai tempi dell’antica Roma si conosceva il potere antibatterico del mosto d’uva concentrato, cotto a lungo sino a diventare salsa scura e densa, e la senape, inconfondibile essenza dalle note piccanti. Durante il Medioevo ai monaci venne dato il merito dell’affinamento della preparazione della mostarda, ma solo più tardi, dal ‘600 in poi, si ebbe la vera diffusione di questo straordinario prodotto, quando l’usanza di cucinare la mostarda si radicò nelle famiglie contadine dell’Italia settentrionale, specialmente durante le festività natalizie nei territori di Cremona, Mantova e Vicenza.
Oggi il mosto d’uva è stato sostituito per lo più da sciroppo di glucosio, in pochissimi sono rimasti fedeli alla tradizione. Di frutta (con mele cotogne, pere, fichi) oppure di verdura (con zucche, melanzane, cipolle e pomodori), le mostarde in commercio si abbinano ad una vasta gamma di alimenti: dalla carne ai formaggi, dai gelati ai panettoni. Nei secoli, a seconda degli ingredienti disponibili e dell’ingegno dei piccoli artigiani, sono tante le varianti che si sono perfezionate, spesso molto diverse tra loro: alcune preparate con un solo tipo di frutta, altre, invece, unendo differenti varietà dando vita ad un’ampia gamma di prodotti.
Nonostante le tante possibili preparazioni, la mostarda rimane un prodotto di nicchia, coinvolta in un mercato piuttosto ridotto, considerando che è un prodotto per lo più stagionale: a dicembre, infatti, si concentrano le vendite maggiori, anche se non ci sono motivi perché questa preparazione non possa trovare uno spazio più significativo nelle nostre abitudine alimentari. Una migliore conoscenza del prodotto, l’attenzione verso tutti i possibili abbinamenti e una riscoperta del suo impiego in cucina, potrebbero valorizzare le potenzialità di questa eccellente specialità. Conosciamo, dunque, quali sono le tre più note e diffuse mostarde in commercio.

Mostarda di Cremona
La mostarda di Cremona1, inconfondibile nei suoi caratteristici vasi in vetro, così colorata e vivace, è senza dubbio la più famosa tra le mostarde. Il primo documento che associa la mostarda a Cremona è una ricetta “Pour faire moutarde de Cremone”, non troppo dissimile dall’odierna quanto agli ingredienti, contenuta in un libro “Ouverture de cousine par maistre Lancelot de Casteau”, stampato a Liegi nel 1604. Attualmente, la produzione è prevalentemente industriale o semi-industriale.
Per la sua preparazione si utilizzano esclusivamente frutta (albicocche, ciliegie, fichi, mandaranci, prugne, melone, anguria bianca, pere, pesche, mele, cachi, ananas, mandorle candite, bucce di cedro), verdura (zucca), acqua, zucchero e senape. Per facilitare il processo produttivo è ammesso l’utilizzo di frutta parzialmente già candita. Il completamento della canditura avviene immergendo la frutta in vasche riscaldate a 40 °C, contenenti uno sciroppo di acqua e zucchero.
Il processo di canditura dura almeno tre giorni e varia in base alla tipologia di frutta utilizzata. I frutti non devono perdere il loro colore originario, consentendo così di evitare coloranti non naturali. È fatta eccezione per la ciliegia, che perde naturalmente colore e deve essere colorata con essenze di origine non artificiale. Al termine viene effettuata l’aggiunta di senape, che varia in base alla casa produttrice ed all’effetto piccante che la contraddistingue (da 10 a 6 gocce).

Mostarda mantovana
La mostarda mantovana2 è una delle più antiche in commercio (alcuni documenti la citano già intorno al 1300) ed è ancora preparata con pochi ingredienti. Protagonista nel ripieno dei tortelli di zucca, è perfetta per accompagnare formaggi, salumi e bolliti. Nata dall’idea di un giovane farmacista, è un prodotto tipico di tutto il territorio mantovano ed è realizzata seguendo l’antica ricetta tradizionale, pur presentando lievi variazioni locali e familiari a seconda del tipo di frutta impiegato. Generalmente per la sua realizzazione la frutta viene utilizzata leggermente acerba ed è costituita per lo più da mele (campanine, renette), cotogne e pere, anche se si possono usare vari tipi di frutta — come la caratteristica anguria bianca — o verdura, che, dopo essere state caramellate, si conservano grazie all’aggiunta di essenza di senape. Nonostante il processo di canditura, la mostarda rimane un prodotto dalle ottime proprietà organolettiche in quanto mantiene l’alto contenuto di fibre e vitamine della frutta.

Mostarda vicentina
La mostarda vicentina è anch’essa ricetta antica e la particolarità di questo prodotto è legata all’uso di mele cotogne, frutto tipico del Veneto, importato dalla Repubblica di Venezia dal Medio Oriente. La versione vicentina sembra essere stata elaborata per la prima volta dalla famiglia Breganze, in un ricettario familiare del 1879. Si presenta come una confettura opaca, color giallo paglierino, e la pasta è abbastanza densa, con la presenza interna di pezzi di frutta, in percentuale non molto elevata. Il sapore e l’odore sono molto forti, piccanti e acri ma è, parallelamente, dolce e gradevole. Per la produzione si utilizzano mele cotogne, senape bianca, zucchero e frutta candita. Viene commercializzata in vasetti di vetro di varie pezzature. Tradizionalmente viene mangiata a Natale per accompagnare il mascarpone (dato che i due sapori sono contrastanti) oppure sulla carne per insaporirla e conservarla meglio. La polpa di mela cotogna viene fatta cuocere, sottovuoto, in recipiente di acciaio per alimenti a doppio fondo a 60 °C per circa 45 minuti, con un 40% di zucchero. Successivamente si lascia raffreddare e si mescola minutamente; infatti le mele cotogne contengono pectine addensanti e gelificanti. Quindi si aggiunge la senape in giusta quantità (varia a seconda del fatto che si utilizzi la senape pura o quella supportata per esempio da alcool buongusto) e la frutta candita, di qualsiasi genere, in piccola quantità. Si confeziona in contenitori per alimenti di tutte le dimensioni non necessariamente sottovuoto; la mostarda è di per sé un conservante e non ha bisogno di protezioni antimicrobiche.

Abbinamenti
Un po’ dolci, un po’ piccanti, le mostarde in genere si abbinano a cibi altrettanto saporiti, ma riescono anche a valorizzare alimenti dal gusto poco caratteristico, come quello di certi formaggi freschi e carni bianche. È proprio con le carni che si realizza l’abbinamento più classico, praticato sin dal Medioevo, quando il sapore forte della mostarda smussava in qualche modo il gusto altrettanto robusto della selvaggina. Le mostarde riescono ad esaltare perfettamente i bolliti, pur rimanendo un perfetto abbinamento con gli arrosti e le carni alla griglia. Anche col formaggio producono sensazioni piacevoli; offrono il meglio con crescenza e mascarpone, ma sono ideali anche con i formaggi stagionati dal gusto più pronunciato come il Grana Padano e gli erborinati come il Gorgonzola. Altro accostamento, forse meno usuale, è quello coi salumi, in particolare salame, culatello, pancetta e lardo. Infine i dolci: spalmate su una fetta di pane leggermente imburrata, panettone e pandoro. Dopo tanto parlare, non ci resta che sederci a tavola e assaggiare tutto!


Chiara Papotti



Note
www.comune.cremona.it
www.slowfoodbassomantovano.it/wp-content/uploads/2009/01/Discipl_Mostarda.pdf



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