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Typical Lombard products: history of Bergamask "Botto" ham

of Panseri S.

Il professor Carlo cantoni, nostro collaboratore.

Secondo un’antica tradizione valligiana, nella cascina “Il Botto” ad Ardesio, in alta Val Seriana, veniva prodotto già oltre un secolo e mezzo fa un prosciutto crudo considerato una vera e propria prelibatezza. Caratteristica peculiare della produzione è la stagionatura in un locale con fieno per 12 mesi

Il posizionamento dei salumi lombardi

Salame Brianza, di Cremona, di Varzi e ancora prosciutto di Parma e di montagna. Questi prodotti riflettono le tradizioni di un’arte antica, l’arte della norcineria. Un’attività, quella dei norcini, molto particolare ma, indubbiamente, preziosa per l’intero comparto suinicolo, che in Lombardia produce attualmente oltre 760.000 tonnellate di carni. Accanto a prodotti di risonanza nazionale (prosciutto di Parma) si trovano prodotti caratteristici del comparto lombardo, quali il prosciutto crudo delle colline mantovane, il prosciutto crudo della Brianza e molti altri ancora.

In questo contesto si inserisce il prosciutto crudo bergamasco o “Botto”, prodotto a tutt’oggi riconosciuto a marchio tipico “Bergamo città dei mille… sapori” lavorato nelle valli bergamasche.

Inquadramento storico: collocazione geografica e storia delle valli bergamasche

“Terra, che ’l Serio bagna e ’l Brembo inonda, / Che monti e valli mostri all’una mano, / Ed all’altra il tuo verde e largo piano, / Or ampia ed or sublime ed or profonda;” (Torquato Tasso, XVI sec.).

Il territorio della provincia è interamente compreso nel bacino idrografico del fiume Po e vi tributa per mezzo dei suoi affluenti Adda e Oglio. Risalendo le valli bergamasche tra boschi di faggio e castagni, si giunge ad alti pascoli e cime, da dove lo sguardo può giungere dalle Prealpi alla cima del Monviso e del Monte Rosa alle numerose cime Orobiche.

“Disposto perpendicolarmente alla catena delle Alpi Orobie, il sistema delle valli bergamasche è nettamente definito nei contorni territoriali dai precisi limiti degli elementi della morfologia naturale. Delimitata a est e ad ovest dalle incisioni modellate dall’espansione glaciale quaternaria — che formano rispettivamente il bacino dei laghi Sebino e Lario — l’area si struttura secondo una configurazione binaria principale, rappresentata dai sistemi vallivi dei fiumi Serio e Brembo che interferiscono ortogonalmente la ridotta fascia pedemontana e le prime propaggine della natura.

L’indubbia riconoscibilità e la forte impronta che la morfologia naturale conferisce al quadro fisico si sono storicamente tradotte sul piano antropico nella determinazione di realtà tra loro correlate, ma singolarmente individuabili nelle caratterizzazioni e specificità insediative” (Lombardia-Guida d’Italia).

La diversità geografica è elevata e comporta delle diversificazioni sia per quanto riguarda l’agricoltura che i sistemi di allevamento. La montagna bergamasca ha vissuto di un’agricoltura legata all’utilizzo delle risorse ambientali e, soprattutto, alle attività dell’alpeggio.

Maironi da Ponte (Enciclopedia storica di Bergamo) cita nella sua monografia “Osservazioni sul Dipartimento del Serio”: “… ad uso di pastoraggi sonovi alcune montagne particolarmente nella Val di Scalve, Bondione, Seriana superiore e d’oltre la gocchia… la troppa alpestre e fredda situazione non sono adatte a dar fieno da taglio ma per nutrire le mandrie e greggi”1.

In questo contesto si inserisce la città di Ardesio, “grosso e antico villaggio della Val Seriana Superiore, il cui territorio era soprattutto dedicato ai pascoli, per questo era considerata una delle province più ricche” (Dizionario odeporico).

Nel Museo Etnografico dell’Alta Val Seriana, situato proprio ad Ardesio, è possibile trovare numerose indicazioni storiche riguardanti questo antico comune. A questo scopo, è stato pubblicato un fascicoletto storico, in cui sono descritte varie caratteristiche ed attività produttive di Ardesio2.

