Liquori, invenzione italiana
La tecnica della distillazione, che risale agli alchimisti islamici del VIII secolo d.C., viene fatta conoscere in Italia da Raimondo Lullo (1232-1316) e Arnaldo da Villanova (1235-1311), permettendo di preparare bevande con alta gradazione alcolica. Alcol è una denominazione che l’alchimia araba medievale attribuisce a uno spirito assimilabile ad un demone, ottenuto da liquidi viventi con la distillazione, che permette di cogliere da questi l’essenza pura e aeriforme. In Italia la Scuola Medica Salernitana sembra essere la prima che usa l’alcol per produrre un farmaco che trasmette le proprietà mediche e benefiche del ginepro diventando un antenato del gin. La storia dei liquori ha quindi le sue radici nel Medioevo, quando l’uomo non conosce le moderne medicine e per curarsi usa soltanto sostanze vegetali e, se non c’è un inventore preciso di magici preparati alcolici che servono per guarire, da questi nasce la grande tradizione liquoristica italiana.
Quando Caterina De Medici (1519-1589) va in sposa ad Enrico II di Francia (1519-1559) porta con sé cuochi, pasticceri e liquoristi italiani che fanno conoscere ed apprezzare i segreti dei liquori italiani alla Francia e da qui ad altri Paesi europei. Da questa data i liquori sono sempre considerati non solo un toccasana, ma bevande da bere per il piacere del palato e dell’animo. Anche i monaci hanno in questo un loro ruolo divenendo inventori e produttori di liquori ancora oggi noti (Bénédictine, Chartreuse, ecc…) e questa novità dura almeno fino al XVII secolo quando nel Vecchio Continente penetrano bevande come il caffè, il tè e il cacao.
Rosolio, rugiada di sole
Rosolio è un liquore o, meglio, una soluzione liquorosa che nasce nell’Italia rinascimentale e può essere definito come un preparato di alcol, zucchero e acqua nella stessa proporzione, con in più un’essenza che gli dà nome: Rosolio alla rosa, Rosolio alla menta, ecc… Il nome pare derivi dai termini latini ros e solis, rugiada di sole, più che dalle rose utilizzate per preparare una bevanda da offrire agli ospiti e usare in preparati dolciari. I rosoli sono presenti in tutta Italia, diffusi soprattutto in Toscana, Umbria, Piemonte, Campania, Sicilia ed Emilia. Un rosolio particolare è l’Alkermes di Firenze o Rosolio dei Frati di Santa Maria Novella. Questo liquore dolce si ottiene per infusione e macerazione di varie erbe e spezie (garofano, cannella, vaniglia, noce moscata, coriandolo e altre) colorato con cocciniglia e aromatizzato alla rosa, con una gradazione alcolica tra il 21 e il 30% in volume. La più antica ricetta per la preparazione dell’alkermes ancora in uso è proprio quella fiorentina, secondo la formula del 1743 di Fra’ Cosimo Bucelli, all’epoca direttore dell’Officina di Firenze. Dal colore rubino luminoso, è un liquore dal profilo avvolgente, secco e caldo, con note in primo piano di marasca e spezie dolci e piccanti. Nel 2003 all’Alkermes delle Officine è stato riconosciuto il marchio di Prodotto Agroalimentare Tradizionale (PAT).
Alchermes brillante colorante
A Firenze l’Arte dei Medici e Speziali era una delle sette Arti Maggiori, mentre i colori erano usati dagli appartenenti all’Arte di Tintori, che esercitavano l’importante attività della tintura nella produzione dei tessuti. Durante il Medioevo il rosso nei tessuti era apprezzato perché raro. Gli abili tintori medioevali riuscivano a produrlo, anche se era molto difficile da ottenere almeno in forma duratura, dalle radici della robbia (Rubia tinctorum).
Tinture rosse ottenute da insetti mediterranei sono note sin dagli antichi Egizi: il chermes o sangue di San Giovanni e il Rosso armeno sono coloranti rossi molto ricercati, ma difficili da ottenere da un insetto, il Kermococcide (Kermes vermilio), comunemente noto come chermococco o grana vermiglio delle querce. Le femmine di questo insetto sono raccolte, essiccate e polverizzate e usate in tintoria.
La scoperta delle Nuove Indie porta alla scoperta di ricchezze sconosciute e tra queste un nuovo colorante rosso ottenuto dalle femmine essiccate della Cocciniglia del Carminio (Dactylopius coccus), noto agli Aztechi come Sangue del Cactus, che i Conquistatori spagnoli conoscono intorno al 1512 e lo denominarono Grana Cochinilla per non confonderlo con il meno pregiato colorante rosso europeo. Questo nuovo colorante è dieci volte più efficace dei precedenti divenendo noto in tintoria come Grana Secca o Fine e insieme all’oro e all’argento è la voce più importante delle esportazioni spagnole dalle colonie del Nuovo Mondo. Importato dalla Spagna dei Mori per tingere di rosso i tessuti arriva anche in Italia e a Firenze con il nome di Qirmiz e, da qui, Al-qirmiz e poi Alkermes, storpiato nelle varianti dialettali in Alchermes, Archemus, Archemuse e derivati. Ed è proprio questo nuovo e costoso colorante di una tonalità rosso vivo brillante e duratura che uno speziale fiorentino usa per decorare il rosolio destinato alla Famiglia dei Medici.
Nel secolo XX dalla cocciniglia viene estratto l’acido carminico, un glucoside antrachinonico dall’intenso colore rosso che nella normativa europea è catalogato come additivo alimentare con la sigla E120. Dall’acido carminico si ottiene anche una lacca dal colore rosso brillante utilizzata come colorante alimentare. Il tipico colore rosso dell’alkermes, visto il costo elevato, è oggi in molti casi sostituito da coloranti azoici di sintesi.
Alchermes e Zuppa inglese
L’alkermes è utilizzato soprattutto in pasticceria per la sua colorazione intensa e in particolare per la preparazione delle Pesche di Prato e della Zuppa inglese. Quest’ultimo dolce, se non inventato, è stato divulgato dal liquorista romano Vincenzo Agnoletti, che, all’inizio del 1800, lavorava anche a Parma come credenziere e liquorista alla corte di Maria Luigia d’Asburgo-Lorena (1791-1847), già moglie di Napoleone. Agnoletti denomina Zuppa Inglese una zuppa di biscotti bagnati con il rum e sopra finiti con una marenga cruda o al forno, o con una crema, o candito d’uovo, o marmellata, e guarnita con confetture, spume, brillante, ecc… In tempi successivi la Zuppa Inglese non vede più la presenza di rum ma quella dell’alkermes.
Questa sostituzione avviene perché il rum è un liquore d’importazione più costoso del nazionale alkermes ma quest’ultimo ha soprattutto il non trascurabile pregio di un accattivante colore rosso, che ben contrasta con quello degli altri componenti del dolce. E si sa che, anche in cucina, il colore, quello rosso soprattutto, è importante.
Giovanni Ballarini
Photo © Studio Gi
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