Fin dai tempi più antichi l’uomo ha cercato di conservare le carni con l’essiccamento, l’affumicazione, la salagione e mettendo carni e grasso tritati e sangue in budelli animali ha creato cibi da mangiare cotti. Omero, nel 725-675 a.C., nel XX canto dell’Odissea, descrive Ulisse nella reggia di Itaca mentre pensa a come aggredire i Proci: “Come quando un uomo volta e rivolta sulla fiamma ardente una salsiccia piena di grasso e di sangue, impaziente che sia presto arrostita, così da una parte all’altra si volgeva Ulisse e meditava...”. Certamente si trattava di salsicce preparate con carni e grasso tritati con un coltello. In tempi successivi, e per avere una grana più fine e un impasto più omogeneo, si iniziò ad usare il mortaio, strumento derivato dall’arte della pittura e della preparazione dei farmaci.
L’uso del mortaio nella preparazione di alimenti è testimoniato già dalla Bibbia. In Numeri, capo XI, v. 8, si legge: “La manna veniva pestata nel mortaio per preparare focacce”. Il suo uso nella lavorazione delle carni si fa invece risalire all’inizio dell’era corrente. Nel Museo Civico Archeologico di Bologna, nella Stele del Mortarium (fine I sec. a.C. / inizio I sec. d.C.) è raffigurato un recipiente a tre piedi di forma troncoconica, con tre cerchi ed una maniglia, da cui spunta un oggetto simile ad un bastone cilindrico di legno, sormontato da una maniglietta che fa pensare a un mortarium, cioè un mortaio di uso domestico, con un pistillum, un pestello, utilizzati per produrre gli insaccati suini, in quanto la stele fa parte di un ciclo raffigurante i diversi momenti di un’officina o di un mestiere nel quale sono presenti maiali.
II nome mortaio arriva a noi attraverso il latino volgare mortarjius, che si rifà ad un più antico mortare, dal verbo ittita mark, fare in parti. All’uso del mortaio per tritare carni e grasso e/o spezie come il mirto e ricavarne una finissima miscela da insaccare in vesciche da cuocere al calore secco di un camino si fa risalire la mortadella e altri salumi con denominazione simile. Ma il mortaio è usato anche per ottenere salumi da cuocere di più piccola dimensione come il cervellato di Milano (insaccato in cui lo strutto colorato con zafferano e aromatizzato con spezie è il componente principale) e i würstel.
Würstel uno e plurimo
Würstel è il termine utilizzato in italiano per gli insaccati parzialmente bolliti e affumicati tipici della Germania, Austria e Trentino-Alto Adige. Quello più diffuso in Italia corrisponde alla salsiccia di Vienna (Wiener Würstchen) con diverse varianti che riguardano soprattutto il tipo di carne usata: suina, bovina, pollo, tacchino e, non ultimi, anche “vegani” composti da vegetali e legumi al gusto di würstel. La carne di diverso tipo e taglio, anche carne separata meccanicamente (CSM) o carne recuperata meccanicamente (CRM) di residui di carne dalle ossa di suino o carcasse di pollame usando mezzi fisici, e le interiora, come per i würstel di fegato, sono sottoposte a una minuta macinazione, simile a quella che si ottiene con il mortaio, insieme a grasso di maiale, aromi, additivi e ad un’alta percentuale di acqua o ghiaccio. Questa emulsione è insaccata e cotta in forni a vapore. Come involucro si utilizza budello naturale o artificiale che nei würstel senza pelle è tolto prima di essere confezionati per la vendita.
Un’emulsione particolare con alta digeribilità
Nei würstel la carne è ridotta ad un’emulsione e poi trattata al calore con modifiche studiate da Aldo Di Luccia e collaboratori1. In particolare i würstel sono caratterizzati da un’abbondante frazione proteica insolubile con la presenza delle catene leggere di tropomiosina e miosina. Inoltre, i sistemi di aggregazione proteica delle emulsioni proteiche dei würstel riflettono le condizioni di lavorazione e sono caratterizzati principalmente da legami interproteici covalenti. L’emulsificazione delle proteine e la loro cottura nei würstel provoca quindi modificazioni simili a quelle della lunga stagionatura dei prosciutti e quindi un’alta digeribilità. In modo molto evidente queste particolari caratteristiche non possono essere presenti nei cosiddetti würstel vegani.
Pastorizzazione
L’ultima fase del processo produttivo dei würstel prevede la cottura seguita dall’eventuale affumicamento del prodotto. Seguono raffreddamento, pulizia e confezionamento per la vendita al dettaglio. Più frequentemente il processo di produzione prevede anche una pastorizzazione, con il riscaldamento sopra i 70 °C di 15 minuti, necessario per neutralizzare i germi che si trovano sulla superficie dei würstel dalle fasi di pelatura e confezionamento. Gli impasti di carne che sono utilizzati per la realizzazione dei würstel sono molto esposti allo sviluppo di colonie di batteri, soprattutto se le condizioni di cottura non sono state adeguate alla neutralizzazione della carica microbica e per questo è necessaria una loro cottura prima del consumo, al fine di evitare infezioni alimentari.
Rischio Listeria
Della numerosa famiglia di batteri Listeria, la Listeria monocytogenes provoca una malattia chiamata listeriosi solitamente per consumo di cibi contaminati. Nel 2017 i casi nell’UE sono stati circa 2.400 e in Italia (2019) 202, con un’incidenza di 0,33 casi per centomila abitanti. La cottura a temperature superiori a 65° C uccide la Listeria che può contaminare i cibi dopo la loro produzione.
Se durante la conservazione dei cibi vi è una contaminazione, le listerie possono facilmente moltiplicarsi perché, a differenza di altri batteri, tollerano gli alimenti salati e si moltiplicano anche alle basse temperature di frigorifero. Per questo motivo la Listeria monocytogenes può essere presente in molti alimenti tra cui pesce affumicato, carni, formaggi in particolare a pasta molle e ortaggi crudi.
La prevenzione della listeriosi si basa su buone pratiche di fabbricazione, un controllo della temperatura lungo tutta la catena di produzione, distribuzione e conservazione degli alimenti, anche in ambiente domestico. Ai consumatori anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) consiglia di refrigerare gli alimenti a temperature inferiori ai 5° C, raccomandando soprattutto che i würstel prima del consumo siano cotti tramite bollitura, in forno, su griglia o microonde.
Würstel diversi in tavola
In Francia si dice che Charles De Gaulle (1890-1970) abbia esclamato: come si può governare un Paese che ha 246 tipi di formaggio? In modo analogo i Tedeschi potrebbero chiedersi: come si fa a governare un Paese che vanta 1.500 tipi di würstel? Questa diversità riguarda anche il contenuto, per cui in Germania vi è il detto che qualcuno potrà arrivare a dimostrare l’esistenza di Dio, ma non potrà mai sapere che cosa è contenuto in un würstel.
In Italia la varietà di würstel è molto inferiore e si limita prevalentemente al tipo di carne usata. Negli Stati Uniti i würstel sono venduti caldi in bancarelle assieme a un panino e salse (senape, ketchup, maionese o salsa al curry) questo panino viene chiamato hot dog (“cane caldo”). Molto diffuso è anche il consumo casalingo dopo cottura su piastra, griglia o bollitura, tal quali o come spiedini, serviti accompagnati da patatine fritte o verdure a foglia verde.
Giovanni Ballarini
Nota
1. Di Luccia A., La Gatta B., Nicastro A., Petrella G., Lamacchia C., Picariello G. (2015), Protein modifications in cooked pork products investigated by a proteomic approach, Food Chem., 1, 172, 447-455 pp.
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