Arrivano dalla provincia di Reggio Calabria le nuove eccellenze entrate a far parte della famiglia dei Presidi Slow Food: le piparelle, biscottini secchi e profumati che si producono da oltre un secolo nella città di Villa San Giovanni, un comune calabrese della Costa Viola, affacciato sullo Stretto di Messina. La loro storia, lunga più di un secolo, è frutto dell’abilità dei maestri pasticceri nell’amalgamare ingredienti semplici, quali mandorle, zucchero, spezie e miele.
Per la verità, impasti da forno dolcificati col miele erano conosciuti già dal Medioevo. È solo con il ‘600 che si ha la documentazione certa di vere e proprie paste per biscotto, simili alle attuali, da cuocere in dolcetti di varia forma. Prodotti costosi e raffinati, i biscotti del passato raggiunsero il massimo della loro fortuna nella seconda metà dell’Ottocento, conquistando un posto fisso nei riti sociali della borghesia: il tè pomeridiano, le conversazioni di salotto con l’accompagnamento di nobili vini passiti, i ricevimenti e le occasioni mondane più importanti.
Furono i fratelli Antonio e Paolo Strati, maestri dolciari della cittadina dello stretto, che avviarono la produzione delle piparelle a inizio ‘900. Negli anni successivi altri pasticceri, come Domenico Adamo, Carmelo Ventre, Federico Polistena, Antonio Bellantone e Pietro Greco, iniziarono a produrle regolarmente, conservando nel tempo una tradizione dolciaria che caratterizza ancora oggi la comunità locale. Il riconoscimento come Presidio Slow Food deriva dall’urgenza di tutelare la ricetta originale dalle imitazioni. «Oggi, pur di far colpo sui clienti, si trovano varianti di ogni genere, aromatizzate in tutti i modi» spiega Francesco Foti, referente Slow Food del Presidio. «Crediamo che vadano salvaguardate quelle tradizionali, prodotte con ingredienti tipici locali: miele reggino, farina italiana e mandorle in arrivo da Sicilia o Puglia». Simili agli omonimi dolci messinesi, si differenziano per il taglio sottile, la quantità di mandorle nell’impasto, l’uso più parsimonioso delle spezie e l’assenza di alcune di queste, ad esempio del pepe, che invece spesso compare nella versione siciliana.
La produzione delle piparelle si articola su poche fasi fondamentali. Occorre amalgamare prima le mandorle e lo zucchero con il miele millefiori o di arancio. Poi si aggiungono le spezie (cannella e chiodi di garofano) e si profuma il tutto con olio essenziale di arancio. Per ultima si aggiunge la farina di frumento. Con l’impasto così ottenuto si forma un filoncino di circa 500 grammi e lo si inforna ad una temperatura di 180 °C per 35/40 minuti. Il giorno successivo si passa al taglio a mano con un coltello, ottenendo così delle fettine sottili di 4 mm, un passaggio difficilissimo perché occorre grande maestria affinché la fettina rimanga uniforme e non si spezzi a causa dei frammenti di mandorle presenti al suo interno. I biscotti si infornano nuovamente a 65 °C per 10/12 ore.
L’impegno di tutti i sei produttori che fanno parte del Presidio è quello di evitare l’industrializzazione del processo produttivo con la conseguente perdita delle caratteristiche artigianali e tradizionali, oltre che il ricorso a materie prime non locali o di bassa qualità. La comunità dei pasticcieri di Villa San Giovanni ha sottoscritto un Disciplinare di produzione mirato a specificare gli ingredienti ammessi (farina di grano coltivato in Calabria o a livello nazionale, miele di apicoltori della provincia di Reggio Calabria, mandorle provenienti da Calabria, Sicilia o Puglia, olio essenziale di arancia calabrese) e la tecnica di lavorazione.
La produzione artigianale resiste, ma le numerose imitazioni continuano a minacciare l’autenticità di questo dolce straordinario. Sono occorsi coraggio, talento, una sostanziosa cultura gastronomica, un amore viscerale per la propria terra e, soprattutto, un paziente lavoro artigianale per ottenere il titolo di Presidio Slow Food e riuscire a far diventare le piparelle un grande orgoglio della pasticceria del Reggino.
Chiara Papotti
In foto Piparelle, biscottini secchi e profumati calabresi (photo © I love Calabria).
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