Già le olive sono un gioiellino… Uno smeraldo o un onice capace di brillare, lucente di salamoia, sul piatto bianco. Che riporta alla mente luoghi pieni di suggestione: Gaeta, Ascoli, la Grecia, la Francia, la Puglia, la Liguria… E, all’interno di una preziosa oliva verde, una polpettina di carne (manzo, maiale e pollo soffritti e aggiunti di uova, Parmigiano, noce moscata e succo di limone) che richiama la cucina di casa, i profumi della domenica, il sapore della giornata di festa in famiglia.
Le olive all’ascolana sembrerebbero uno dei simboli della fantasia del riciclo, ma in realtà sono così complesse da preparare che la loro nascita risale alle occasioni particolari (e quindi riservate agli ospiti importanti) del XIX secolo.
Oltre a trovare le giuste olive e il giusto mix per il ripieno (ne parleremo tra poco) sono due le parole che più spaventano della ricetta: denocciolare e friggere. Per compiere la prima azione vi lascio il consiglio di Martha Stewart: «Consiste nell’adagiarvi sopra un coltello da chef grande e colpire la lama con un pugno o col palmo della mano. L’oliva dovrebbe aprirsi in due e il nocciolo sporgere in fuori».
Fidiamoci del “dovrebbe” di una delle regine della cucina internazionale. Se no, usiamo il metodo Benedetta Parodi, sperimentato la prima volta che ha scelto di preparare le olive all’ascolana anziché surgelate o già cotte da una gastronomia di fiducia: «Ho avuto questa “pensata”. Ho preso le olive denocciolate, le ho tagliate a metà nella parte più lunga, ho modellato delle polpettine di carne e le ho poste in mezzo alle 2 metà di ogni oliva, come la farcitura di un panino». O il metodo di Benedetta Rossi: «Procuriamoci un coltello dalla punta molto sottile e, quando tagliamo le olive attorno al nocciolo, iniziamo dalla parte alta e scendiamo a spirale facendo girare l’oliva con le mani. Per non farle annerire, mettiamole subito in un contenitore con acqua fredda e un po’ di sale sciolto. Ricordiamo però di scolarle bene prima di farcirle, altrimenti risulteranno scivolose».
Per compiere la seconda azione, niente di più complesso del rotolarle nella farina, nelle uova e nel pangrattato. Il passaggio uova e pangrattato andrebbe però ripetuto, così da rinsaldare bene l’oliva evitando che si rompa mentre è in cottura e mantenerla croccante al momento di morderla. La frittura è a 170-180 °C in olio di arachide: se non avete il termometro da cucina, la prova dello stecchino (vengono raggiunti quando uno stecchino, in esso immerso, forma attorno delle bollicine, detta così sembra il principio di Archimede) è un ottimo sostituto. Bastano 3-4 minuti. Se non vi fidate, usate il forno.
Passiamo ora alla materia prima. L’oliva deve essere ricca di polpa, così che possa bilanciare la ricca farcitura. La polpettina di ripieno può essere di pesce: coda di rospo, merluzzo, baccalà, tonno e acciughe sono perfetti, accompagnati da capperi e parmigiano; per una versione più delicata, Simone Rugiati suggerisce pesce, albume d’uovo, scorza di limone e curry, ma anche pesce bianco, gamberi, capesante e zenzero.
O può essere una polpettina vegana, usando un macinato vegetale per ripieni: Sarah Joyce dice che i suoi amici non vegani ne sono rimasti particolarmente colpiti… Fidiamoci anche di lei, così come di Nives Arosio (che usa un ripieno di seitan e pomodoro e una pastella di farina di ceci, acqua e salsa di soia) e di Sigrid Verbert (olive verdi marinate con l’aggiunta di finocchio e impasto di patate lessate, mollica di pane bagnata nel latte, noce moscata, pangrattato: «Sia chiaro, amo — come tutti credo — le olive ascolane preparate come si deve. Ma da tempo mi chiedevo se fosse possibile variare il ripieno senza vendere l’anima dell’oliva fritta perfetta. La mia oliva ideale doveva essere croccante, fresca e stuzzicante, e soprattutto doveva contenere un ripieno capace di dare risalto al carattere assolutamente carnoso della sua generosa polpa. Dopo un paio di prove in puro stile “apprendista stregona”, sono orgogliosa di presentare il mio nuovo finger food fetish, lo stuzzichino che garantisce, da solo, la buona riuscita di qualsiasi aperitivo. Gradito per di più anche agli amici vegetariani»).
O cambiamo le carni usando pancetta, prosciutto crudo, mortadella. O cambiamo il grana col pecorino.
Ogni gioiello è prezioso. Per il suo aspetto e per il suo valore. L’oliva all’ascolana lo è per la storia, per la comodità (è un aperitivo, un finger food, uno stuzzichino e sta benissimo in tavola durante il brunch e le merende rinforzate e i picnic) e per il gusto. Quindi, perché non fidarsi???
Giorgia Fieni
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