Lazio
Borgo Vodice (LT)
cantina Sant’Andrea
A Borgo Vodice, in provincia di Latina, a pochi chilometri da Sabaudia e dal Circeo, note località balneari, Cantina Sant’Andrea è una fra le più interessanti realtà del vino laziali. Un’azienda enoturistica che valorizza anche alcuni vitigni autoctoni e dell’Italia centrale, vanto della famiglia Pandolfo, le cui radici enologiche giungono addirittura nella vulcanica Pantelleria e nelle terre ancor più esotiche della Tunisia. A metà ‘800, infatti, il fondatore Andrea Pandolfo, nonno di Gabriele, attuale proprietario insieme al figlio Andrea III, emigrò dall’isolotto siciliano nella regione di Grombalia, a Khanguet Gare, dove cominciò a produrre vino, allora venduto soprattutto in Francia. L’azienda prosperò fino al ‘38, quando subì una battuta d’arresto a causa della Fillossera, ma impiantando barbatelle resistenti tornò a produrre senza pericolo, fino al maggio del ‘64, quando l’allora presidente tunisino Habib Bourghiba fece espropriare i possedimenti degli stranieri, che dunque lasciarono il Paese.
Dalla Tunisia, dopo una breve tappa a Napoli, i Pandolfo si trasferirono nelle pianure pontine, bonificate durante il regime fascista, con forza lavoro di Veneti, Friulani e Romagnoli, che colonizzarono queste terre un tempo paludose e malariche. E qui, da un piccolo podere, i Pandolfo crearono negli anni una tenuta importante, che oggi supera i 110 ettari, un centinaio dei quali solo di vigneto. 50 ettari di filari attorno alla cantina, altri appezzamenti tra i comuni di Aprilia, Sabaudia e Campo Soriano, terre che dal promontorio del Circeo lambiscono le colline di Cori e Terracina.
Un’area affacciata sul Tirreno e caratterizzata da un microclima ventilato grazie alla brezza marina e da suoli in cui hanno trovato un humus ideale vitigni come gli internazionali Merlot, Syrah e Cabernet sauvignon, ma anche la Malvasia puntinata, l’Aleatico, il Moscato di Terracina e l’autoctono Cebuco o Abbuoto. Insomma, terre che Cantina Sant’Andrea esprime al meglio nei suoi prodotti. Quali? Su 1,1 milioni di bottiglie, circa 500.000 rientrano nella linea top Acquerelli, altrettante nella linea Botti e 120.000 nella linea Kosher, un segmento che i Pandolfo presidiano da anni, rivolto al mercato internazionale ma con uno sbocco nella comunità ebraica romana.
Le prime due linee finiscono invece sugli scaffali del canale Ho.re.ca. — nulla in GDO — e in parte sono vendute in azienda o consumate nel ristorante interno Seguire le Botti, aperto tre anni fa per dare concretezza enoturistica a una cantina collocata proprio sulle rotte estive dei romani verso i lidi della cosiddetta Riviera di Ulisse: Sabaudia, il Circeo, Terracina, Fondi, Sperlonga fino a Gaeta e Formia, più a sud, in odor di Campania.
Cantina Sant’Andrea produce anche 50.000 bottiglie di spumanti e 100.000 di frizzanti, due tipologie in crescita, ora sostenute da una rinnovata linea d’imbottigliamento, inaugurata a gennaio 2024.
La linea più pregiata della cantina, Acquerelli, è composta da 16 etichette, disegnate su sfondo ad acquerello; a realizzarle l’artista di Formia Pompeo Cupo, che per Riflessi (Circeo Doc rosso e rosato) ha riprodotto l’immagine della chiesa della Sorresca, che si riflette appunto nelle acque del lago di Paola, per l’etichetta Dune (Circeo Doc bianco da uve Trebbiano e Malvasia) ha optato per le note dune di Sabaudia, mentre per l’Oppidum (Moscato di Terracina Doc secco) ha raffigurato in etichetta il bel centro storico di Terracina, un insediamento Volsco preromano (dal latino oppidum, fortezza, roccaforte). Infine, con il Templum (Moscato di Terracina Doc, amabile), ha raffigurato il monumentale tempio di Giove Anxur, uno spettacolare sito che i romani costruirono in cima allo sperone roccioso di monte S. Angelo, che sovrasta Terracina e il golfo. Con una vista spettacolare. In effetti potrebbe essere una location fantastica anche con un calice tra le mani.
