Si spreca ancora troppo cibo in Italia e nel mondo. Secondo i dati di uno studio CREA, con la collaborazione di REF Ricerche e il supporto di indagine e analisi di GFK-Italia, il Belpaese registra una quantità di spreco alimentare domestico che si aggira in media sui 370 grammi a settimana per famiglia. In questo contesto, le filiere della carne e del pesce risultano tra le più virtuose: sommando gli avanzi del cibo portato in tavola e gli alimenti buttati perché scaduti o andati a male, gli sprechi complessivi di carne e pesce arrivano infatti appena al 6% in peso dello spreco medio di una famiglia.
I risultati sono stati confermati da una recente pubblicazione dell’Osservatorio sugli sprechi alimentari del CREA, in cui si riporta uno spreco domestico della sola carne stimato in appena 11 grammi a settimana per famiglia, cioè solo il 3% dello spreco medio. Emerge, quindi, in termini assoluti, come i punti critici della filiera siano il settore primario, soprattutto il comparto ortofrutticolo, cerealicolo e della pesca, e la fase di consumo domestico, che risulta essere tra le principali cause dello spreco, con oltre il 50%, seguita da quello della produzione, per oltre il 30%. Il restante è riferito ai servizi di ristorazione e distribuzione all’ingrosso e dettaglio.
Questi risultati sono importanti, considerando che, secondo il Waste and Resources Action Programme, WRAP (wrap.org.uk), si stima che entro il 2030 lo spreco alimentare raggiungerà i 2,1 miliardi di tonnellate, per un valore di 1.500 miliardi di dollari. La consapevolezza del problema da parte dei consumatori può contribuire, quindi, a rendere tutti più attenti a sprecare di meno.
In occasione della recente Giornata Nazionale contro lo spreco alimentare, Carni Sostenibili ha lanciato un piccolo vademecum anti-spreco con un “consulente d’eccezione”, lo chef Antonello Colonna. «È necessaria una maggiore istruzione alimentare» spiega lo chef. «In Italia siamo dei cultori del cibo, viviamo di tradizioni e di abitudini, ma anche di cattive abitudini. Siamo infatti dei consumatori seriali. Soprattutto quello che manca è un’istruzione alimentare, siamo tanto informati, anche troppo, ma non siamo istruiti. Spesso compriamo i prodotti senza farci delle domande. Servirebbe una campagna più aggressiva che evidenzi le perdite e i rischi dello spreco alimentare e insegni ai consumatori l’importanza della prevenzione, del riutilizzo e del recupero».
Ecco quindi 3 regole dello chef Colonna contro lo spreco alimentare:
tenere sotto controllo gli acquisti, senza eccedere nelle quantità, al fine di scegliere solo ciò che è davvero necessario;
andare al supermercato a “pancia piena” per evitare l’effetto compulsività;
leggere bene le etichette, facendo attenzione agli ingredienti, data di scadenza e indicazioni per la conservazione.
Se è vero che il consumatore italiano si rivela ancora uno “sprecone”, c’è da dire che l’Italia è stato il primo Paese in Europa che ha scelto di dotarsi di uno strumento normativo di contrasto allo spreco alimentare con la Legge n. 166/2016 (“legge Gadda”) che prevede una serie di misure per ridurre la produzione di rifiuti ed estendere il ciclo di vita dei prodotti con finalità di riuso e riciclo, oltre ad incentivare la redistribuzione delle eccedenze alimentari. Un passo importante, considerando che a livello europeo i dati non sono incoraggianti: lo spreco alimentare, infatti, ha raggiunto 87,6 milioni di tonnellate di alimenti, per una media di 173 chili a persona.
Si stima che in media circa un terzo del cibo prodotto ogni anno nel mondo venga perso prima del consumo. E, secondo i dati, convertendo tale quantità in calorie, circa il 24% di tutto il cibo prodotto viene perso o sprecato tra il campo e la tavola. Inoltre, secondo una ricerca (eu-refresh.org) condotta su scala europea, solo 6 persone su 10 riadattano le ricette in base al cibo avanzato.
