I Cagliaritani non ci credono che nei bar del Continente — come in Sardegna viene chiamato il resto del Paese che non sia l’Isola — la Pizzetta Sfoglia non si trovi. Non è possibile che una simile delizia, né dolce, né salata, o, meglio, entrambe le cose assieme, sia un’invenzione locale che non ha ancora varcato il Tirreno.
Si presenta tonda, anche se alcuni produttori azzardano forme leggermente differenti, quadrate o rettangolari e di dimensioni diverse, comprese quelle mignon, che vanno via come salatini.
La Pizzetta Sfoglia, meglio conosciuta come Cagliaritana, perché a Cagliari deve i natali, è, nella versione più comune, un prodotto da forno tondeggiante del diametro di 10/12 cm circa. Il nome stesso lo dice: è fatta di pasta sfoglia, due strati che racchiudono un ripieno semplice, quasi elementare, di sicuro molto povero, ovvero salsa di pomodoro, uno o due capperi e, facoltativamente, olio, acciughe, origano e formaggio. È alta due centimetri al massimo e prende un colore ambrato e lucido talmente stuzzicante che è quasi impossibile resisterle.
Come accade per la Focaccia genovese, si accompagna alla colazione classica con caffè o cappuccino, ma anche ad un aperitivo, al pari degli stuzzichini e delle patatine. Il suo gusto ibrido, una via di mezzo tra dolce e salato, la porta ad essere proposta tanto in pasticceria quanto in panificio, ma oggi è immancabile oltre che nei bar, nella gastronomia della Grande Distribuzione Organizzata e nel banco dei surgelati, pronta per essere cotta nel forno di casa e gustata calda.
Le sue origini non sono antiche, ma nemmeno certe in realtà. I pasticceri più anziani raccontano di un prodotto che non esisteva prima del Dopoguerra e che è nato negli anni ‘50, un po’ per caso, come spesso avviene in cucina, forse per impiegare un pezzo di pasta sfoglia di risulta da un’altra lavorazione. D’altronde salsa di pomodoro e olio erano alla portata di tutti, così come un pezzetto di acciuga e un cappero. Quelli della vicina Selargius erano e sono tuttora i più rinomati, ma anche Cagliari ne è piena. Pendono dai costoni di Castello, crescono in punti impensabili e pittoreschi, abbelliscono la città come fossero piante ornamentali messe lì da un giardiniere esperto.
La Pizzetta Sfoglia Cagliaritana si è diffusa rapidamente e non poteva essere altrimenti, sino a varcare i confini provinciali, sebbene resti un prodotto riconducibile prevalentemente al capoluogo sardo e ora al Sud Sardegna, con una produzione limitata nel resto dell’Isola.
Si è talmente insinuata nel quotidiano, che lo scorso anno Laore Sardegna ha chiesto e ottenuto che venisse inserita nell’elenco dei Prodotto Agroalimentare Tradizionale della regione. Non è stato facile ricostruirne la storia, seppur recente, ma si è potuto dimostrare, anche grazie ai titolari della storica Pasticceria Mariuccia di Pirri, che la Pizzetta era già ampiamente diffusa a fine anni ‘70.
Nel frattempo, quello che è uno dei prodotti più instagrammati della città, viene ora realizzata in versioni leggermente diverse da quelle originali. Il diametro si può ridurre, soprattutto se il consumo è in occasione di buffet o aperitivi, ma anche il ripieno può essere impoverito (non sempre si usa l’acciuga, soprattutto in tempi di allergie al pesce) o arricchito, magari con un pezzetto di prosciutto cotto. Qualcuno, anche sulla scia del successo dovuto all’inserimento nell’elenco dei PAT, ha iniziato a produrne varianti dolci o salate davvero originali, sino ad arrivare a decine di tipologie diverse e talvolta modificandone la sagoma, come in occasione di San Valentino, quando la Pizzetta Sfoglia Cagliaritana ha preso la forma di un cuore e, seppure per un giorno soltanto, è stata intinta nel cioccolato.
La più amata resta però indubbiamente quella classica, senza sofisticazioni o variazioni sul tema. La stessa che la nota antropologa del gusto Alessandra Guigoni non esita a definire «unica al mondo, leggera, gustosa, friabile» e ancora: «è diventata Prodotto Agroalimentare Tradizionale d’Italia di recente, ma si produce da almeno 50 anni. Un vero e proprio totem identitario per i Cagliaritani».
Un totem che, oltre all’inserimento nei PAT, meriterebbe un altro riconoscimento. Ne sono convinti nel capoluogo isolano, dove si sta ragionando seriamente su uno strumento di tutela universale. Quella della IGP potrebbe infatti essere la strada più adatta per consacrare questa specialità sull’altare dell’Europa. Diversi, tra i maggior produttori nell’Isola, ne sono convinti e il supporto potrebbe arrivare anche dal Comune di Cagliari e da associazioni di produttori come la CNA Agroalimentare della Sardegna. Attendiamo, con l’acquolina in bocca.
Guido Guidi
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