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Turismo enogastronomico

Tartufo nero piemontese

of Rella M.


Lo scorso inverno, a Bit Milano, la principale fiera del turismo italiana, è stato presentato un nuovo progetto di valorizzazione del tartufo nero in Piemonte, che prevede eventi, formazione professionale, corsi di analisi sensoriale e attività di comunicazione. Il sodalizio unisce tre territori della Regione Piemonte sotto il denominatore comune del tartufo nero: il Monferrato Alessandrino, la prima collina di Torino e il territorio Unesco di Langhe Roero Monferrato. Dietro c’è anche un obiettivo di destagionalizzazione del turismo enogastronomico. Il cuore del progetto, però, riguarda le attività di comunicazione, promozione e formazione sul tartufo nero (nero pregiato e nero estivo o scorzone). Sono previsti anche: una pagina web (in costruzione), che ospiterà webinar formativi, spazi di formazione in stile world café per operatori, ristoratori e studenti di accademie alberghiere, sessioni di analisi sensoriali e degustazioni di tartufo nero all’estero e sui territori coinvolti, e tour sul territorio riservati alla stampa.
Tra i rappresentanti più qualificati di questo lembo di Piemonte c’è Atam, l’Associazione Trifulau Astigiani e Monferrini fondata nel 1980, oggi con 100 soci, guidata dal presidente Piero Botto, che è anche vicepresidente del Centro Nazionale Studi del Tartufo di Alba (CN). Lo scopo dell’associazione è di promuovere il territorio e l’ampliamento e il buon mantenimento delle tartufaie. In primavera i soci, ad esempio, distribuiscono e piantumano pioppi e tigli e fanno la pulizia delle tartufaie. «Sono presenti tartufi in tutti i comuni astigiani e sono il bianco pregiato, il bianchetto, il nero pregiato e lo scorzone» ci spiega Botto a margine di una dimostrazione di cerca con un cane lagotto.
Nei noccioleti si trova il nero, poco apprezzato, usato anche per addestrare i cani e nell’industria della pasta e dell’olio come aromatizzante. La stagione del bianco comincia invece il 1o ottobre e prosegue fino al 31 gennaio; quella del nero pregiato dal 15 dicembre a fine febbraio; lo scorzone da giugno ad agosto. Ci sono però due fermi biologici, a maggio e settembre. Nel 2023 si è comunque registrata una bassa produzione per la scarsità di piogge.
Ma come funziona il mercato del tartufo localmente? Ogni mercoledì la Camera di Commercio di Asti pubblica i prezzi del borsino del bianco pregiato e il mercato, molto riservatamente, anche per non rivelare dove sono trovati i tartufi ai cercatori concorrenti, si svolge in piazza Statuto. È un mercato di basso profilo, senza bancarelle. In tutta la provincia, comunque, ogni giorno c’è un mercatino del tartufo: il lunedì a San Damiano d’Asti, il martedì a Canelli, il mercoledì ad Asti, il giovedì a Moncalvo, il venerdì a Nizza Monferrato, il sabato di nuovo ad Asti, la domenica a Nizza.
Ma vediamo quali sono le principali caratteristiche nel nero pregiato (Tuber Melanosporum Vitt.), un tartufo di forma globosa, a volte lobata, con peridio bruno-nero e verruche depresse all’apice. La gleba è di colore bruno o nero rossastro, solcata da venature chiare e sottili, molto ramificate. La dimensione può raggiungere e superare quella di una grossa mela. Viene raccolto durante tutto il periodo invernale e in particolare nei primi mesi dell’anno, specialmente sotto querce, noccioli e carpini neri. Di questo tartufo, considerato il più pregiato tra i neri, è possibile la coltivazione in tartufaia. Qui, per permettere la formazione di nuove radichette (che saranno a loro volta micorrizate), è importante che il cercatore rimetta a posto il terreno rimosso per favorire la riproduzione.
E a tavola? «I tartufi considerati minori vanno riscaldati e non tagliati crudi perché l’acidità può disturbare lo stomaco» ci spiega lo chef cercatore Luca Merlino, dell’osteria Vecchia Carrozza di Asti. «I bianchi pregiati si trovano sotto tigli, querce, salici, noccioli, pioppi bianchi e neri. Gli altri sotto le stesse piante, che se fanno il bianco non fanno il nero e viceversa, però un bianco può virare al nero».


Testi e foto di Massimiliano Rella



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