Il prosciutto Botto.

La tipica casa contadina di Ardesio era ubicata all’esterno del nucleo abitativo principale, oppure nelle contrade rivolte verso il podere di pertinenza prospiciente e nelle immediate vicinanze. Erano tutte case di piccole dimensioni a stretta economia famigliare ed insistevano sul territorio in modo abbastanza uniforme allo sviluppo dei prati o dei roncati in possesso di ciascuna famiglia. Nella casa museo di Ardesio si riscontrano delle annotazioni di carattere generale, tra cui possiamo annoverare la presenza costante di una stalla nel piano seminterrato. Storicamente, la maggior parte degli abitanti della valle è molto legata alla propria terra, a cui ha da sempre rivolto tutta l’attenzione, la preoccupazione e il lavoro.

Quello del contadino è un lavoro di origine molto antica che si svolgeva nei prati e nei boschi con l’agricoltura, si esercitava sui prati e sui seminativi con l’allevamento del bestiame e trasformazione dei prodotti, quali scorte di alimenti (soprattutto producendo insaccati destinati alla lunga stagionatura, quale metodo di conservazione), con la coltura e sfruttamento del bosco, con il taglio della legna e la produzione del carbone. Passando attraverso periodi storici, dal Medioevo fino ad arrivare al secolo scorso, ci sono state grandi mutazioni del lavoro contadino, che ha subito un’evoluzione legata al processo di industrializzazione.

Nell’ambito delle specifiche tradizioni locali sono da sottolineare l’importanza e la centralità dell’allevamento del maiale, che viene menzionato nel capitolo del “lavoro domestico”. Il maiale, infatti, era una delle principali risorse proteiche per la famiglia ed era per lo più sotto forma di carne insaccata o lavorata (prosciutto), in modo tale da ottenere una conservazione superiore rispetto alla carne fresca. Esso veniva allevato con i resti della cucina, cosicché poco costoso e molto redditizio (si evince dalla testimonianza di un vecchio contadino di Ardesio, il Sig. Fornoni, abitante nella storica frazione di Botto, il quale, intervistato, ha raccontato le varie fasi della macellazione del maiale, a partire dal rito iniziale di uccisione e iugulazione).

I salumi erano prodotti localmente e realizzati secondo la tradizione. L’uccisione del maiale rappresentava un vero e proprio rito: era ammazzato con una pugnalata al cuore generalmente prima del Santo Natale. Un rito che era una vera propria festa di paese.

A testimonianza del fatto che l’allevamento suino fosse una realtà ben radicata nelle valli bergamasche, ci sono numerosi articoli tratti da L’Eco di Bergamo risalenti a fine ’800 e inizio ’900, che fanno riferimento in particolare ai prezzi del suino sia grasso che magrone, nonché dei relativi prodotti di trasformazione (prosciutto).

Dall’allevamento alla trasformazione: filiera e processo di produzione

Una volta ucciso il maiale venivano utilizzate tutte le sue parti edibili: lardo, carne, interiora, budella (che ben pulite servivano ad insaccare la carne tritata). Uno dei prodotti che hanno origini molto antiche è il prosciutto crudo. Il prosciutto crudo della Valle Seriana, o di montagna, è il frutto di un attento processo di recupero di un’antica tradizione valligiana. Nella cascina “Il Botto” ad Ardesio, in alta Val Seriana, veniva prodotto già oltre un secolo e mezzo fa un prosciutto crudo che gli anziani del posto (testimonianza orale di questa tradizione) garantiscono fosse una vera e propria prelibatezza. Dalla macellazione si passa all’immediata lavorazione delle cosce e, quindi, alle varie fasi di stagionatura senza far subire al prodotto traumi conseguenti al trasporto. Caratteristica peculiare della produzione — come ricorda sempre il Sig. Fornoni — è la stagionatura su ganci in un locale con fieno maggengo (il primo taglio che avviene in maggio) per 12 mesi. Nel corso della stagionatura avvengono importanti processi biochimici ed enzimatici che determinano il caratteristico profumo ed il sapore del prosciutto. La scelta del metodo di produzione non fu casuale e l’ottimo risultato è dovuto, oltre che alla sapienza contadina, anche alla natura del posto e all’aria fresca, eccezionalmente pura, asciutta e aromatica. I prosciutti godono per oltre un anno dell’influsso benefico di quest’aria. Il prodotto è originale per tutte le sue caratteristiche — uniche e inconfondibili — di dolcezza, delicatezza e profumo.

