Paganoni è una piccola azienda a conduzione familiare di Chiuro (SO) che fa bresaole di qualità e che negli ultimi si è molto concentrata sulla selezione e l’approvvigionamento delle carni bovine: carni in maggioranza francesi (75%) — più brasiliane (20%) e italiane (5%) — e in larghissima parte di fesa (98%), il taglio più adatto per fare prodotti di gamma medio-alta. «Il nostro obiettivo è fare prodotti di qualità, sicuri e salubri — ci spiega Nicola Paganoni, responsabile commerciale, figlio del fondatore Paride Paganoni — ma in questi anni ci siamo anche molto concentrati sul miglioramento dell’azienda. L’ultimo intervento nel 2022 con l’installazione di un nuovo impianto fotovoltaico da 200 Kw, che soddisfa il 15% del nostro fabbisogno energetico. Inoltre, abbiamo messo in efficienza gli impianti più vecchi e ridotto ulteriormente i consumi grazie a nuovi macchinari, a migliori gruppi frigo, all’illuminazione a risparmio energetico, ecc… Tutto questo — sottolinea con orgoglio Nicola — con un nostro investimento privato e contributi pubblici molto, molto contenuti». Adesso l’azienda ha in progetto un piccolo ampliamento degli spazi per depositi e magazzini e per adeguare la struttura alle necessità di una produzione cresciuta nel tempo.
Paganoni trasforma carni acquistate principalmente in Italia e in Europa.
Il fiore all’occhiello della produzione è la GranBresaola, che insieme al Rosa delle Alpi (il cuore della bresaola), rappresenta oltre il 60% del totale della produzione, mentre la Bresaola della Valtellina IGP vale circa il 25%. Si prosegue con la Maestosa – Selezione Privilege, considerata una piccola riserva di famiglia, la Wagyu Selezione diamond da capi di razza Wagyu allevati negli Usa, in Australia e Giappone e stagionata minimo 3 mesi, la Primitiva, bresaola biologica da carni esclusivamente italiane, e la Vestis, caratterizzata da una riduzione di sale.
Paganoni è una piccola impresa con 15 dipendenti, un fatturato annuo di 10 milioni di euro e una produzione di 2.500 bresaole a settimana. Vende il prodotto principalmente in Italia, da Nord a Sud, e ha un export di appena il 5% nella UE; valore che però intende incrementare. Rispetto alla distribuzione è molto forte sul normal trade —gastronomie, macellerie, salumerie — un canale che assorbe il 50% del volume; il resto del prodotto è presente in GDO e una piccola parte nell’Ho.Re.Ca. Produce infine una quota minima di vaschette, ad esempio la Vestis per garantire il valore nutrizionale del prodotto e stabilizzarlo con la chiusura ermetica. Sulle vaschette lavora anche in conto terzi.
È un’azienda a cui non manca la creatività. Durante la pandemia, ad esempio, ha ideato un magazine di informazione cartaceo o digitale, il PAGANONI LAB, in uscita trimestrale, per mantenere la relazione con la clientela. Si tratta di un “foglio” che racconta la bresaola, l’azienda e le iniziative, cercando di fare cultura sulla bresaola e il suo territorio.
Paganoni nacque negli anni ‘80 quando il signor Paride aprì un piccolo salumificio a Caiolo (SO). Una decina di anni dopo cominciò a produrre con successo la bresaola, tanto che nel 2004 realizzò lo stabilimento di Chiuro, una struttura moderna e con una gestione informatizzata dei processi. È insomma il classico made in Italy a conduzione famigliare: Paride, la moglie Giuliana, il figlio Nicola e sua moglie Paola.
Nicola, che è laureato in Economia aziendale alla Bocconi, ha chiaro il quadro economico che ha vissuto il settore negli ultimi anni. «All’estero le vendite della bresaola sono state congelate con la pandemia perché eravamo presenti sul canale della ristorazione — racconta — e perché il personale commerciale non poteva girare a causa delle restrizioni. Da qualche tempo sono ripartite, però la ripresa non è stata completa: la guerra in Ucraina e l’aumento dei costi energetici e della materia prima — prezzi mai visti prima! — hanno creato danni al mercato.
Tra il 2021 e il 2022 il settore ha sofferto la carenza di materia prima, dovuta al calo produttivo negli allevamenti per la contrazione della domanda durante la pandemia — sottolinea Nicola Paganoni — e questo ha dato spazio a dinamiche speculative. Si sono registrati rialzi del 30%, con aumenti forti nella prima parte del 2022 che hanno innescato un calo dei consumi, alimentato poi dalla ricerca del risparmio da parte dei consumatori, per la paura di ulteriori aumenti dei costi energetici. Questo ha creato danni al mercato della bresaola» conclude. «Da una parte c’è stato un azzeramento dei margini per continuare a presidiare le posizioni, dall’altra si sono ridotti i ricavi. Fortunatamente, questo inizio 2023 è stato caratterizzato da un andamento migliore rispetto all’anno scorso, il che ci fa ben sperare».
Massimiliano Rella
>> Link: www.paganoni.com
In foto Bresaola della Valtellina IGP e Bresaola di Wagyu firmate Paganoni
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