Maggiore spreco significa anche più impatto ambientale: diretto, perché si raddoppiano le emissioni per unità nutritiva, e indiretto, perché il trattamento della Frazione Organica del Rifiuto Solido Urbano, FORSU, è uno dei fattori di emissione in crescita per il metano. Infatti l’8-10% delle emissioni globali di gas a effetto serra proviene proprio dai prodotti alimentari non consumati.
Anche qui il settore zootecnico ha da insegnare, perché è quello che consente di riutilizzare convenientemente i cibi scaduti attraverso la mangimistica intelligente, in una logica di economia circolare che valorizza ingredienti circolari nei mangimi, aumentando l’efficientamento nutrizionale e riducendo gli sprechi.
È per questo che è fondamentale contrastare l’avvio diretto ai digestori di questi ex prodotti alimentari, che possiedono ancora un importante valore nutritivo per gli animali. «Saper cucinare con creatività riutilizzando gli avanzi è un’arte» continua lo chef Colonna. «Ma oggi si ha poco tempo e spesso poca voglia, correndo il rischio di buttare cibo che avrebbe potuto avere una nuova vita. Per esempio, con la carne avanzata si possono realizzare tante idee gustose, dalle polpette alla carne in umido, rappresentando così le nostre abitudini alimentari. Bistecche, lombate o paillard, infatti, possono essere recuperate e trasformate con un taglio a punta di coltello in carne macinata per ottime polpette a cui aggiungere salsa di pomodoro o carne da spezzatino da fare in umido con i fagioli, tutti piatti gustosi, sani e veloci».
Non solo ricette per riciclare gli avanzi, ma anche gli avanzi stessi, se ottenuti con alimenti buoni all’origine e ben cucinati, resistono alcuni giorni in frigorifero e rappresentano uno smart food per una settimana ricca di impegni. E in questo, carne e salumi non hanno rivali.
Il Progetto Carni Sostenibili
La carne è un alimento di primaria importanza. Che, da almeno due decenni, è però soggetto a numerosi attacchi e critiche. Fra le principali accuse che le si rivolgono, spiccano il suo impatto ambientale e i supposti problemi a livello salutistico a essa collegati. Con la consapevolezza che la sostenibilità nel campo delle carni costituisce un argomento complesso e dibattuto, il Progetto Carni Sostenibili vuole individuare gli argomenti chiave, lo stato delle conoscenze e le più recenti tendenze e orientamenti tecnico scientifici. L’intento è quello di mostrare che la produzione e il consumo di carne possono essere sostenibili, sia per la salute che per l’ambiente. Al dibattito sulla produzione e il consumo di carne partecipano organizzazioni e stakeholder di vario genere, caratterizzati da scopi differenti: associazioni animaliste e/o ambientaliste, centri di ricerca, media. In questo contesto non si è mai inserito, almeno in Italia, il punto di vista dei produttori di carne, che hanno invece sentito la necessità di partecipare al dibattito fornendo informazioni, dettagli e dati oggettivi utili a correggere, dove necessario, alcune posizioni, a volte pregiudiziali se non completamente scorrette. Per far questo, dal 2012 un gruppo di operatori del settore zootecnico (aziende e associazioni) si è organizzato per supportare studi scientifici che, in una logica di trasparenza pre-competitiva, hanno permesso di arrivare, oltre che alla pubblicazione dello studio “La sostenibilità delle carni e dei salumi in Italia”, all’avvio del progetto “Carni Sostenibili” e, quindi, del portale carnisostenibili.it. Nato dalla comunione di intenti delle tre principali associazioni di categoria, Assocarni, Ass.i.ca. e Unaitalia, il sito si propone di trattare in modo trasversale tutti gli argomenti legati al mondo delle carni: un progetto senza precedenti, in Italia, che con un approccio formativo e informativo vuole contribuire ad una informazione equilibrata su salute, alimentazione e sostenibilità. >> Link: carnisostenibili.it |
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