La pasta è un cibo tradizionale italiano popolare in tutto il mondo per la sua convenienza, versatilità, valore sensoriale e nutrizionale. Per sapore, colore, composizione e proprietà reologiche la semola di grano duro è la migliore materia prima per la produzione di pasta e, sebbene la pasta sia composta da soli due ingredienti, semola e acqua, la qualità sensoriale e le caratteristiche chimico/fisiche del prodotto finale possono variare notevolmente, perché molti eventi diversi in ogni fase della produzione portano allo sviluppo di varietà di pasta con caratteristiche diverse, partendo dalle materie prime (semola e acqua), formato, tipo di trafilatura (bronzo o teflon), condizioni di temperatura e umidità, durata della essiccazione e altre condizioni operative.
Glutine e qualità della pasta
La principale caratteristica della semola di grano duro è il suo contenuto in glutine, un complesso proteico tipico di alcuni cereali insolubile in ambiente acquoso e composto da due proteine, la prolammina o gliadina nel frumento e la glutenina. La gliadina nel frumento è anche responsabile dei principali fenomeni di reazioni avverse nelle persone allergiche. Il glutine conferisce agli impasti viscosità, elasticità e coesione e interferisce sulla lievitazione del prodotto, per cui il glutine, per il suo comportamento viscoelastico, è responsabile delle caratteristiche della pasta. La lavorazione della pasta sviluppa e imposta la rete proteica del glutine che si aggrega con il calore e con reazioni chimiche. Il glutine determina anche le caratteristiche di cottura, le sensazioni percepite durante la masticazione e il gusto stesso. La pasta può avere la stessa forma ma ha una microstruttura molto diversa nei prodotti contenenti o no glutine, con diversità che si manifestano sui tempi di cottura, tessitura dell’impasto (collosità, durezza ecc…), comportamento masticatorio e degradazione strutturale durante la masticazione. In presenza di glutine la pasta mantiene la sua consistenza “al dente”.
Glutine e celiachia
Il mercato dei prodotti gluten free (senza glutine) è in continuo aumento. Prima erano le farmacie, ora sono i supermercati che partecipano a questa crescita di vendite ad alto prezzo. Una tendenza che sembra inarrestabile e, se non guidata, almeno favorita dai personaggi che dicono di seguire un’alimentazione senza glutine. Di pari passo sulle scansie delle librerie sono in crescita i libri che spiegano come vivere e dimagrire eliminando il glutine. E così, nei supermercati la dizione gluten free compare anche su confezioni di alimenti che non dovrebbero mai contenerlo, perché “senza glutine”, come altri “senza”, oggi sembra la parola magica per vendere. Lontanissimi e dimenticati dai più sono i tempi nei quali le panetterie avevano insegne o cartelli che pubblicizzavano le pastine glutinate, preparate secondo un’idea di Giovanni Buitoni nel 1847. Dalla fine di quel secolo arrivando a metà del 1900 la pastina glutinata, una pasta alla quale è aggiunto il 15% in peso di glutine secco, entra nelle case degli Italiani come “il miglior alimento per bambini, ammalati e convalescenti, prodotto di regime per obesi, gottosi, uricemici e diabetici” e con pubblicità che dicono “Il latte materno non basta più, ora ci vuole la pastina glutinata!”, “Il profitto a scuola dipende dalla buona salute. La buona salute si difende con la pastina glutinata”.
Proporre oggi un alimento che vanta l’aggiunta di glutine, come peraltro di sale o di zucchero, sarebbe come decantare l’aggiunta di un “veleno”. Tutto questo perché, nella seconda metà del secolo scorso, è stata scoperta la celiachia, malattia sulla quale si è però fatta e continua a mantenersi una grande confusione.
La celiachia è una malattia causata dal glutine dei cereali, condizionata da una predisposizione genetica e di cui si hanno tracce preistoriche. È definita dalla presenza di lesioni intestinali provocate dall’attacco autoimmune dell’organismo al glutine, con presenza di determinati anticorpi nel sangue. A parte i sintomi che possono anche non esserci o essere molto lievi, solo se ci sono le lesioni e gli anticorpi si può parlare di celiachia. La malattia pare abbastanza rara e comunque non interessa più dell’1% della popolazione mondiale, mentre in Italia, nelle diverse regioni si varia dal 2,5% dell’Abruzzo al 17% della Lombardia, per un totale di oltre 150.000 persone. Ma saranno tutti casi veri di celiachia? Accanto alla celiachia vera e propria esistono infatti altre condizioni che si possono confondere con questa malattia. Riconosciute dalla medicina vi è l’allergia ad altre componenti (non al glutine) del frumento ed esiste la Sindrome del colon irritabile che non ha niente a che fare col frumento.
