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Vino

Montalbera

di Rella M.


E dopo il vino l’enoturismo: con una formula di qualità, in un paesaggio eccezionale, il Monferrato. La scalata imprenditoriale di Montalbera, la cantina della famiglia Morando, noti imprenditori del pet food, prosegue senza sosta nel mondo di bacco con la recente apertura di 4 wine suites nella tenuta di Castagnole Monferrato (AT) e, presto con un ristorante con terrazzo sulle vigne, che sarà aperto il fine settimana.
Vigne già sottoposte ad un progetto di zonazione e da tempo mappate per il trekking e la mountain bike; 130 ettari in unico corpo tra vigneti, noccioleti e seminativi nel cuore della denominazione del Ruchè di Castagnole Monferrato Docg, un rosso di nicchia molto profumato, particolare. Altri 20 ettari di vigna, dedicati al Moscato e allo Chardonnay, sono situati a Castiglione Tinella (CN).
A guidare Montalbera è Franco Morando, laurea in giurisprudenza all’Università di Torino e terza generazione di una famiglia produttrice di cibo per gatti e cani, presenti in GDO; azienda che fu fondata dal nonno, originario delle Langhe.
Circa il 50% dei suoi vini (totale 500.000 bottiglie) è composto da Ruché di Castagnole Monferrato, un 30% da Barbera d’Asti, un 20% da Grignolino. Sono però stati inseriti vitigni bianchi come il Viognier e lo Chardonnay. Nell’insieme una produzione che esalta le peculiarità dei vigneti e del terroir, interpretandone le caratteristiche e declinandole in modi diversi, dall’acciaio al legno, dalla sovramaturazione all’appassimento, per valorizzare le caratteristiche di ciascun vitigno e porzione di territorio.
In cantina sono utilizzati esclusivamente lieviti autoctoni selezionati nei vigneti. Una volta pressate le uve, i mosti fermentano in vasche d’acciaio di ultima generazione, parte dell’affinamento avviene in barrique, tonneaux e botti grandi di rovere francese.
Dopo prove e studi, l’azienda ha prolungato l’affinamento in legno per creare un vino che esprimesse al meglio il territorio, confrontandosi anche con i migliori maestri bottai francesi. Nelle cantine di Montalbera sono presenti oltre 400 barrique con tagli e tostature tradizionali, a doghe rovesciate o semplicemente a vapore.
Una particolare attenzione è stata posta però al vino portabandiera del territorio, il Ruchè di Castagnole Monferrato, un rosso ancora poco conosciuto tra i non intenditori, molto diverso da altri rossi piemontesi e nazionali per gli evidenti profumi di ciclamino e geranio, le sottili note di rosa e menta, l’insieme di aromi floreali, che sorprende all’istante chi lo approccia per la prima volta. Un nome, il Ruchè, che deriva da Rocche, le parti soleggiate, magre e più esposte delle colline.
Questo rosso subito colpisce per i profumi, eppure il vitigno Ruchè fu abbandonato nel ‘900 a vantaggio di varietà più semplici da coltivare, come la Barbera, meno costose e impegnative in ore di lavoro, e fu riscoperto soltanto negli anni ‘70 da un parroco di campagna, Don Giacomo Cauda, classe 1927, che tra un sermone e una preghiera dedicava “quote” della sua fede al mondo di Bacco, tanto da scusarsene col Signore: “Che Dio mi perdoni per aver a volte trascurato il mio ministero per dedicarmi anima e corpo alla vigna. Finivo la messa, mi cambiavo in fretta e salivo sul trattore. Ma so che Dio mi ha perdonato perché coi soldi guadagnati dal vino ho creato l’oratorio e ristrutturato la canonica”.
Arrivato a Castagnole Monferrato, il prete originario di Cisterna d’Asti trovò in “dote parrocchiale” dei filari di Grignolino, Barbera e Ruchè, un vitigno questo destinato a sparire ma che il prete, una volta vinificatolo e apprezzatone il “corpo perfetto” e “l’equilibrio d’aromi, sapori e profumi unici”, decise di recuperare impiantando a sue spese 4.000 barbatelle.
Anche Montalbera però ha creduto da subito al Ruchè e alla sua unicità, scegliendo di investire in una ricerca sulla “patente genetica” di un vitigno dalle origini incerte. Obiettivo del lavoro (svolto dal laboratorio Bioesis di Ancona) è stato quello di utilizzare il dna come un invisibile barcode per determinare la tracciabilità genetica della varietà.
Le analisi hanno confermato che il vitigno Ruchè possiede un assetto genetico caratteristico, diverso da altre varietà. Tale metodo d’indagine molecolare, sviluppato e applicato a campioni di foglie di vite, è stato poi utilizzato nella seconda parte del progetto per distinguere i mosti e i vini derivanti da uve Ruchè in purezza rispetto a mosti e vini ottenuti da blend di Ruchè, Brachetto e Barbera.
Veniamo infine alla degustazione. Tra i vini che abbiamo assaggiato in cantina consigliamo Laccento Ruchè di Castagnole Monferrato 2022 (100.000 bottiglie), ottenuto con un 20-30% di uve leggermente appassite in pianta; le altre raccolte a maturazione ottimale, affinato 12 mesi di cui 8-9 di acciaio, il resto in bottiglia; un rosso che denota freschezza e florealità (rosa, viola) e note di confettura, un rosso opulento e speziato, con corpo e struttura. Ci è piaciuto anche Il Fondatore Ruchè Riserva 2021, ottenuto da una selezione da terreni più calcarei, per ricercare struttura tannica e acidità per l’affinamento in legno, in uvaggio con un 10% di Barbera. Infine un altro rosso, il Grignolino, etichetta Lanfora 2021 da uve Grignolino macerate in acciaio 1 settimana e 13-14 mesi in anfora.


Massimiliano Rella


Montalbera
Via Montalbera 1
14030 Castagnole Monferrato (AT)
Telefono: 0141 292125
Web:
www.montalbera.it



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