Nel 2007, quando venne avvistato il primo granchio blu nella Sacca di Goro, era quasi impossibile prevedere che sarebbe diventato da lì a pochi anni la “specie aliena invasiva” che avrebbe compromesso il delicato ecosistema delle Sacche dell’Alto Adriatico, cibandosi prima di tutte le specie autoctone — come cefali, gamberetti e anguille — e poi, una volta esaurite queste risorse, arrivando a nutrirsi di vongole veraci, cozze e ostriche. Questa impossibilità la si comprende dai dati: dal primo avvistamento alla vendita all’asta di un granchio blu al mercato ittico di Goro bisogna arrivare al 2015, quando furono venduti, in un anno, 9 kg di prodotto; alla fine del 2016 ne erano stati venduti 36 kg, per poi passare ad un 2017 scarso con una vendita di soli 7 kg. Alla fine del 2018 il mercato gioiva perché di granchio blu ne erano state vendute, ad un ottimo prezzo, 23 tonnellate, ai Cinesi, che di questa specie ne andava ghiotta. Nel 2019 i numeri raddoppiano matematicamente, mentre nel 2020/21 le vendite passano da 46 tonnellate a 300/369 tonnellate. Ma è nel 2022 che il mercato ittico registra il dato impressionante di 898 tonnellate.
I dati di quest’anno ancora non sono stati prodotti ma, se si considera che Consorzi e Cooperative delle Sacche — prima di Scardovari e poi di Goro —, si stanno muovendo per salvare gli allevamenti attraverso la richiesta di autorizzazioni eccezionali vuol dire che la situazione è arrivata ad un limite che richiede tempestività. Ne va della salvaguardia di un ecosistema delicatissimo e del sostentamento di migliaia di famiglie che dalla mitilicoltura, dalla piscicoltura e dalla pesca ricavano ogni risorsa.
Incontriamo per questo il direttore generale di Co.Pe.Go. Massimo Genari: sono giorni convulsi, perché tutte le cooperative della Sacca di Goro e delle Valli di Comacchio — unite sotto il coordinamento del CON.UNO, Consorzio Unitario Novellame — si stanno organizzando per ottenere urgentemente da parte del Ministero, di Regione Emilia-Romagna e sindaci vari le autorizzazioni a procedere alla raccolta dei granchi blu e al loro smaltimento come rifiuto speciale della mitilicoltura.
Che ruolo svolge il Consorzio CON.UNO in questo contesto?
«Fondamentale. CON.UNO nasce nel 2020 con lo scopo di gestire la produzione e la raccolta del novellame nella Sacca di Goro e rappresenta circa l’80% di pescatori e molluschicoltori operanti sul territorio, affermandosi — con 54 cooperative consorziate — come uno dei più grandi Consorzi di molluschicoltura d’Europa. Tra i vari compiti di CON.UNO, di cui sono l’attuale presidente, ci sono la gestione delle aree nursery che Regione Emilia-Romagna ha riservato a tutela degli allevamenti, il confezionamento in reti per tutte le cooperative consorziate, la pulizia delle zone di allevamento con la raccolta delle alghe e, da adesso, anche la gestione della raccolta e dello smaltimento di questi granchi blu per tutti i 1700 attori che ci sono in Sacca di Goro con il coordinamento centralizzato per quote cooperative.
In questa fase CON.UNO si sta occupando soprattutto della delicata questione della presentazione delle richieste a procedere alla conversione temporanea delle licenze delle imbarcazioni, da quinta categoria a quarta categoria, per la sola pesca di una specie. Le autorizzazioni da parte del Ministero dovrebbero arrivare tra circa 60 giorni, mentre l’autorizzazione straordinaria alla raccolta negli ambiti di pertinenza del Comune di Goro arriveranno tra un paio di giorni».
Quindi, fino a che non arriva l’autorizzazione da parte del Ministero, della Regione e del sindaco, voi non potete attivarvi?
«No, perché per procedere con la raccolta del granchio blu all’interno delle nostre concessioni ci vuole una licenza di quarta categoria e in Sacca di Goro tutti gli acquacoltori hanno invece una licenza di quinta categoria che consente di allevare, raccogliere e portare a terra i molluschi. Per pescare pesce e raccogliere questo tipo di granchio occorre un altro tipo di licenza, quella di quarta categoria appunto, che nell’intera Sacca di Goro, su circa 1700 attori, solo 100/150 hanno. Quindi il passaggio che CON.UNO sta facendo con la Regione Emilia-Romagna e il Ministero consiste nell’occuparsi di questa parte istituzionale, per poter aumentare il numero di imbarcazioni concentrate nella raccolta senza incappare in sanzioni da parte della capitaneria.
La situazione è molto grave e bisogna intervenire tempestivamente perché alcune delle nostre cooperative — quelle con gli allevamenti più interni alla Sacca di Goro in cui la concentrazione di acqua dolce, fango e alghe ha incentivato lo sviluppo dei branchi — hanno perso il 100% della produzione. E questi sono solo alcuni dei consociati: la maggior parte di noi ha perso il 50, il 60 e anche il 70% dell’allevamento. Che non significa solo perdere il lavoro di quest’anno e fermare l’economia, ma anche perdere il lavoro dei prossimi anni, dato che i granchi blu come prima cosa si nutrono dell’avannotteria e poi di vongole e cozze di dimensioni adulte. Per questo è fondamentale agire in fretta per ridurre i granchi ad un numero tale da non recar danni agli allevamenti e all’intero ecosistema».
