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Pane

Non solo di grano

of Papotti C.


Pane e companatico. Nonostante la fragranza e l’aroma di un buon pane regalino grandi soddisfazioni al palato, non c’è dubbio che il suo destino sia quello di accompagnare altri sapori, integrandone ed esaltandone le varie sfumature. In questo senso la scelta degli ingredienti diventa decisiva. Nel corso del tempo, per fare il pane, l’ingegno e la necessità hanno portato ad utilizzare ingredienti alternativi o complementari alla farina di grano: segale, mais, farro, castagne e non solo... In Garfagnana, considerata l’isola verde della regione Toscana, e in una parte della Valle del Serchio, il pane trova una variante molto particolare, ingentilita dalla patata. Nelle terre incontaminate e selvagge tra le Alpi Apuane e l’Appennino Tosco-Emiliano alcuni produttori portano avanti la tradizionale produzione del pane di patate, riconosciuto come presidio Slow Food.
Chiamato affettuosamente “garfagnino” dagli abitanti della zona, il pane di patate è ottenuto aggiungendo alla farina di grano un 15% di patate lesse, semola, tritello (sottoprodotto della molitura dei cereali ottenuto dalla rimacina dei semolini e costituito da fini particelle di crusca, del germe, dello strato di aleurone e da farina) e sale marino di grana media.
Le patate utilizzate per la preparazione del presidio provengono esclusivamente da coltivazioni locali; per questo motivo la produzione del pane si concentra nei mesi che vanno da luglio a marzo, periodo che intercorre tra la raccolta e il tempo di massima conservazione dei tuberi. Le patate, aggiunte lesse nell’impasto, rendono il pane particolarmente morbido, adatto a lunghe conservazioni. Le varietà migliori quelle coltivate nel comune di Sillano Giuncugnano (LU), in due località, Metello e Dalli, a circa 1.200 metri di altitudine. Sono patate rosse, di dimensioni ridotte, molto saporite e ben compatte.
Oggi sono solo due i produttori che hanno aderito al presidio e preparano il pane seguendo l’antica ricetta, motivo per cui l’associazione Slow Food ha deciso di sostenerli nel mantenere viva la tradizione di questa zona. L’obiettivo per il futuro prossimo è quello di ricostruire in Garfagnana una filiera che ricolleghi piccole aziende agricole, mulini a pietra e forni a legna.
Le fasi di lavorazione che caratterizzano il pane di patate della Garfagnana rispettano in tutto e per tutto il Manifesto Slow Food scritto nel lontano 1987, ma oggi più che mai attuale: “... La velocità diventata la nostra catena, tutti siamo in preda allo stesso virus: la Fast-Life, che sconvolge le nostre abitudini, ci assale fin nelle nostre case, ci rinchiude a nutrirci nei Fast-Food. Ma l’uomo sapiens deve recuperare la sua saggezza e liberarsi dalla velocità che può ridurlo ad una specie in via d’estinzione. Perciò contro la follia universale della Fast-life, bisogna scegliere la difesa del tranquillo piacere materiale. Contro coloro, e sono i più, che confondono l’efficienza con la frenesia, proponiamo il vaccino di un’adeguata porzione di piaceri sensuali assicurati, da praticarsi in lento e prolungato godimento. Iniziamo proprio a tavola con lo Slow Food, contro l’appiattimento del Fast-Food riscopriamo la ricchezza e gli aromi delle cucine locali. Se la Fast-life in nome della produttività, ha modificato la nostra vita e minaccia l’ambiente ed il paesaggio, lo Slow Food è oggi la risposta d’avanguardia. È qui nello sviluppo del gusto e non nel suo immiserimento la vera cultura, di qui può iniziare il progresso con lo scambio internazionale di storie, conoscenze, progetti…”. Ed è proprio nel rispetto dei tempi e nelle procedure lente di ieri che trova origini questo pane gentile.
A partire dall’utilizzo di lievito madre (e un poco di lievito di birra, per ridurre l’acidità), ottenuto tradizionalmente da un impasto di acqua e farina lasciato a contatto con l’aria, e custodito gelosamente dai fornai produttori. A differenza dei lieviti industriali, quelli di pasta acida si caratterizzano per una serie di fermentazioni dovute allo sviluppo di microrganismi naturalmente presenti nell’aria, responsabili della formazione di un impasto di lieviti selvaggi che, se aggiunto ad un nuovo impasto, ne innesca la lievitazione.
I prodotti da forno così ottenuti presentano fasi di lavoro più lente e laboriose rispetto a quelle industriali, ma la qualità sulla resa finale è indiscutibile.
Altra caratteristica decisamente slow del pane di patate della Garfagnana è la cottura nei tradizionali forni a legna, alimentati con legno di cerro, che raggiunge temperature di 220-270 °C.
Le pagnotte dalla forma ovale vengono prima spolverizzate con farina di mais e poi introdotte nei forni precedentemente riscaldati. Il progressivo aumento del calore produce diverse trasformazioni; inizialmente, si ha la crescita del volume, poi i lieviti cessano la loro attività. A 70 °C iniziano a coagulare le sostanze proteiche, mentre a 100 °C il glutine si stabilizza nella forma, la mollica assume la sua struttura definitiva e, all’esterno, comincia a formarsi la crosta. Oltre ai 100 °C, infatti, la superficie si disidrata gradualmente indurendosi e colorandosi per la caramellizzazione degli zuccheri, fino a raggiungere il tipico colore dorato e l’aroma caratteristico. Dopo un’ora circa, a seconda della pezzatura, il pane di patate della Garfagnana è pronto per essere consumato.
Non aspettatevi un intenso aroma di patate: il presidio non ne ricorda il sapore in modo deciso. Semplicemente l’aggiunta delle patate lesse lo rende più saporito del classico pane toscano, più morbido e maggiormente conservabile. Le grandi pagnotte di 1 o 2 kg, tagliate a fette, sono ottime abbinate ai salumi della Garfagnana, quasi tutti piuttosto saporiti come è tradizione in Toscana: biroldo, mondiola, lardo e pancetta.
Il “garfagnino” si trova un po’ ovunque, in tutte le panetterie e supermercati della zona di produzione. Ma come distinguere quello autentico? Quello originale prevede, tra gli ingredienti specificati in etichetta, le patate lesse e non la fecola di patate come, invece, fanno in molti che lo producono industrialmente. Tra i pochissimi rimasti a farlo secondo tradizione ci sono Paolo Magazzini, nella frazione di Petrognola (LU), uno dei pochi produttori che coltiva sia grano che patate, e il panificio Da Mario di Piano di Coreglia (LU).


Chiara Papotti



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