La celiachia vera pare però in aumento e i motivi sono indubbiamente diversi. Innanzitutto una malattia esiste se la si conosce e la si diagnostica. Altre condizioni favorenti l’aumento dei casi di celiachia sono la completa scomparsa dei parassiti intestinali, l’uso di alimentarsi con paste poco cotte e, soprattutto, il consumo di pane non più ottenuto con lievito madre, che con la sua acidità sembra ridurre l’attività sensibilizzante del glutine. La quantità di glutine dei grani non pare comunque in questione. Un fatto incontrovertibile è che se il glutine è un nemico dei celiaci veri, una minoranza, fortunatamente, la stragrande maggioranza delle persone che segue una dieta senza glutine non soffre di questa malattia, ma di altri disturbi: ad esempio, una certa percentuale di persone ha difficoltà a digerire il glutine della pasta “al dente” o del pane ottenuto con una rapida fermentazione non acida con lievito di birra, con la conseguenza di fermentazioni nel grosso intestino.
Diffusione degli alimenti senza glutine
Indubbio è il successo commerciale dei prodotti senza glutine e tra questi delle paste. Senza negare l’esistenza e/o l’importanza della celiachia vera e propria e avvalorando la non colpevolezza delle graminacee, ma a come le loro farine sono trasformate in pane e cotte come pasta, il boom dei prodotti “senza glutine” è prevalentemente di tipo mediatico e commerciale. Non bisogna dimenticare che il prezzo di un prodotto “senza glutine” è sempre nettamente superiore al corrispettivo alimento normale, senza reali e giustificate motivazioni tecnologiche, ma di altra natura.
In Italia, i prodotti senza glutine sono considerati alimenti dietoterapeutici sovvenzionati dal Servizio Sanitario nazionale, con la conseguenza che, pagando lo Stato, il prezzo di questi prodotti rimane alto e all’aumentare del numero delle diagnosi, e quindi dei celiaci, il loro prezzo, anziché scendere come succederebbe per quelli di libero mercato, rimane costante, anzi tende ad aumentare…
Per tutti i prodotti alimentari per cui sia stata attestata l’idoneità al consumo da parte di celiaci l’Associazione Italiana Celiachia ha registrato un marchio a tutela dei consumatori: la spiga sbarrata (www.celiachia.it). Il simbolo, di proprietà dell’associazione, viene concesso ai prodotti che abbiano contenuto di glutine inferiore alle 20 ppm, secondo quanto indicato dall’associazione e dal Ministero della Salute. Anche prodotti non italiani possono ottenere il simbolo concesso dalle varie associazioni per i rispettivi territori di competenza, ma le modalità di certificazione sono diverse. In alcuni Paesi la spiga certifica un contenuto in glutine di 20 ppm, in altri si possono raggiungere anche le 100 ppm.
Pasta senza glutine
Per produrre la pasta senza glutine si utilizzano farine diverse da quella di grano duro come ad esempio quella di mais o altri cereali o farine di grani classificati come quasi-cereali, ricchi di carboidrati (60-70%), proteine (14-18%) e fibre (10-15%): amaranto, quinoa, grano saraceno, miglio, sorgo, mais. L’avena è priva di glutine, ma nelle preparazioni industriali risulta spesso contaminata da cereali contenenti glutine, quindi occorre cercare l’indicazione aggiuntiva “avena senza glutine”. Altre scelte senza glutine per produrre la pasta riso, tapioca, soia, lupino e componenti proteici (latte scremato o siero di latte in polvere, uova, concentrati o isolati proteici di soia, lupino e piselli).
Nella produzione della pasta molti produttori utilizzano farina di mais bianco al posto di quella tradizionale ma la consistenza della pasta, soprattutto con cotture non prolungate, risulta diversa da quella tradizionale. Vi sono anche produttori che preferiscono utilizzare una mistura che comprende sempre farina di mais, alla quale sono aggiunti in percentuale variabile amido di patate o di mais, patate liofilizzate e una sfarinata di altri cereali che non contengono in alcuna percentuale glutine. Anche in questo caso il risultato è piuttosto diverso da quello della pasta originale.
La crescente domanda di prodotti alimentari senza glutine da parte dei consumatori ha spinto i tecnologi alimentari a studiare una vasta gamma di ingredienti provenienti da diverse fonti per riprodurre la struttura di rete proteica sviluppata dal glutine nella pasta e che ne determina le caratteristiche e, negli ultimi tempi, l’attenzione si è concentrata soprattutto sulle farine di legumi. L’interesse per questa categoria di farine è principalmente attribuito alle loro proprietà funzionali, come la solubilità e la capacità di legare l’acqua, che svolgono un ruolo importante nella formulazione e lavorazione degli alimenti senza glutine e sulle loro caratteristiche. Il profilo nutrizionale di queste farine è importante perché rappresentano una preziosa fonte di proteine, fibre alimentari, vitamine, minerali e carboidrati complessi, che a loro volta hanno un impatto positivo sulla salute umana.
Giovanni Ballarini
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