Estate, tempo di riposo e riflessioni. Immaginate una serata in oliveto, un filo di lucine sospese tra albero e albero, una carezza di quel vento leggero che viene dal mare, un calice e qualche amico di quelli giusti. Si parla della stagione appena trascorsa, della prossima, resoconti, aspettative, passato e futuro. Ma soprattutto presente.
Una bruschetta croccante con un filo di quell’extravergine oggetto e soggetto del nostro discutere, il secondo calice, e si va a ruota libera.
Il male dell’olio extravergine italiano è la Xylella. No, il male dell’olio extravergine italiano è la Grande Distribuzione con prodotti di scarsa qualità a prezzi esagerati. Non credo, il male sono i premi e le guide, autoreferenziati e autoreferenzianti.
E che mi dici degli assaggiatori accondiscendenti? E le alluvioni e la siccità? E la Spagna che ha azzerato l’IVA? E tu, chef, che ne pensi?
Per fortuna mi ero addormentato. E ho continuato la conversazione solo e soltanto nella mia testa, tra le braccia di Morfeo.
Complice la brezza dal tenue profumo di salsedine e il brusio degli astanti, ho iniziato a ripercorrere i miei ultimi cinque anni da quando la professione di cuoco ha intersecato l’olio extravergine di oliva attraverso il corso di Sommelier dell’olio FIS, unendo inscindibilmente le due passioni. Da lì studio continuo, approfondimenti, specializzazioni, visite ad aziende agricole, frantoi, oleoturismo, e poi assaggi, tanti assaggi (a chi mi segue sui social saranno andati anche a noia, ma se soltanto in uno di loro è scattata la curiosità di emularmi, abbiamo vinto tutti), criteri di abbinamento con i miei piatti, ma, soprattutto, racconti, divulgazione (quella vera), per presa visione personale, palato e naso inclusi e per voce dei produttori.
Ma in questi cinque anni il tempo è passato per tutti, anche per gli altri e di conseguenza per tutto il “movimento”, modificandolo.
L’olio extravergine tira e fa moda. Ergo si moltiplicano premi, guide, riconoscimenti, eventi, comunicatori competenti (pochi), pontificatori (tanti), influencer, TikToker con relativi balletti urlati, testimonial che si attaccano alla bottiglia e bevono dal tappo antirabbocco un prodotto di grande qualità come se fossero muratori assetati in canotta e cappello di carta sul terrazzo a dare di guaina rovente…
Io ho il mio personalissimo metodo di approccio e selezione nei confronti di questo nuovo mondo. Una semplice domanda: ”Ma tu, esattamente, che lavoro fai?”. Il produttore vero, il frantoiano vero, il dottore agronomo e forestale vero, il giornalista enogastronomico vero, il giornalista medico-scientifico vero, l’assaggiatore vero, il capopanel vero, il cuoco vero, il sommelier vero, e poco altro. Tutto il resto mi fa un po’ sorridere.
Mentre ci si chiede come sia andata l’ultima campagna olearia, si pensa già alla prossima. Stato di salute degli alberi, clima, mignolatura, allegagione, raccolta, e poi stato dei frantoi, scorte disponibili, valore, prezzo.
Ecco, il mio doloroso cruccio: valore e prezzo. Che detta così sembrano la stessa cosa, ma vi garantisco che non lo sono, soprattutto nella testa di chi pensa che un mero condimento, una mera base nella quale far sguazzare sedano, carota e cipolla non possa costare almeno 15 euro al litro.
È difficile. E allora dipende da noi operatori, che prima di esserlo siamo stati semplici fruitori. E che prima di esserlo di extravergine di qualità coi loro profumi, sentori, sapori e aromi, abbiamo assaggiato anche quello così così che comprava mamma.
Io faccio in questo modo: non perdo occasione per farlo assaggiare ai miei amici, ai colleghi cuochi, al mondo che mi circonda. Poi mi dedico a ricette di piatti diversi ponendo l’attenzione su quanto un extravergine con determinate caratteristiche esalti una pietanza o quanto non sia indicato per un’altra, alla quale preferirei in abbinamento qualcosa di più delicato o più deciso, a seconda. Intanto racconto la storia di quel produttore, il territorio, l’evoluzione dell’azienda dai primordi al frantoio di nuova generazione. La raccolta anticipata atta ad esaltare le note polifenoliche che ci regalano profumi e salute nonostante abbassi le rese.
Quel corso di Sommelier dell’olio FIS del 2019 mi ha cambiato la vita (a proposito, a settembre celebreremo i 5 anni con una serata molto bella, seguitemi su Insta e fb, e ne saprete di più). Ma mi ritengo ancora ospite, spero gradito, di un mondo che va approcciato con rispetto e che con altrettanto rispetto per gli attori veri va raccontato e divulgato.
Godetevi le vostre vacanze e i vostri viaggi estivi, andate nelle aziende e nei frantoi, assaggiate gli extravergine autoctoni realizzati con le Cultivar del posto, parlate con i produttori, ascoltateli.
Io sto per svegliarmi, e la voglia di portare avanti i miei progetti congiuntamente a crearne dei nuovi è sempre più forte. Che questo nostro mondo EVO, al netto della fuffa, è sempre meravigliosamente interessante. Buona estate dal vostro Chef dell’olio.
Fabrizio Bertucci
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