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Speciale San Daniele

Testa & Molinaro

of Rella M.


Testa & Molinaro nasce nel 1941 dall’esperienza di due famiglie di norcini e prosciuttai, anche produttori, all’epoca, di verdure in scatola, tra cui la “Razioni K” per l’esercito italiano. A quel tempo i Testa e i Molinaro ebbero il merito di trasformare una produzione casalinga del prosciutto San Daniele in una attività d’impresa, portandola fuori dall’ambito “domestico”. Prima di loro, infatti, nessuno era organizzato con una struttura interamente dedicata e le singole realtà erano confinate alla dimensione familiare. Finita la guerra, con la ricostruzione e il boom economico, l’azienda registrò una crescita del prosciuttificio che, col tempo, prese completamente il posto della trasformazione di ortaggi, attività destinata a cessare.
Pur distinguendosi sul mercato con un San Daniele di qualità, dolce e ricercato dalla ristorazione più esigente, negli anni ‘80 l’azienda cominciò a soffrire della “eccessiva” manualità delle lavorazioni, totalmente artigianali, che le impedirono di decollare in termini numerici e di competere con altre realtà sul mercato nazionale. La svolta arrivò nell’87, con l’ingresso della famiglia Fantinel, noti produttori di vino a Tauriano di Spilimbergo (PN), che acquistarono l’azienda apportando un bagaglio di esperienza commerciale e, soprattutto, innovazione, attrezzature moderne e una visione imprenditoriale ampia e lungimirante. I Fantinel introdussero, ad esempio, le guidovie sui soffitti degli stabilimenti che ottimizzarono il processo produttivo, arruolarono tecnologi alimentari per elevare la qualità del prodotto, ammodernarono gli impianti per una maggiore sicurezza, igiene e capacità produttiva. Fino ad aprire, nel 2003, un secondo stabilimento che affianca tuttora la sede storica di via Tagliamento, la quale oggi raccoglie gli uffici e un reparto produttivo per i San Daniele Dop con l’osso (circa 40.000 cosce l’anno). La nuova sede, invece, produce e stagiona 95.000 cosce/anno, lavora anche prosciutti disossati, semilavorati e pressati, adatti per il confezionamento in fette.
Il fatturato annuo si aggira sui 15 milioni di euro, la forza lavoro conta su 26 dipendenti e l’export è sul 4%, in mercati principali quali centro Europa e Regno Unito; molto forte, però, il mercato nazionale, in particolare il Triveneto e le regioni del Centro Italia. La Gdo, che è il canale predominante, rappresenta il 70% ed è anche il segmento principale per il disossato; invece il canale Ho.Re.Ca. assorbe il rimanente 30% con nomi di riferimento del mondo gourmet, da Ercoli a Roma fino ai selezionatori di prodotto Selecta e Pregis.
Sono due le linee di San Daniele Dop di Testa & Molinaro: quella storica stagionata 14-17 mesi Alta Salumeria, che rappresenta il 60% del complessivo, e quella di eccellenza Trentalune più Trentaluneblu. Prodotti che si caratterizzano per la particolare morbidezza e dolcezza, dovute soprattutto ad una quantità di sale al 5,8%.
Prosciutti delicati, di grande digeribilità e dal buon apporto nutrizionale; senza altri additivi che il sale marino. Oggi tra gli obiettivi c’è un progetto di ulteriore riduzione del sale e una selezione più stringente delle materie prime, acquistate principalmente in Triveneto ed Emilia-Romagna.
Questo invece, a grandi linee, il processo produttivo: dopo aver selezionato attentamente le cosce, escludendo quelle con i minimi difetti, le stesse sono divise per pezzatura e mandate in salagione alla “sandanielese”, ovvero con 1 giorno sotto sale marino per ogni chilo di carne fresca. Dopo la pressatura c’è un primo periodo di riposo, in media 3 mesi, durante il quale si effettuano continui controlli, massaggi tonificanti e interventi di tolettatura.
Un lavaggio finale precede la fase successiva e fondamentale di stagionatura, che avviene in ampi saloni arieggiati naturalmente, esposti al microclima unico del territorio di San Daniele. Durante questa fase viene eseguita la stuccatura attraverso un impasto di sugna, sale, pepe e farina, con la funzione di proteggere e ammorbidire la superficie esterna del prosciutto. Nella fase finale il prodotto è regolarmente controllato con la puntatura da parte di un “naso” esperto e ogni mese, prima della marchiatura, alcuni campioni sono sottoposti ad analisi dal laboratorio del Consorzio del Prosciutto di San Daniele per le verifiche di qualità.
Ma il San Daniele Dop non è solo gusto, è anche cultura e sapere artigiano, come tiene a sottolineare Giuseppe Peressini, responsabile commerciale di Testa & Molinaro: «è un prosciutto di antiche origini, si parla del III-IV secolo a.C., che nasce come tecnica di conservazione tramite osmosi, l’estrazione di acqua dalle carni attraverso il sale. Le cariche batteriche e le proteine proliferano infatti in presenza di acqua e togliendola si ostacola la loro carica distruttiva» puntualizza Peressini. «Il termine prosciutto deriva proprio dal prosciugamento tramite il sale».
In Nord Italia si insediarono secoli fa popolazioni galliche e nomadi che conoscevano per necessità la tecnica di conservazione della carne e la introdussero sul territorio. Il maiale, d’altra parte, era un animale congeniale al mondo contadino povero del tempo, poiché si ciba di tutto ed è utilizzabile interamente.
Il sale aveva un concorrente nel fumo, altro potente conservante grazie alla presenza di acido formico, alcoli, aldeidi, idrocarburi aromatici. L’utilizzo del fumo si spostò più a Nord, in Carnia, dove si produce prosciutto affumicato, a Sauris, e in Alto Adige, la terra dello speck. «San Daniele era già uno scalo d’approvvigionamento sotto i Romani — ricorda Peressini — ma la prima attestazione di un prosciutto è riportata in una lapide di un macellaio dell’antichità dove sono raffigurati una coscia suina e un coltello. Per la prima testimonianza scritta sul nostro prosciutto dobbiamo invece fare un salto di secoli fino al Concilio di Trento (1545-1563), quando furono messi per iscritto i parsutti da quel di San Daniele.
Il San Daniele si faceva in casa, sfruttando la ventilazione con le finestre aperte, orientate da Nord a Sud. Si produceva durante i mesi freddi, tra l’autunno e la primavera, con un metodo che si è trasmesso di generazione in generazione e una tradizione mai estinta, poiché prima i Romani, poi i patriarchi di Aquileia e i dogi di Venezia difesero l’integrità del luogo e la sua tradizione alimentare. Non esisteva il libro scritto del San Daniele — conclude Peressini — il primo è del ‘61, con la nascita del Consorzio e la stesura del Disciplinare».


Massimiliano Rella


>> Link:
www.testaemolinaro.it


In foto la salagione delle cosce fresche con sale marino.



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