Arriva la primavera, arriva, arriva sempre. Arriva anche dopo gli inverni più lunghi, cupi e noiosi, quelli con le giornate tutte uguali e sempre grigie, come dentro ad una scatola senza cielo. Arriva, arriva. E insieme alla primavera arriva anche la voglia di stare all’aperto tutto il tempo, da mattina a sera, di sentire il sole, finalmente tiepido, in faccia, di vedere posti nuovi e diversi, e di srotolare in lungo e in largo il nostro sguardo sul mondo. E, quando arriva la primavera, le scarpette da trekking subito cominciano a scalpitare dentro gli armadi: non appena l’aria torna un poco a profumare di nuovo, infatti, ecco che loro smaniano per salire vette ancora sconosciute, per battere strade tortuose o per calpestare prati di erba ancora fresca e tenera, e insomma per incamminarsi nuovamente in mille e mille avventure.
Ed è proprio al desiderio di avventura che ho pensato quando mi è venuto in mente di suggerire di muoverci in una stupenda zona della Calabria, a ridosso del Parco Nazionale del Pollino. Questo itinerario, partendo dalle più alte quote del Monte Ciagola, va piano piano e meravigliosamente degradando verso il mare, in una varietà di paesaggi, scorci e panorami che saranno in grado di riempirvi gli occhi e di stancarvi le gambe, concedendovi contemporaneamente anche l’opportunità, se lo vorrete, di dedicarvi ad una serie di molto divertenti attività alternative al trekking quali, per esempio, rafting, canyoning e cicloturismo.
Incamminiamoci dunque per una strepitosa avventura sui Sentieri del Romito, attraverso la Valle del fiume Lao, un’ampia area di oltre 5.000 ettari di ampiezza, caratterizzata da una straordinaria bellezza di grande interesse, sia storico che naturalistico.
A proposito dell’interesse storico, come prima cosa si segnala che questi incredibili e sorprendenti sentieri devono il loro nome alla famosa Grotta del Romito, che potrete incontrare durante il vostro cammino e che rappresenta un importantissimo sito archeologico, tra i più rilevanti in Europa, risalente al Paleolitico superiore. Questa stupefacente grotta, con i suoi graffiti e con il famosissimo Bos primigenius, incisione rupestre raffigurante un bove risalente a 12.000 anni fa, è riconosciuta come Patrimonio UNESCO, e restituisce al presente una delle più antiche testimonianze dell’arte preistorica. Si tratta di una forma artistica primitiva davvero fondamentale per le ricostruzioni di tutta la nostra civiltà poiché ha consentito agli studiosi di desumere le abitudini sociali e alimentari dell’Homo sapiens: il mio consiglio è perciò di ricavarvi assolutamente un poco di tempo per una visita alla grotta, e quindi per una indimenticabile passeggiata nel tempo e nella storia, oltre che nella natura.
Tornando poi al nostro percorso, con i piedi sempre ben stretti nelle scarpe da trekking che passo dopo passo si avvicendano su questi meravigliosi sentieri, consiglio una sosta presso l’incantevole piccolo borgo di Papasidero*, sempre nei pressi della Grotta del Romito. Questo paesino, il cui nome quasi esotico si richiama al monaco basiliano Papas Isidoro, capo di una delle tante comunità religiose che popolavano questa valle, è caratterizzato da un ben conservato centro storico di impianto tipicamente medievale il quale è letteralmente abbarbicato su uno sperone roccioso a 210 metri sul livello del mare. Da questa posizione il borgo di Papasidero domina tutta la valle, restituendo ai camminatori una veduta indimenticabile, in una atmosfera quasi ferma e rarefatta, incorniciata da una luce abbagliante e indimenticabile.