È possibile prevedere quanto tempo ci vorrà per la raccolta dei granchi?
«Questo non lo sappiamo, perché non è facile stimare la quantità di granchi che ci possono essere sottacqua: noi ne vediamo tanti ma i branchi vivono nel fango e si sollevano solo per cibarsi. Si tratta di una specie che si riproduce 3/4 volte all’anno ed ogni femmina produce per ciclo riproduttivo migliaia di uova. Per questo è difficile fare una stima in termini di tempo, ma certamente le autorizzazioni ministeriali che stiamo attendendo dovranno servire solo per il tempo necessario a riportare in sicurezza le Sacche di Goro e di Scardovari».
Altri Paesi europei si sono trovati nella nostra stessa situazione e, se sì, come hanno contrastato la colonizzazione di questa specie aliena invasiva?
«La Francia diversi anni fa si è trovata a far fronte all’invasione di questa specie aliena e l’unica soluzione efficace è stata quella della raccolta e dello smaltimento della specie fino a ripulire tutte le zone in cui i branchi sussistevano. Ad oggi in Francia, dopo due anni di raccolta e smaltimento intensivi, si può dire che il granchio blu sia ancora presente ma non sia più un pericolo».
Tra un paio di giorni arriverà la prima autorizzazione a procedere attraverso l’ordinanza straordinaria del sindaco di Goro Maria Bugnoli, come vi state organizzando e come vi coordinerete nella raccolta dei granchi blu, vista la vastità del territorio su cui dovete intervenire?
«Una volta arrivata l’ordinanza straordinaria cominceremo la raccolta per quota cooperativa. Ora stiamo organizzando i punti di raccolta a terra e quelli di stoccaggio. Una volta raccolti, i granchi blu, verranno stoccati all’interno dei bins e riposti in celle frigorifere per un paio di giorni. A questo punto la ditta incaricata allo smaltimento li ritirerà per portarli all’inceneritore, con un costo per noi che varia dai 20 ai 30 cent./kg, in base ai km da percorrere, la frequenza dei viaggi e il peso dei rifiuti da smaltire».
Piuttosto che smaltirli, non sarebbe possibile venderli per ricavarne almeno la copertura delle spese di raccolta visto che c’è sempre più bisogno di proteine, per esempio nella formulazione di mangimi oppure di fertilizzanti per l’agricoltura?
«Per venderli ci stiamo informando. Per adesso abbiamo chiesto la conversione alla quarta categoria esclusivamente per la raccolta e lo smaltimento, poi il Ministero deciderà se darci anche l’autorizzazione alla vendita, ma non credo che ce la darà.
Per ricollegarmi alla tua domanda, però, al momento siamo stati contattati da un paio di mangimifici a cui abbiamo spedito dei campioni di prodotto per le analisi sulla quantità di polpa al fine della lavorazione. Saranno loro probabilmente — a fronte della copertura delle spese di trasporto — che prenderanno tutto il quantitativo di granchio raccolto».
Il cambiamento climatico ha contribuito alla proliferazione della specie nell’Alto Adriatico?
«L’aumento della temperatura dell’acqua sta generando molti problemi, non solo per la sussistenza di specie autoctone, ma anche perché la scarsità delle piogge ha concentrato la salinità nelle acque in Sacca — e questo si riflette nella difficoltà di attecchire per il seme allevato — e sta generando le condizioni ideali per la proliferazione delle specie aliene. Fino a gennaio/febbraio 2023 il granchio blu era una risorsa per CO.PE.GO. e più in generale per i mercati ittici locali, poi la situazione è peggiorata drasticamente con le inondazioni della Romagna quando sono arrivati in Sacca quantitativi di acqua dolce tali da risvegliare e potenziare la riproduzione e l’aggressività dei granchi fino a portarle a fare tabula rasa delle risorse dell’habitat. Ciò che ci ha allarmati di più, subito dopo le alluvioni, sono stati gli avvistamenti di migliaia di granchi di piccole dimensioni e questo può significare solo che, se non ci attiviamo ora, la situazione volgerà velocemente al peggio.
Il cambiamento climatico ci sta mettendo dinanzi a nuove sfide da affrontare e dobbiamo prepararci: il granchio blu è solo un esempio».
L’improvvisa carenza di prodotto come sta influenzando le quotazioni di vongole e cozze sul mercato e cosa vi aspettate per il 2024?
«Quest’anno sull’allevamento di vongole e cozze non si vedono grandi flessioni di prezzo perché è da gennaio che abbiamo cominciato a registrare i primi problemi. Già quest’anno avevamo registrato il raddoppio dei costi delle cozze perché c’era stato, nel 2022, il dimezzamento dei numeri di produzione. Per la vongola, invece, i numeri di produzione sono addirittura migliorati rispetto all’anno precedente, motivo per cui il prezzo d’asta si è conservato ancora abbastanza buono. Se ora non riuscissimo a fermare i granchi blu e quest’anno fossimo impossibilitati a seminare — proprio perché i granchi blu se ne nutrono — il mercato ne subirà le conseguenze già a partire da fine anno e anche le vongole veraci vedranno il raddoppio dei prezzi in asta per scarsità».
Chiara R. Zaccaroni
Co.Pe.Go.
Consorzio Pescatori di Goro
Via dell’Industria 18
44020 Goro (FE)
Telefono: 0533 793111
E-mail: info@copego.it
Web: www.copego.it
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