Secondo le stime preliminari Istat, nel mese di settembre 2022 l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC), al lordo dei tabacchi, registra un aumento dell’8,9% su base annua (da +8,4% del mese precedente). È necessario risalire a luglio 1983 (quando registrarono una variazione tendenziale del +12,2%) per trovare una crescita dei prezzi del “carrello della spesa”, su base annua, superiore a quella di settembre 2022 (+11,1%).
Se finora si poteva parlare di scarsa propensione degli Italiani al risparmio nell’acquisto di beni alimentari, da settembre la situazione comincia a farsi più pesante: la continua corsa dei prezzi causata dall’aumento del costo di energia e delle materie prime ha portato l’inflazione a pesare ancor di più sul bilancio delle famiglie italiane.
Gli Italiani, compressi tra i prezzi che aumentano e i salari che rimangono inchiodati a un +0,8%, vedono scivolare in basso il loro potere d’acquisto e cercano vie d’uscita che impattano anche sull’approvvigionamento alimentare.
Su questo fronte, recenti elaborazioni dell’Istat ribadiscono quantitativamente come l’inflazione trainata da alimentari e prodotti energetici abbia i connotati di una tassa fortemente asimmetrica che colpisce maggiormente le famiglie dal reddito più basso e meno quelle dal reddito più alto.
Il carrello della spesa, secondo i dati dell’Osservatorio sui consumi alimentari Ismea-NielsenIQ, nel periodo cumulato da gennaio a settembre 2022 sta costando agli Italiani il 4,4% in più rispetto allo scorso anno, con dinamiche che si acuiscono nei mesi di agosto e settembre (+10,4%). Tale valore percentuale, inferiore all’inflazione, è frutto della composizione merceologica del carrello della spesa che si modifica in conseguenza proprio delle strategie messe in atto da parte dei consumatori per ridurre l’impatto dell’inflazione.
Gli incrementi della spesa coinvolgono tutto il territorio nazionale, con un’intensità leggermente superiore al Nord, dove superano il 5,3%. Gli incrementi di prezzo al consumo sono frutto non solo dell’aumento dei prezzi dei prodotti agricoli ma, lungo la filiera, si caricano dei vari aumenti che interessano anche gli step intermedi come la logistica e il confezionamento.
In questo senso appare quanto mai interessante il fatto che l’aumento dei prezzi al dettaglio sia più evidente sui prodotti confezionati (+5% vs il +3,2% dello sfuso). Tale dinamica potrebbe influire non poco sul processo di orientamento verso il prodotto confezionato che da anni caratterizza la spesa agroalimentare (Grafico 1).
Tra i canali distributivi il supermercato resta il canale predominante, con il 40% di share e con una performance positiva che, rispetto al pre-Covid, gli fa guadagnare 2 punti percentuali. Il Discount, con il 22% di share, guadagna 4 punti percentuali rispetto al 2019, con fatturati incrementati quasi del 25%. Secondo l’osservatorio sull’inflazione di Nielsen, però, il Discount è anche il canale dove l’inflazione è più alta: sfiora il 20% a inizio ottobre.
Scende il numero di famiglie che per fare acquisti alimentari utilizza il canale digitale, dopo il boom del 2020 e 2021, infatti, la scelta del canale fisico torna a prevalere su quasi un milione di famiglie che nell’anno precedente avevano provato il digitale.
Di fatto, però, gli acquisti attraverso i canali digitali restano superiori dell’80% al periodo pre-Covid, ma sono il 6% in meno le famiglie che lo hanno fatto nel 2022 rispetto al 2021.
Tra le tipologie di famiglie acquirenti sono quelle giovani con figli molto piccoli (le cosiddette new families) ad incontrare le maggiori difficoltà economiche e a dover introdurre strategie di risparmio volte a contenere gli aumenti di spesa e addirittura a contrarla (–13,7% rispetto al pre-Covid). Bollette, baby-sitter, mutui o affitti assorbono buona parte degli stipendi costringendo a rinunce che investono anche l’alimentare (Grafico 2).
Volumi, spesa e prezzi medi nei primi 9 mesi del 2022
Per tutte le categorie, ad eccezione di vino e prodotti ittici, si registra, nei primi nove mesi del 2022, un incremento di spesa rispetto all’analogo periodo dello scorso anno. In evidenza tra tutte le categorie merceologiche quella degli oli e grassi vegetali, per i quali la spesa è cresciuta del 15%, trainata da un aumento dei prezzi degli oli di semi legato alle carenze di offerta dovute al conflitto tra Russia-Ucraina e quella delle bevande analcoliche (+11%), presumibilmente favorita da un’estate molto calda che ne ha favorito i consumi.
Il cibo a cui non si intende rinunciare sembra essere soprattutto quello più sobrio e basico e, qualora si intenda individuare qualche elemento driver italianità e sostenibilità, continuano ad essere considerati elementi di priorità. Dunque, sulle tavole si riducono i cibi etnici e le varie tipologie di “senza” (senza glutine, senza lattosio, senza sale, ecc…) e anche cibi pronti e bio paiono subire una battuta d’arresto.
Infine, il consumo di prodotti a “marca del distributore” raggiunge a settembre il 30% sul totale food inclusi i Discount, mantenendo stabile la crescita di questa categoria.
I prodotti ittici
Per i prodotti ittici, nel complesso, si assiste ad un calo di spesa complessivo del 3,4%, su cui pesa in maniera determinante il calo di acquisti del pesce fresco (–6,9%). A prima vista l’atteggiamento sembra riflettere più un aspetto “percettivo” che una scelta ragionata: nel tentativo di contenere la spesa totale, il pesce sembra che per alcuni consumatori sia stato la “vittima sacrificale”. è infatti l’unica categoria in cui le rinunce in termini di volume hanno determinato una flessione dell’esborso finale. In cedimento non solo il segmento del fresco, ma anche quello dell’affumicato (–0,8%) e del surgelato (–3,6%). Di contro, tiene bene il tonno in scatola, per il quale i volumi venduti sono in ulteriore aumento (+0,8%), con una spesa che aumenta del 5,5%.
Nel segmento del fresco emerge il caso del salmone, sul quale l’incremento del prezzo arriva a toccare il 25% e per il quale i consumatori hanno contratto i volumi nel carrello del 31%. Meno pesanti i rincari sul pesce di allevamento quale l’orata, per la quale, a fronte di un aumento di prezzo del 10%, si è registrata una contrazione dei volumi acquistati del 7,6%.
Nota
Fonte: Report–Acquisti domestici 3/2022, La spesa domestica ai tempi dell'inflazione nei primi 9 mesi del 2022 influenzata dall’inflazione; Ismea – Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare, www.ismeamercati.it
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