Proseguendo sull’itinerario, sempre seguendo il corso del fiume Lao, all’interno di questa spettacolare vallata letteralmente incastonata tra rocce e boscate, con innumerevoli varietà di piante aromatiche che accompagnano il nostro cammino, piano piano ci ritroveremo a scendere giù attraversando ampi campi coltivati i quali è come se si addolcissero al nostro passaggio. E poi ancora più giù, verso l’inconfondibile blu intenso della costa tirrenica, incorniciata dalla profumata e avvolgente macchia mediterranea.
E così, quasi senza accorgercene, come sempre capita durante il cammino, ci troveremo quindi ad alleggerire mano mano il passo e a giungere alla fine di questa prima avventura di primavera, mentre, con il pensiero sempre ancorato alle nostre scarpe da trekking, programmiamo la prossima destinazione e la prossima avventura.
Elena Simonini
Nota
* Su Papasidero, la Grotta del Romito e il cedro calabrese si veda anche l’articolo di Massimiliano Rella a pagina 100.
Il tagliere calabrese
La punta dello Stivale italiano è una regione bella, anzi, bellissima, “spettinata” nel suo essere per buona parte ancora parecchio selvaggia e dotata di un’offerta gastronomica sincera, potente nella sua rustica solidità e decisamente, decisamente piccante! Un modo facile e goloso per coglierne tutta la varietà — che spazia dalle carni, maiale soprattutto, alla grande quantità di verdure, da cui derivano moltissimi prodotti sottolio, senza dimenticare il pane, i formaggi si pecora e capra, i meravigliosi agrumi —, è il classico TAGLIERE! “Il tagliere è uno degli elementi più importanti del tipico antipasto calabrese, che si caratterizza per la presenza di pietanze sia calde che fredde” si legge sul sito www.bottegadicalabria.it. “Il tagliere non può mancare nella cucina di ogni calabrese perché è l’utensile perfetto per affettare i salumi, che sono uno dei prodotti calabresi più caratterizzanti della gastronomia della nostra terra. Nei ristoranti, o anche a casa, servire un ‘tagliere’ significa mettere insieme dei salumi affettati e servirli sul tavolo o direttamente sul tagliere in legno: capocollo, prosciutto, salsiccia e soppressata sono quasi sempre presenti ma anche formaggi stagionati, conserve e confetture”. E quindi via con le 4 DOP “suine” regionali, ovvero Salsiccia, Soppressata, Capocollo e Pancetta di Calabria DOP, sicuramente in cima alla lista di salumi tipici da assaggiare in loco, per proseguire con il Pecorino silano DOP e la Giuncata, un formaggio fresco di pecora, o ancora le ricottine stagionate salate al peperoncino. Altro elemento fondamentale del tagliere calabrese sono, come detto, le conserve sottolio e sottaceto. “Le conserve sottolio e sottaceto sono un elemento che impreziosisce il tagliere e consente di servire un antipasto freddo completo. Gli abbinamenti possibili sono innumerevoli, ad esempio i peperoncini ripieni alla ‘nduja o le cipolle rosse di Tropea sono eccezionali accompagnate ad un buon bicchiere di vino rosso dall’impronta decisa. In questo modo il tagliere diventa un momento di aggregazione e relax conviviale, con al centro il piacere di stare in compagnia delle persone a cui teniamo di più. Il tagliere può essere corredato anche da crostini sui quali spalmare direttamente la ‘nduja o, in alternativa, è possibile preparare delle bruschette calabresi con ingredienti sottolio quali pomodori secchi, peperoncino, cipolla e olive verdi”. Insomma, chi più ne ha, più ne metta… E poi, diciamocelo, nel suo essere un invito alla condivisione e alla socialità più semplice ed immediata, un “tagliere” non è mai soltanto un “tagliere”. “Preparare un tagliere ricco di salumi, formaggi, conserve e accompagnarlo con un buon vino, è un atto di complicità e amicizia” ci ricorda sempre il sito www.bottegadicalabria.it. “Nell’era dei social e della condivisione digitale, riunirsi attorno ad un tagliere può farci mettere in tasca lo smartphone e godere della compagnia degli altri come si faceva una volta, in modo più sano e genuino”. |
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