Numerosi articoli di L’Eco di Bergamo risalenti agli anni 1940-1967 fanno riferimento ai prezzi di mercato del “prosciutto crudo” e “prosciutto crudo nostrano”; tra quest’ultimo si inserisce il crudo di Ardesio, scambiato e conosciuto come il nostrano della bergamasca. In un articolo del giornale L’Eco di Bergamo del 1958 è presente, infatti, un trafiletto dell’istituto di consumo bergamasco, in cui si fa specifico riferimento al “prosciutto crudo nostrano” ben differenziato dalla quotazione al mercato del “prosciutto crudo di Parma o tipo Parma”, a testimonianza della presenza e dello scambio del prodotto nostrano e tipico sui mercati locali.

Le attività di trasformazione: scritti della Camera di Commercio

Una precisa nota alla presenza di tradizione di trasformazione delle carni nel comune di Ardesio, tra cui la lavorazione delle stesse, si evince da un annale delle imprese, in particolare l’annuario delle imprese artigiane di Bergamo e provincia del 1964.

Tra le imprese dedicate alla trasformazione alimentare viene fatta menzione del sig. Nesta di Ardesio che appare tra gli insaccatori di carne. Tale professione era diffusa ed era rivolta sia alla lavorazione e preparazione di salumi che al trattamento nelle fasi iniziali delle cosce di maiale destinate alla maturazione e stagionatura (prosciutto crudo).

Il Botto attraverso le testimonianze orali

Numerose sono le testimonianze orali della produzione del prosciutto crudo di Ardesio, alcune facenti parte dei racconti delle persone che abitano la frazione Botto, sia da parte di persone che avevano contatti con il paese in qualità di professionisti (veterinari in funzione di ispettori competenti). A questo scopo si cita la testimonianza dei dottori Donizzetti Angelo e Donizzetti Emilio, entrambi veterinari, che ricordano gli elementi salienti del prosciutto crudo di Ardesio, sia dal punto di vista sensoriale che di processo produttivo.

Il Botto nella tradizione culinaria

La diffusione dei prodotti tipici regionali ha conosciuto un forte incremento negli ultimi decenni, in particolar modo grazie alle istituzioni che mirano a tutelare questi beni agroalimentari. Questi prodotti ci parlano della zona dalla quale provengono, sono esempi di storia e cultura locale. Riscoprire i prodotti tipici locali è come riscoprire epoche passate, come rituffarsi nella tradizione di un paese e riscoprirne gli antichi segreti. I metodi di lavorazione sono quelli usati anni fa e gli ingredienti sono estremamente genuini, perché rispettano le ricette della tradizione.

La cucina bergamasca è definita una cucina povera, ossia priva di elaborazioni sofisticate, capace di creare piatti poveri ma gustosi. È molto spesso e a torto trascurata dalla manualistica gastronomica. Fortemente influenzata dalla gastronomia veneta, questa cucina è caratterizzata da piatti semplici dai sapori schietti e genuini e riflette il carattere prettamente “contadino” della gente bergamasca. La bergamasca è sempre stata una terra povera, dunque gli abitanti avevano a disposizione solo i prodotti più elementari della terra per le loro cene: ancora oggi la cucina tradizionale utilizza i prodotti locali.

Il prosciutto crudo bergamasco è un prodotto nostrano che veniva mangiato da solo, oppure entrava nella composizione di piatti tradizionali. In alcuni articoli del quotidiano bergamasco viene sottolineata l’importanza della cucina e vengono forniti dei consigli per la preparazione di alcune ricette.

