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Speciale Orbetello

Alla scoperta della laguna di Orbetello

of Rella M.


La laguna di Orbetello è un ecosistema unico, un ambiente “speciale” per la riproduzione naturale e lo sviluppo di tante specie ittiche, anche un luogo di grande bellezza ambientale, con oasi protette, pinete ben conservate e inanellate da percorsi di cicloturismo e tappa di migrazione invernale dei fenicotteri rosa: uno spettacolo tra novembre e dicembre. E poi il mare e i borghi, insomma un habitat che convive con la vita di tutti i giorni e le altre attività e, soprattutto, con i flussi del gran turismo, in un gioco di equilibri in cui la pesca è fondamentale per il mantenimento della laguna: 27 km2, un immenso specchio d’acqua sottoposto a una pressione antropica che ne rende complessa la gestione.
La laguna ha la forma di un trapezio, come “basi” la costa tirrenica e il promontorio dell’Argentario, e come “lati” i due cordoni sabbiosi, detti tomboli, della Giannella e della Feniglia. Al suo interno è tagliata in due — la laguna di Levante e di Ponente — da un istmo in parte naturale e in parte artificiale (la diga voluta da Leopoldo di Toscana nell’Ottocento), su cui ricade la cittadina di Orbetello, e potrebbe essere paragonata a due polmoni che assorbono acqua dal mare, per infiltrazione, anche attraverso le sabbie dei tomboli.
All’inizio degli anni ‘90, dopo una grande moria di pesci, fu bonificata con raschiamento del fondo per liberarla dalle alghe presenti in misura massiccia.

La gestione cooperativa
In questo contesto, dal ‘46 opera la cooperativa La Peschereccia, fusa nel ‘60 con altre coop in un unico soggetto più grande. Attualmente conta 40 soci e altrettanti dipendenti, tra pescatori, servizi di ristorazione, amministrazione, trasformazione prodotti e manutentori impianti. Nel 2022 ha fatturato 1,8 milioni di euro dalla sola pesca, l’80% dalla vendita del fresco e il 75% rappresentato dalla sola orata. A seguire spigole, latterini, cefali, anguille. Proprio sull’anguilla c’è oggi un’attenzione particolare.
In generale in laguna c’è poca riproduzione di pesce e nessuna per i pesci importanti perché le acque hanno salinità elevata, così le specie principali si riproducono per lo più in mare. Nelle peschiere sono presenti però idrovore che le puliscono e alzano il livello della laguna, che così s’arricchisce d’ossigeno. Ma il problema principale è di tipo ambientale: il rischio di anossia, causata dal surriscaldamento delle acque (36° nel 2015) e dalla presenza di alghe Valonia e Chaetomorpha. Nel 2015, in particolare, si verificò grande moria di pesci per anossia, habitat ripopolato inserendo avannotti di orata e spigola.
«Registrammo due anni di perdita importante di fatturato, con un recupero progressivo a partire dal 2018 grazie alle semine e alla gestione» ricorda il presidente della Cooperativa Pescatori di Orbetello Pierluigi Piro. «Tra il 2016 e il 2017 riuscimmo ad introdurre 600.000 avannotti, con una perdita prevista del 10%. L’obiettivo è di arrivare a 1 milione».
Oggi il ripopolamento si fa per le orate ma non per le spigole, che non hanno manifestato problemi di spopolamento. Sono impiegati avannotti di 5-7 grammi (acquistati nel Brindisino) svezzati fino a 30 grammi in un impianto d’ingrasso nella peschiera di Nassa, poi spostati in vasca coperta da reti anti cormorano, tra i 30 e gli 80 grammi di peso; in primavera sono infine lasciati liberi in laguna, dove si alimentano in modo naturale competendo con gli altri pesci. Le orate sono pescate dopo 18-24 mesi, al raggiungimento dei 450-500 grammi di peso.

