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Formaggio

Tra le nevi con gusto: il goloso richiamo del Puzzone di Moena DOP

of Papotti C.


Con le prime nevi nelle valli di Fiemme e Fassa c’è chi prende il sole sulle terrazze panoramiche, chi affolla le tavole dei rifugi. Poi ci sono i “buongustai della montagna”, che amano ritirarsi nel silenzio dei boschi imbiancati e vivere la magia dell’inverno.
In queste valli, tra i territori più scenografici e meglio conservati del Trentino, gli amanti della montagna si danno appuntamento. Antiche malghe in alta quota nel cuore delle Dolomiti, alcune all’interno del Parco Naturale Paneveggio Pale di San Martino, dove si prepara una cucina semplice e sostanziosa, che si gusta al meglio al termine di una escursione, ma, soprattutto, dove viene munto, due volte al giorno, il latte che serve per produrre uno dei formaggi più straordinari d’Italia: il Puzzone di Moena. Riconosciuto dall’Unione Europea come formaggio DOP, oltre ad essere anche tutelato come presidio Slow Food, il Puzzone di Moena ha una storia piuttosto recente se paragonata ad altri formaggi storici d’alpeggio. A partire dal primo Dopoguerra, gli allevatori delle malghe presero l’abitudine di bagnare con acqua e sale le forme in fase di stagionatura. Da dove sia arrivata in Val di Fassa la tradizione della lavatura non si sa, gli unici altri esempi di croste lavate in Italia sono la Fontina e il Taleggio.
Questo trattamento è il segreto che sta alla base della caratteristica “puzza”, per la quale questo formaggio è tanto conosciuto. Un lavoro molto faticoso per gli abili casari che, settimanalmente, girano una per una le migliaia di forme da lavarle con un panno imbevuto d’acqua salata. Nel Puzzone così trattato, si crea uno strato untuoso in superficie che favorisce le fermentazioni batteriche e porta alla definizione di un profumo intenso e penetrante, oltre che alla inconfondibile crosta color rosso mattone. Nasceva così quello che dagli anni ‘70 viene chiamato Puzzone di Moena, in precedenza noto come “Nostrano” o “Spretz Tzaorì” in lingua ladina. Non esiste, purtroppo, alcuna documentazione storica relativa alla sua nascita, ma la gente del posto garantisce che il Puzzone si è sempre prodotto così, dal tempo di nonni e bisnonni.
Il presidio tutela solo le forme contrassegnate con la lettera “M”, quelle cioè prodotte con il latte di malga, munto d’estate dalle vacche al pascolo, che può essere integrato solo con materie prime di qualità: niente insilati, né sottoprodotti dell’industria e Ogm. Sono proprio le caratteristiche della materia prima a fare la differenza tra i formaggi di montagna, fabbricati in quota dai casari con il latte munto in loco, rispetto ai formaggi di latteria, lavorati a fondovalle con latte di pianura, ottimo, ma con una personalità decisamente meno spiccata.
La produzione del Puzzone di Moena comincia con l’arrivo del latte nel caseificio: qui il casaro controlla la temperatura, verifica i tempi, misura sul palmo della mano la dimensione dei granuli di cagliata. Il latte freschissimo viene riscaldato nelle caldaie di rame ad una temperatura di 34 °C, innestato con latte-innesto prodotto in azienda (sono vietate le bustine di fermenti lattici) e, infine, arricchito con il caglio di vitello. In silenzio il casaro attende i religiosi tempi che portano alla formazione della cagliata, la rompe in grani poco più grandi di un chicco di mais e la cuoce con il vapore a 47 °C. Una volta depositata sul fondo del contenitore, questa viene accuratamente raccolta con una pala e adagiata su un telo, dove viene tagliata a pezzi e sistemata nelle fascere di legno. Viene poi pressata a mano lievemente perché possa perdere liquidi e lasciata sgrondare. A questo punto le forme passano ancora sotto una pressa e vengono, infine, lasciate in salamoia per 4 giorni. La stagionatura del Puzzone di Moena va da un minimo di 120 giorni, a 6/7 mesi.
Oltre al solo uso di latte di malga e alla tecnica di lavaggio in fase di stagionatura, il terzo, irrinunciabile, elemento che completa l’identikit del Puzzone di Moena è l’esperienza del casaro che lo produce. È lui depositario di una conoscenza, che si tramanda di generazione in generazione, a sapere quando e come intervenire per indirizzare al meglio la produzione.
Per i formaggi DOP la presenza dell’indicazione geografica d’origine è la prima garanzia di qualità, ma l’esame gustativo rimane il giudizio più importante: come si può intuire dal nome, infatti, il Puzzone si caratterizza per la personalità aromatica e il sapore netto, ricco di sfumature, nelle quali è possibile ritrovare piacevoli note erbacee.
Puzza per qualcuno, bouquet penetrante e complesso per i gourmet. Al naso si avvertono inizialmente note pungenti fermentative e di cantina, conferite dal trattamento in crosta, tali note via via si allargano al sentore di pascolo, di erba alpina, di frutta matura. Al palato il sapore è suadente, solubile, con cenni di nocciola tostata e una incredibile lunghezza gustativa.
È un formaggio che merita di essere gustato al naturale, magari accompagnato da un corposo vino rosso locale, oppure sciolto sui crostini o sulla polenta nei mesi più freddi. In queste valli golose nel cuore delle Dolomiti innevate, il Puzzone di Moena è motivo di gioia per gli sciatori che scelgono di fermarsi a riposare nelle malghe, contemplare il paesaggio, sedersi nei rifugi dove il pasto non si riduce ad un panino frettoloso, ma diventa una vera e propria esperienza gastronomica.


Chiara Papotti



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