Un viaggio in Extremadura (Estremadura in lingua italiana) all’insegna dei sapori, in quella comunità autonoma della Spagna sud-occidentale al confine del Portogallo, terra di un prosciutto “spaziale”, l’Ibérico de Bellota, impropriamente chiamato Patanegra. Dal sapore ineguagliabile, quella velatura di grasso nobile che rende le fette ricche di sapore e note selvatiche di sottobosco, addolcite dalla stagionatura. Un’arte tramandata nei secoli che possiamo “approfondire” con un’infarinata culturale nel piccolo Museo del Jamón (www.museodeljamondemonesterio.com), nel villaggio di Monesterio, a sud di Badajoz, un percorso interattivo per conoscere la razza, le attrezzature di macellazione e taglio al servizio dei maestri cortadores, e poi con una dimostrazione “pratica” nel vicino ristorante Rinconcillo (www.restauranterinconcillo.com), tra sauté di porcini, Jamón ibérico e altri piatti di “cucina della Dehesa”.
La Dehesa è il contesto naturale, l’habitat in cui si alimentano di ghiande e radici i suini grigi autoctoni dalle cui carni nasce appunto l’Ibérico de Bellota: una vasta distesa pianeggiante e di basse colline tappezzate di lecci, sugheri e macchia mediterranea dove gli animali grufolano in libertà, di pianta in pianta. Ne ammiriamo un pezzetto dalla rocca su cui sorge il Castello di Montànchez, dopo una salita impegnativa, ma il ritorno è una volata verso un noto prosciuttificio, per fare un altro po’ di “pratica”. La Cantina Jamones Casa Bautista (www.jamonescasabautista.com), uno sfoggio di cosci appesi in stagionatura e a due passi il negozio con banco di specialità da peccato capitale: prosciutti, lomo (sorta di lonza), morcón, chorizo (salumi con paprika) e salchichón, tutti preparati con carne di Ibérico. Dove anche il taglio è artigianato puro, da fare a mano con un particolare coltello: nel caso del Jamón Ibérico il risultato sono “fette” e ritagli di diversa lunghezza e spessore.
Dopo il giro dei prosciutti andiamo alla scoperta di altre bontà e bellezze dell’Estremadura, regione ricca di contrasti, fortezze arabe, borghi medievali e sullo sfondo una natura incontaminata, con cervi e cavalli che spuntano dalla boscaglia, grifoni che volteggiano sui picchi rocciosi del Salto del Gitano, nel Parco nazionale di Monfragüe, attraversato dal fiume Tajo. La prima tappa è Cáceres, cittadina medievale con un centro storico Unesco, dove trascorriamo qualche ora da turisti prima di accomodarci alla buona tavola del Ristorante del Parador (paradores.es), come è chiamata la rete nazionale di alberghi e B&B pubblici in strutture d’epoca salvate dall’abbandono: palazzi, conventi, ex case nobiliari, un patrimonio architettonico e artistico recuperato a fini dell’ospitalità, dell’accoglienza e della gastronomia. E poi a Zarza de Granadilla dove assaporiamo i piatti del Versátil (versatilrural.com), ristorante stellato dei tre fratelli Hernandez Talavan: Jose e David tra sala e cantina, ai fornelli il giovane chef Alejandro. Il locale propone una bella carta dei vini spagnola e piatti creativi come l’Acciuga marinata, con mojo di peperone, patata violetta, pomodoro confit e cipollotto o il Filetto di manzo dell’Estremadura arrostito al carbone, con gambi di bietola stufati, clorofilla delle sue foglie e riduzione del loro succo.
Troviamo anche il tempo anche per una pedalata sulla nuova Green Way, percorso ciclabile nella Valle dell’Ambroz che segue l’antica linea ferroviaria da Plasencia a Béjar, 70 km di facile percorribilità.
La sosta gourmet si fa al Cafe-Restaurante Vía de la Plata, un ex magazzino della stazione dismessa di Hervás (anche ostello; telefono: +34 61 1129521), dove, all’aperto, accanto ai binari inutilizzati, la giovane Eva serve ottimi spuntini tipici: le immancabili Mijas, molliche di pane fritto nel lardo con pezzetti di chorizo, taglieri di formaggi e un curioso piatto locale, le Patatas en escabeche, fatte a fette, intinte in una pastella di uovo e farina, fritte e poi messe a bagnomaria in aceto per qualche giorno.
L’itinerario si conclude a Zafra, piccolo centro medievale ai piedi della Sierra di Castellar, un reticolo di vicoli che si ricongiunge in plaza Grande, luogo di movida, tapas e aperitivi. Per la cena si punta dritti al Parador di Zafra (paradores.es/es/parador-de-zafra), un bel 5 stelle con ristorante gourmet nell’atrio della roccaforte d’origine araba. A tavola cucina spagnola rivisitata in stile moderno. Si comincia con un’insalata di peperoni arrosto, ventresca di tonno e uovo di Corral. Si prosegue con un controfiletto di Ibérico alla griglia, salsa di formaggio e tortino di patate dolci. In chiusura torta di formaggio di Las Villuercas e sorbetto al mandarino.
E naturalmente non può mancare un po’ di shopping goloso, proprio alle spalle del Parador, nel negozio Iberllota (iberllota.com). Dolci, olio evo, formaggi, su tutti la cremosa Torta del casar, fatta con latte di pecore Merino e Entrefina, sapore deciso e intenso, dal cuore quasi liquido, e quindi da imbarcare in stiva, altrimenti non passa i controlli aeroportuali. E l’immancabile, il superbo, l’inconfondibile, Jamón Ibérico de Bellota, che anche da solo vale il viaggio.
Massimiliano Rella
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