Lo “scatto” dell’anguilla
Se il fatturato è ripartito nel 2018 grazie a orate e spigole, dal 2020 c’è stato un incremento di anguille e cefalo muggine. Un Mugil cephalus da bottarga impiega minimo 5 anni per arrivare al peso ideale di 1,5 kg, mentre per portare sul banco un’anguilla servono almeno 8 anni. L’anguilla si comincia a radunare ad agosto verso le sponde più vicine alla peschiera, perché vuole uscire in mare e andare a riprodursi nei Sargassi. Da gennaio a giugno in Italia, però, c’è il fermo pesca, allungato di 3 mesi rispetto ad altri Paesi d’Europa. «Ma non è una soluzione per ripopolare, anzi stimola il bracconaggio e il mercato nero», puntualizza Luigi Piro. Secondo il presidente, si dovrebbe puntare su prevenzione e vigilanza perché le cieche, i piccoli di anguilla, sono ambite sul mercato nero: 400 e/kg, 1 kg uguale 4.000 cieche.
Un’altra minaccia è rappresentata dai cambiamenti climatici. Insomma la combinazione di vari fattori porta il tasso di mortalità al 95% tra bracconaggio, clima e predatori naturali, come i cormorani. «Se catturate e cresciute in laboratorio fino al raggiungimento della misura dei ragani, cioè alla dimensione di piccole anguille, e poi venissero rilasciate in natura si potrebbe invertire la tendenza», sottolinea Piro.
Da qualche tempo la specie è al centro di ricerche e attenzioni da parte della cooperativa, in collaborazione con Oliviero Mordenti, professore di Acquacoltura all’Università di Bologna, per esperimenti sui tempi di accrescimento delle anguille di Orbetello — studio in corso — le quali, si è visto, abbiano una bella popolazione di maschi che manca nell’Adriatico. Il team del professore ha inoltre sviluppato una App che, partendo dalla fotografia dell’occhio dell’anguilla, indica se l’esemplare è pronto alla migrazione verso i Sargassi. Questo permette di rispettare gli obblighi europei che prevedono che il 40% delle anguille catturate venga rilasciato a fini riproduttivi. «Il punto però — sottolinea il professor Mordenti — è che non tutti sanno distinguere quando l’anguilla è pronta alla migrazione, mossa dall’istinto riproduttivo».
Lo studio ha immagazzinato una gran mole di dati sulle morfometrie (20.000), da cui si è visto che la discriminante principale per individuare lo “scatto” verso i Sargassi è la dimensione dell’occhio, da cui, nel 99% dei casi, si può capire se l’anguilla sia realmente migrante. La App, di recente presentata ad un convegno a Liverpool, dopo l’estate sarà a disposizione degli utenti, scaricabile dal web in versione anche Android. Il nome? Simpatico: Free Eel, cioè anguilla libera.

Idee e progetti di laguna
Per sostenere la qualità di questo ambiente particolare secondo i pescatori bisognerebbe muoversi almeno in tre ambiti, come già richiesto a Comune e Regione. Il primo aspetto riguarda il cambio della flotta natanti, incaricata sia di raccogliere le alghe che della risospenzione dei fanghi. «La flotta in uso ha 45 anni di vita — evidenzia Piro — ci sono criticità per reperire i pezzi di manutenzione e si tratta di mezzi pesanti in acque caratterizzate da fondali bassi: una profondità media di laguna di 70 cm».
Il secondo aspetto riguarda l’escavazione di nuovi canali di congiungimento tra le lagune di Ponente e di Levante per favorire il ricambio idrodinamico, oggi limitato; servirebbero inoltre pompe acceleratrici dei flussi di ricambio. «I canali esistono già — insiste Piro — ma sono interrati e non efficienti. C’è poi il problema di dove stipare i fanghi, che sono rifiuti speciali».
Terzo aspetto: l’asportazione delle alghe, che sono una possibile risorsa come concime e biocompost, oppure in campo cosmetico e per l’industria cartiera. Ma oggi non sono sfruttate. Il problema è che il 95% del peso delle alghe è dato dall’acqua, vanno quindi asciugate prima d’essere immesse ad altri usi. «C’è interesse della Regione e del Comune a riattivare un impianto di asciugatura e lavaggio. Chiediamo di accelerare i tempi».
La laguna è infine sede del progetto LIFE, finanziato dall’Unione Europea, per la salvaguardia e conservazione di ambienti e specie d’importanza comunitaria e il ripristino di vegetazione di interesse naturalistico. Attorno al progetto si sono aggregati il Comune di Orbetello, la Regione Toscana, la Provincia di Grosseto, il Consiglio Nazionale delle Ricerche e l’Istituzione Nazionale per la Fauna Selvatica.


Massimiliano Rella



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