«La colonizzazione dei Romani e la fusione con le popolazioni retiche ha dato vita alla nostra cultura, quella ladina. Sappiamo che il nostro mondo termina a San Lorenzo di Sebato, in Val Pusteria» spiega Ulriche Ties, titolare e cuoca di Tlò Plazores. È a 1600 metri d’altezza, a pochi chilometri dal suo ristorante, ed è cresciuta in una famiglia che, possedendo un maso, si è da sempre dedicata all’accoglienza dei turisti. Ha insegnato integrazione culturale per qualche anno e nel 2000 ha aperto il ristorante con il marito, Roman Rubatscher. Il menu: in ladino. Il Plazores è nel cuore del comune di Marebbe, famoso per la sua scuola di sci invernale così come per la spiaggetta estiva, sul torrente. La casa è una costruzione storica, all’esterno affiancata da un recinto di animali e da un piccolo parco, dentro strutturata in antiche e bellissime Stube dove si mangia quando fuori non si può o non si vuole stare.
«La cucina è umiltà e ricerca continua di crescita. Mente o non ha ben chiare le idee chi la utilizza come un campo militare o per mettersi in mostra. Forse sarà l’aria stessa della cucina che rende nervosi costoro? Da parte mia non voglio raccontare barzellette, ma trasmettere la reale vita di questa montagna». Anche per queste affermazioni ci si innamora del suo sguardo felpato, rispettoso, universale.
Il grande rispetto che queste popolazioni montane hanno nei confronti della terra passa per le due specifiche definizioni che hanno per contadino, paur, e per chi lavora la terra, bacan. Distinzioni non da poco a ben guardare. Ulriche e Roman si occupano anche del bestiame, allevato nel maso a due passi: «Abbiamo fatto un meraviglioso hotel a cinque stelle per le nostre mucche, le pecore e gli asini». Gli animali qui godono del massimo rispetto, vivono solo esperienze positive, trascorrono le loro giornate anche psicologicamente bene. Basta guardare come si scambiano gli affetti con i loro padroni. Rispetto per la vita. Anche per questo in cucina si creano piatti con tutte le parti degli animali. «Sono affezionata ai buoi, di razza Tuxer, e mi trovo obbligata moralmente a convincere i clienti che tutta la carne è ugualmente gustosa. Si tratta di comunicare con l’animale anche quando è stato soppresso».
E così tra brasati, gulasch e lunghe frollature e lunghe cotture le carni spiccano per virtù e intensità. Il menu si divide in tre sulla base della provenienza dei prodotti fondanti della preparazione: km 0, se allevati nel maso, 33 km, se provenienti dalle valli altoatesine limitrofe, 99 km per quelle pietanze i cui ingredienti arrivano dal Trentino o dal Tirolo austriaco. Quando è possibile si preparano i canederli, serviti in brodo con levistico, elaborati con fegato di bue con pane, latte, burro, strutto, aglio, maggiorana e uovo, Balotes da fié tla jopa. Il carpaccio di bue viene salmistrato per una settimana, massaggiato ogni due giorni con timo, salvia, pepe, semi di coriandolo e sale. Messo sottovuoto, è servito con frutti di bosco freschi. C’è poi il rotolo di maiale: fesa ripiena di pasta di canederli, rosolato e passato poi in forno a 80 gradi. L’antica cucina del recupero è rappresentata dal Greaschtl de bó: patate bollite e tranci di bue saltati con alloro e maggiorana serviti infine con il fondo bruno.
Tra i salumi spicca il Baurnespeck, ottenuto dalla decina di maiali allevati per anno e macellati a circa 200 kg. Le diverse parti del suino stanno per almeno 21 giorni a contatto con una mistura di erbe preparata in casa con alloro, rosmarino, pepe, ginepro e sale. Un’affumicatura misurata, con la combustione di legna di abete e ginepro, li predispone alla stagionatura che avviene nella cantina sotto il ristorante, un antro nella nuda pietra dove temperatura e umidità risultano ideali per la conservazione dei vari tagli.
Si possono assaggiare in una pantagruelica portata Sciömiés de Roman, assieme a salsicce di porco, di agnello e lonza di maiale. I piatti raccontano però anche di erbe, raccolte e lavorate in mille modi. Zuppe, innanzitutto, Jopa da erbes. Si possono sempre provare i Cancí checi: dall’involucro di pasta di patate custodiscono il ripieno di ricotta e spinaci selvatici o ortiche e vengono fritti; la Vigilia di Pasqua e a Pentecoste si possono trovare i Cajincí arestîs, mezzelune di pasta di patate ripiene di spinaci.
Anche i dolci parlano ladino. Ai Puncerli (piccoli ravioli dolci ripieni di ricotta, fritti e conditi con semi di papavero e confettura di mirtilli) fanno eco le Ciotte fej la desfaronza (panna cotta alla ricotta con frutti di bosco). Un paradiso per chi si emoziona ancora per le delizie semplici. E ogni venerdì, da metà luglio a fine agosto, i prodotti di Tlò plazores e degli altri contadini di San Vigilio di Marebbe sono disponibili al marcé dai paurs.
Riccardo Lagorio
Tlò Plazores – Osteria Plazores
Via Plazores 14
39030 San Vigilio di Marebbe (BZ)
Telefono: 0474 506168
E-mail: info@plazores.com
Web: www.plazores.com
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