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Formaggio

Ragusano DOP

of Manicardi N.


È uno dei formaggi più antichi della Sicilia. Di nicchia, poiché prodotto in piccole quantità ed esclusivamente sull’altopiano ibleo, la zona montuosa fra Ragusa e Siracusa, nei territori dei comuni di Acate, Chiaramonte Gulfi, Comiso, Giarratana, Ispica, Modica, Monterosso Almo, Pozzallo, Ragusa, Santa Croce Camerina, Scicli e Vittoria, in provincia di Ragusa, e Noto, Palazzolo Acreide e Rosolini in provincia di Siracusa.
Storicamente è chiamato Caciocavallo ragusano, in siciliano Cosacavaḍḍu, per l’usanza di asciugarne le forme “a cavaddu”, a cavalcioni, di un asse, o Scaluni, probabilmente in analogia alla sua forma e dimensioni che ricordano quelle di uno scalino o, se vogliamo, di una tavoletta di cioccolato, dato che la crosta — liscia, sottile e compatta—- è di un giallo dorato o paglierino tendente al marrone col protrarsi della stagionatura per i tipi da grattugia. Oggi però è chiamato ufficialmente Ragusano.
È un formaggio semiduro a pasta filata prodotto con latte vaccino crudo da vacche di razza Modicana (presidio Slow Food) utilizzando strumenti tradizionali. Dal sapore dolce e deciso, che a fine stagionatura tende al piccante, è molto utilizzato nella preparazione di piatti tipici ragusani.
L’altopiano calcareo degli Iblei, che occupa il lembo sudorientale dell’isola, là dove digrada verso sud è caratterizzato da pascoli naturali e campi coltivati — delimitati dai caratteristici muretti a secco — che arrivano fino alle dune sabbiose della fascia costiera, ricche di vegetazione spontanea. In quei pascoli aspri, ma dalle abbondanti erbe foraggere, pascolano liberamente le vacche dell’autoctona e molto pregiata razza Modicana, in seguito integrate per la produzione di latte da vacche delle razze Frisona italiana e Bruna italiana che rendono molto di più (quasi il triplo). Attualmente, infatti, gran parte della produzione casearia è conferita all’industria che, nella provincia di Ragusa, presenta le principali strutture operative dell’intera isola per le quali il Ragusano è l’elemento trainante e più qualificante con concomitante necessità di notevoli quote di latte. La razza Modicana risulta così oggi confinata in poche aziende di tipo artigianale a conduzione familiare, che producono modeste quantità di formaggio.
Fin dal XIV secolo il Ragusano è stato oggetto di un fiorente commercio oltre i confini del Regno di Sicilia. Nel 1955 è stato riconosciuto come Prodotto tipico (DPR n. 1269 del 30/10/1955), nel 1995 ha ottenuto la Denominazione di origine (Decreto del 2/5/1995) e nel 1996 ha acquisito il riconoscimento CEE della DOP (Regolamento CEE n. 1263 dell’1/7/1996), perdendo la denominazione storica di “Caciocavallo” (col quale, per altro, non ha mai avuto nulla a che fare).
L’ente certificatore e organismo di controllo è il Consorzio Ricerca Filiera Lattiero Casearia (CoRFiLaC), con sede a Ragusa, designato dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali con Decreto del 13 giugno 2000 quale autorità pubblica incaricata di effettuare i controlli per certificare la conformità ai requisiti del Disciplinare (D 13/06/95) per poter rilasciare la DOP.
Prodotto nel rispetto del Disciplinare di produzione (Provvedimento 29 luglio 2003 del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali), il Ragusano risponde a determinati standard produttivi per cui la sua produzione è limitata alle stagioni foraggere (da novembre a maggio) in cui i pascoli sono particolarmente rigogliosi. La lavorazione avviene rigorosamente a mano e con utensili in legno.
Il procedimento di produzione segue un’antica tradizione attentamente osservata. Innanzitutto si lascia coagulare il latte di una o più mungiture, assecondando lo sviluppo naturale della microflora con il caglio in pasta di capretto o agnello e, in aggiunta, acqua e sale in quantità tale (8 litri per ettolitro di latte) da permettere l’indurimento della pasta in 60/80 minuti.
La cagliata viene ridotta in piccoli pezzi utilizzando un’asta di legno (jarozzu) terminante a disco. La massa caseosa, ottenuta per sedimentazione e separata dal siero, è sottoposta a pressatura per favorirne la spurgatura. La pasta, trattata col liquido risultante dalla lavorazione della ricotta o con acqua a temperatura di circa 80 °C e coperta con un telo per evitare bruschi abbassamenti della temperatura, viene fatta riposare per circa 85 minuti.
Per asciugare la si lascia su appositi supporti per circa 20 ore, dopodiché è tagliata a fette, ricoperta con acqua alla temperatura di circa 80 °C per 8 minuti, quindi lavorata con molta cura fino ad ottenere una forma sferica con la superficie esterna esente da smagliature e saldata ad un polo. Il prodotto viene successivamente modellato e poi raccolto in contenitori in legno detti mastreḍḍi, che danno al Ragusano DOP la sua caratteristica forma di parallelepipedo. Le forme sono calate in salamoia per la salatura. Vi restano da 2 a 8 giorni, a seconda del loro peso.
Il Ragusano è stagionato dai 12 ai 6 mesi all’interno di locali (maizzè) freschi, umidi e ventilati e a volte interrati; non di rado si tratta di cantine e grotte naturali dove, come già si è accennato, i formaggi legati a coppia con funi di lijama o corde di cannu, di zammarra (agave) o di cotone vengono appesi a cavallo di una trave di legno.
Durante la maturazione e la stagionatura si utilizzano, per la pulizia e manipolazione delle forme, impalcature, scaffali e attrezzi in legno o altro materiale, sempre indicati con i suggestivi nomi in dialetto.
A lavorazione ultimata il Ragusano va conservato in frigorifero, coprendo con un panno la parte tagliata.


Nunzia Manicardi



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