www.cantinasantandrea.it
Basilicata
“Aglianico” Festival
Lo scorso marzo a Potenza si è tenuta la prima edizione di Aglianico, una mostra enologica nel centro del capoluogo lucano interamente dedicata ai vini della regione Basilicata. Su tutti l’Aglianico del Vulture DOcg, un rosso potente, strutturato e anche molto promettente. Per rintracciare un evento analogo a Potenza bisogna addirittura andare indietro ad una “vecchia” Mostra Enologica tenutasi negli anni 1887 e 1888, tante vite fa, poco dopo l’Unità d’Italia… Un’epoca, tra l’altro, di grande fermento nelle ricerche ampelografiche ed enologiche in Basilicata, grazie al lavoro di un medico e ricercatore locale, Michele Lacava, il quale, dopo tentativi compiuti da altri all’inizio del XIX secolo, fece entrare di diritto la Lucania fra le principali regioni italiane produttrici di vino. Nelle due mostre enologiche che organizzò insieme alla Camera di Commercio di Potenza coinvolse 220 produttori e accese i riflettori su numerose varietà di vite autoctone, oltre all’Aglianico, che costituiscono la base ampelografica regionale. Analisi chimiche dei vini, punti di forza e debolezza, correttivi tecnici, canali commerciali: furono questi e altri i temi affrontati durante le due rassegne.
Partendo da qui a marzo di quest’anno è stata dunque lanciata Aglianico, con un successo di pubblico inaspettato che fa ben sperare per una nuova e rinforzata edizione dedicata ai vini Docg, Doc e Igp della Basilicata e che coinvolga anche il bellissimo Teatro Stabile, da poco ristrutturato.
«Alle mostre enologiche del 1887 e del 1889 parteciparono 109 aziende il primo anno e 110 il secondo» ha ricordato Paride Leone, presidente di Slow Food Basilicata e proprietario della cantina Terra dei Re, a Rionero in Vulture, Potenza (www.terradeire.com). «Erano indicate addirittura 199 varietà di vite, un numero molto maggiore delle 28 che oggi sono iscritte nel Registro nazionale della vite e del vino per la sola Basilicata. Varietà come Zagarese, Vesparola, Vitola, Arciprete. Dalle due mostre enologiche il governo regio dell’epoca intuì che c’erano evidenti carenze e decise di mandare enologi e agronomi nelle campagne per insegnare ai contadini come coltivare correttamente la vite: vennero fondate le Regie Cattedre Ambulanti di viticoltura ed enologia per migliorare la qualità produttiva. In seguito arrivò la Fillossera e a Rionero in Vulture nacque l’Istituto sperimentale: gli impiegati erano reduci di guerra, creavano barbatelle per 200 ettari di vigna, ogni anno».
Insomma, ce n’è da raccontare anche nella piccola Basilicata, dove è stato istituito un paio d’anni fa l’Elenco regionale per l’enoturismo (una decina per ora le cantine) ed è oggi in progettazione un Distretto del vino: sono state concluse le procedure in Regione e i vari soggetti imprenditoriali (cantine, consorzi, enoteche, ecc…) devono adesso costituire e siglare la nascita del nuovo distretto. Sono previsti circa 15 milioni di finanziamenti per vari progetti sul territorio.
Un territorio che adesso deve promuoversi meglio con il «turismo della conoscenza, dello scambio e dell’accrescimento culturale, sia per chi ospita che per chi arriva» ha dichiarato Antonio Nicoletti, direttore dell’Apt Basilicata. «Non un turismo di consumo, ma un turismo delle passioni, che stiamo cercando di costruire insieme alle persone che in Basilicata hanno creato qualcosa d’importante. Questo interessa anche le cantine, che stiamo contattando per farle aderire al nostro progetto di racconto di questa piccola ma splendida regione».
Massimiliano Rella
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