Per chi vuole godersi una vacanza gourmet di qualche giorno o settimana, il Portogallo costituisce una meta che merita di essere ancora scoperta. In particolare nella regione dell’Alentejo (letteralmente “al di là del Tago”), a sud di Lisbona, si alternano vigneti, querce da sughero e pecore (ma anche suini dal vello nero), che trotterellano verso il turista su pianori ondulati e infiniti, il montado. «Da noi la biodiversità non è solo di tendenza, ma l’essenza stessa di pensare l’azienda» esordisce Ana Teixeira Banha, alla guida del fuoristrada che si muove tra gli 800 ettari di Herdade de Coelheiros (coelheiros.pt), un mosaico di ecosistemi fatto di boschi zeppi di selvatici, vigneti e noceti nei dintorni di Igrejinha. «Questa regione possiede tutti gli elementi per produrre buon vino: tanto sole, buon terreno e soprattutto vitigni autoctoni, figli di un’eredità vinicola secolare» spiega poi nella sala degustazione tra arazzi e tappeti, davanti al robusto bianco di uve Arinto e Roupeiro. L’etichetta stessa è un omaggio al passato e riproduce le accattivanti decorazioni in lana che impreziosiscono gli intrecci locali.
Per capire quanto sia radicata la tradizione della filatura, della tintura e del ricamo bisogna mettere in conto una sosta nel museo e negli opifici artigianali di Arraiolos, tra case biancazzurre e dominate dal castello medievale (Centro Interpretativo do Tapete de Arraiolos, www.tapetedearraiolos.pt).
Dalla piazzaforte di un altro castello a mezz’ora d’auto, quello di Estremoz, i vigneti si possono avvistare a perdita d’occhio e si comprende meglio perché l’Alentejo viene considerato il paradiso degli enoturisti. Sulla strada per Reguengos de Monsaraz la sala degustazione della cantina Ervideira (ervideira.pt), fondata nel 1880, «accoglie 300.000 persone l’anno, che provengono soprattutto dai paesi di lingua inglese» spiega João Bonito, uno degli addetti alla ricezione. Questa cantina fu la prima ad inaugurare la vendemmia di notte «per mantenere i profumi del mosto e del vino» e meccanizzare la raccolta di uva su buona parte dei 110 ettari vitati. «Oltre a poter provare i vini, da noi si può trascorrere un’intera giornata con l’enologo della casa oppure richiedere il necessario per un picnic tra le vigne» spiega Bonito.
Durante l’assaggio anche il naso meno preparato viene colpito dalla fragranza d’incenso presente nel bianco dai sodi acini di Antão Vaz.
Invece all’ombra di un acquedotto dell’XI secolo, quello di Serpa, ad un’ora di automobile, ci si può far raccontare la storia della famiglia Monges (vinhodeserpa.com). Di ritorno dagli Stati Uniti all’inizio del XXI secolo, ha messo a dimora le prime vigne su oltre 20 ettari. Grazie all’esperienza oggi accumulata l’Alicante Bouschet che le figlie Catarina e Jessica hanno realizzato trasuda di bontà: alcolico, fruttato, mediamente legnoso in quanto trascorre 9 mesi in botti di secondo passaggio.
Sono vini che si accompagnano bene ai formaggi di pecora. Spesso gli animali sono allevati al pascolo. Tra le specialità casearie il Queijo Serpa DOP, che ha conseguito la Denominazione di Origine Protetta nel 1996, è quello più prestigioso. Al Caseificio Guilherme (che esporta anche in Italia, queijariaguilherme.pt) spiegano che la particolare cremosità del formaggio, oltre all’alimentazione degli ovini, deriva dal caglio utilizzato, l’infuso di cardo.
Il cardo, pianta facilmente reperibile nel montado dell’Alentejo, si raccoglie in primavera e, una volta essiccato, ne viene fatto in infuso che il potere di coagulare il latte. Le forme, cilindriche e basse, vengono delicatamente avvolte in una garza di cotone per facilitare la tenuta delle stesse. La stagionatura è di almeno 30 giorni; trascorso tale periodo e mantenuto il formaggio a condizioni ottimali, la pasta si fa più cremosa e il sapore più intenso tanto che il modo migliore di consumo è strofinarlo sul pane come antipasto o merenda. Ed è sempre lo speciale territorio dove si incontrano sugherete e pascoli che vengono allevati i suini neri, vanto della salumeria lusitana.
Jacinto Penacho ha aperto vent’anni fa la propria macelleria a Beja (Talho do Jacinto, Largo de Santo Amaro 22, 7800-266 Beja, telefono: +351 284 326213). «Il prodotto più significativo è il chorizo. Utilizziamo solo carne di coscia, poca pancetta, aglio e polvere di peperone, che conferisce il caratteristico profumo di affumicato. Per rendere più succulento il chorizo talvolta tagliamo la carne a coltello». Raramente il peso supera i 500 grammi, «perché si può consumare facilmente in una merenda tra amici». Dipende certo da quanti amici, ma un chorizo tira l’altro.
Riccardo Lagorio
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