Lo strolghino è un salume di breve vita — non dura più di un mese — di cui nel passato poco si parla e niente si scrive. Noi però sappiamo che del maiale non si butta via niente, tutto è buono, come si dice anche della musica di Giuseppe Verdi.
Paese che vai, strolghino che trovi
Nella lavorazione delle carni suine ieri come oggi si producono salumi che sono insaccati in contenitori naturali, in particolare gli intestini, che con le loro caratteristiche determinano i tempi di maturazione e la qualità del prodotto finito. L’intestino è all’inizio sottile e poi man mano che si avvicina all’uscita si fa sempre più spesso e i salumi che se ne ricavano hanno tempi di maturazione progressivamente più lunghi. Per questo un salume di carni di pregio insaccate nell’ultimo tratto, un salame “culare”, o con un eufemismo detto “gentile”, raggiunge la sua massima gustosità anche dopo 6 mesi di stagionatura. Diverso è un salume come lo strolghino ottenuto dal primo tratto intestinale, il breve duodeno (dodici dita — così si chiama — è la sua lunghezza) che matura nell’arco di qualche settimana e che si mangia subito.
Nei tempi passati, nelle nebbiose terre della Bassa Parmigiana e del Piacentino, i migliori strolghini si ottenevano rifilando le cosce suine per farne culatelli, mentre sull’Appennino si usavano i ritagli di prosciutti e altre parti del maiale.
Inoltre diverse erano le conce e le aromatizzazioni e le condizioni ambientali della loro pur breve maturazione. Senza dimenticare qualche “cugino” dello strolghino, come gli strolghètt equini-suini della città parmigiana.
Come salume insaccato nel sottile duodeno lo strolghino matura in breve tempo e si riteneva potesse predire o presagire come sarebbero maturati gli altri salumi preparati con le stesse carni e in particolare il culatello. Lo strolghino, perciò, è quasi un indovino o astrologo (strolga in dialetto) e da qui il nome che gli è stato assegnato.
Nel passato non era facile la lavorazione delle carni di maiale, così come sapere come si sarebbe sviluppata la loro maturazione, soprattutto quella dei salumi di breve vita, e per questo era utile invocare la presenza di una strega o strologa che li proteggesse: da qui un’altra idea per la denominazione di strolghino.
Oggi lo strolghino si ottiene dalle rifilature magre di parte pregiate e soprattutto delle cosce di suini pesanti italiani dalle quali si ricavano il culatello e il fiocco di prosciutto.
Dopo una macinatura fine la carne è insaccata nella budellina suina con un diametro intorno ai tre centimetri, una pezzatura che oscilla tra il mezzo chilo e il chilogrammo, e una forma tradizionale, ma non necessaria, a ferro di cavallo.
Per le sue dimensioni e la composizione magra ha una stagionatura breve, di solito tre settimane.
Successivamente deve essere conservato in un luogo umido e fresco, evitando gli ambienti secchi perché tende ad asciugare rapidamente. Per la stessa ragione non deve essere stagionato troppo a lungo, poiché in tal caso perderebbe la sua caratteristica dolcezza.
Dopo aver rimosso la pelle esterna (immersione per pochi minuti in acqua tiepida; aiuta l’averlo avvolto in un panno bagnato col vino bianco misto ad acqua) va tagliato in fette diagonali molto spesse.
Da quasi vent’anni — la prima segnalazione ufficiale sembra essere nel Dizionario delle cucine regionali italiane, Slow Food Editore, 2008 — lo strolghino ha un grande successo che dalle terre di origine si sta diffondendo in tutta Italia. Diversi sono i motivi della sua affermazione, che premia un’antica tradizione oggi recuperata e soprattutto nobilitata. Da una parte i produttori hanno il vantaggio di un prodotto di breve vita che permette un rapido ricupero economico, dall’altra il consumatore sempre più gradisce salumi magri, teneri, dal sapore delicato e dolce, di breve stagionatura e grande freschezza, prodotti con carni suine di pregio lavorate in modo eccellente. Per questo lo strolghino interpreta i tempi attuali, un salame figlio naturale del culatello e così è (se vi pare) o, se si vuole, è colui a cui si crede.
Un salume che, facendo credito al suo nome di astrologo, ha già, ma avrà anche, un futuro sicuro.
Prof. Em. Giovanni Ballarini
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