Uno sguardo alle statistiche dimostra che i dati sul consumo del prodotto biologico sono in riduzione del 2% sul canale super e del 4,6% sui negozi di vicinato. Una riduzione dei consumi che riguarda quindi il canale principale di vendita dell’ortofrutta fresca e quello che più risente della competizione del discount.
Mentre la GDO tradizionale soffre, il discount cresce ed aumenta la propria quota di vendita del 13,8%, nel periodo luglio 2022 vs luglio 2021 (fonte dati: Nielsen). Questa situazione sembra essere figlia di due strategie completamente diverse.
La GDO registra una riduzione delle referenze bio a scaffale, rispettivamente con un calo del –5,3% negli ipermercati e del –3,9% nei supermercati. Per contro i discount, competitor sempre più agguerriti della Gdo tradizionale, accelerano, proponendo una gamma di prodotti più ricca del 18,5%. In risposta a questi segni di difficoltà, iper e super hanno razionalizzato gli assortimenti, concentrandosi sulle referenze alto-vendenti. Al contrario i discount hanno ampliato il proprio assortimento ed in questo modo hanno intercettato nuove fette di consumatori.
Di qui il punto di riflessione che si apre: è corretta questa strategia di riduzione degli assortimenti o la distribuzione corre il rischio di appiattire l’offerta e di fatto risultare sovrapponibile al discount diventando sostituibile per il consumatore?
Il discount italiano, ormai, può essere considerato di fatto un supermercato di dimensioni sempre più importanti (fino ai 1.500 metri), con un assortimento in crescita nel comparto dei freschi, che si rivolge a diversi target di consumatori, fondando il suo posizionamento sul prezzo.
In tal senso, la presenza del biologico va a coprire una fascia di domanda che viene soddisfatta con un assortimento ristretto basato sui prodotti basici a prezzi molto competitivi. Ma le potenzialità della categoria sono alte e, come richiedono i consumatori, il prodotto biologico andrebbe valorizzato comunicandone i benefici salutistici ed ambientali. Infatti, da un’analisi di Nomisma risulta che il consumatore ricerca, senza trovare, informazioni sul prodotto rispetto al tema della sostenibilità e della differenza rispetto al prodotto convenzionale. Un’indagine Ismea, inoltre, ci mostra come il consumatore percepisca i benefici dell’agricoltura biologica in primis come salutistici (60%) ma anche ambientali (52%). Ed è proprio questo secondo aspetto che andrebbe sottolineato, cavalcando l’attenzione globale che questo tema sta avendo, con le richieste per esempio dell’Unione Europea (il 25% dei terreni coltivati a biologico entro il 2030) e/o il movimento dei Friday for future.
Crediamo che sia arrivato il momento di spiegare in modo chiaro tutti i vantaggi ambientali scientificamente dimostrabili quali le minori emissioni di anidride carbonica, la maggior presenza di materia organica nei terreni (a contrastare il rischio di desertificazione delle colture intensive), la riduzione nel consumo delle acque, la possibilità di offrire maggior reddito alla produzione, ecc… Tematiche fondamentali che possono e devono essere portate avanti in primis dalla produzione e, in secondo luogo, anche dalla distribuzione, sviluppando dei progetti di collaborazione che puntino ad allargare l’offerta, lavorando non solo sull’ampiezza, ma anche sulla profondità dell’assortimento, per offrire al consumatore diverse possibilità di scelta in grado di ampliare la platea degli acquirenti abituali del biologico.
Concludiamo dicendo che la Moderna Distribuzione ha un grande compito ed una grande opportunità. Le potenzialità del bio sono ancora inespresse: per una categoria premium che coniuga salute, benessere e sostenibilità, una politica di valorizzazione dell’offerta con assortimenti più ampi, con una visibilità maggiore della categoria ed una comunicazione più attenta, porterebbe non solo a maggiori ritorni in termini di vendite ma contribuirebbe anche ad un posizionamento strategico più distintivo per l’insegna stessa.
SG Marketing
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