Viene riportato su L’Eco di Bergamo del 6 marzo del 1964 un articolo dal titolo “La cucina ha la sua importanza – consigli per i cacciatori buongustai”, dove vi è una ricetta per la preparazione del gallo forcello o fagiano in cui viene usato il prosciutto crudo. Inoltre, in un articolo del 20 marzo dello stesso anno, viene fornita una ricetta per cucinare il giorno di Pasqua il “capretto alla romana”, tra i cui ingredienti vi è il prosciutto crudo.

Un’altra ricetta tradizionale che comprende il prosciutto crudo bergamasco è la polenta e uccellini “scappati” (detti anche “scapati” cioè senza testa) tipici involtini di vitella di fesa sottilissima: “Su ogni fettina di carne si stende una fettina di prosciutto crudo cercando di tenerla un po’ più stretta della carne. Si arrotola la carne con dentro il prosciutto ben stretto. Si infilano questi rotolini su uno stecco di legno…”.

A testimonianza del fatto che il prosciutto crudo bergamasco sia un prodotto tipico che vanta una tradizione molto forte è la sua presenza nelle varie manifestazioni di degustazione che si tengono a Bergamo e provincia. Una di queste, “Passeggiar gustando”, si è svolta per la prima volta ad ottobre del 2006, riproponendosi tra le varie cose di valorizzare i prodotti tradizionali.

Il 25 maggio del 2008 si è tenuto nel cortile del palazzo provinciale l’Agronomo day, voluto dal presidente Valerio Bettoni per far conoscere e valorizzare i sapori tradizionali locali e la società che si cura della loro diffusione a livello nazionale e internazionale. Durante questa giornata, sono stati protagonisti vari prodotti, dai numerosi prelibati formaggi agli insaccati come il salame bergamasco e il particolare prosciutto crudo di montagna Ca’ del Botto.

Situazione odierna

Come già citato precedentemente, il prosciutto crudo Botto veniva prodotto già oltre un secolo e mezzo fa, un prosciutto crudo ritenuto una vera e propria bontà. Una tradizione che fa parte della cultura bergamasca, che, nonostante l’industrializzazione, rimane fortemente ancorata a quella civiltà contadina che con difficoltà, abbandona le sue abitudini.

Accanto alla lavorazione tradizionale e bucolica, fiorente soprattutto nelle zone collinari e di montagna, esiste nella pianura bergamasca uno sviluppatissimo comparto suino, fatto di medi e di grandi allevamenti intensivi. Allevamenti che consentono al settore d’avere produttività e competitività sia a livello nazionale, che all’estero. Questo, per merito anche delle moderne tecnologie usate dagli imprenditori che consentono di ottenere prodotti genuini e perfettamente in regola con le normative comunitarie. Tutto senza abbandonare la lavorazione caratteristica dell’insaccato che fonda le sue radici in un passato molto remoto. Attualmente, infatti, esiste un disciplinare di produzione che mantiene fedelmente i processi di lavorazione delle cosce suine.

Come detto, il prosciutto crudo Botto è annoverato tra i prodotti tradizionali bergamaschi aventi il marchio “Bergamo città dei mille… sapori”. Uno spot test di analisi è stato inoltre condotto sulla base della valutazione delle sostanze volatili mediante tecnica di microestrazione in fase solida (SPME) e identificazione con spettrometria di massa, che ponendo a confronto il prosciutto Botto con prosciutti commerciali hanno messo in evidenza caratteristiche diverse nell’ambito di vari composti utili nel conferire una caratteristica aromatica decisa e peculiare al prodotto (chetoni eteri ed esteri)3.

Sara Panseri

Silvia Soncin

Luca Maria Chiesa

Carlo Cantoni

Dipartimento di Scienze

e Tecnologie Veterinarie

per la Sicurezza Alimentare

Università degli Studi di Milano

Note

  1. “Osservazioni sul Dipartimento del Serio”, Giovanni Maironi da Ponte, 2ª ed. Bergamo 1803, rist. anast. – Sala Bolognese: Forni, 1990, XVI, 274, 174 pp.
  • Dizionario odeporico o sia Storico-politico-culturale della provincia bergamasca, Giovanni Maironi da Ponte, 1803, rist. anast. – Sala Bolognese: Forni, 1972-3v., 1819-1820.
  • Ingegneria Alimentare, 2008, vol. 5, pp. 39-45.


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