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Zootecnia

Misure sanitarie nella lotta alle infezioni

di Mauri G.

Nei millenni di convivenza fra animali zootecnici e uomo c’è sempre stato il “terzo incomodo”: l’agente in-fettivo. La lotta contro di esso — quale che sia — è cominciata all’alba dei tempi e prosegue tuttora. Nel corso del tempo l’uomo ha raggiunto conoscenze che lo hanno avvantaggiato in questa lotta e che risultano attuali anche oggi, pure nell’allevamento intensivo. Ecco perché è sempre utile parlarne. Alla giornata di studio “Bios-icurezza nell’allevamento dei bovini attraverso lo studio delle loro malattie”, organizzata nel giugno scorso dal-l’Ausl di Modena, Marco Tamba del SEER dell’IZS della Lombardia e dell’Emilia-Romagna ha mostrato le caratteristiche delle malattie infettive, gli aspetti che le rendono particolarmente pericolose per la resa economica dell’allevamento e i punti critici del loro ciclo biologico sui quali intervenire per avere la meglio. Queste conoscenze stanno alla base dell’azione dell’uomo contro le malattie e si accompagnano ad altri elementi: la cognizione della situazione epidemiologica della mandria e la definizione degli obiettivi da raggiungere.

Se si hanno le idee chiare su questi aspetti, si può esser certi che l’azione di contrasto ed eliminazione dell’infezione sarà efficace. I primi tre punti li abbiamo già affrontati in un precedente articolo sempre su questa Rivista (si veda di Giulia Mauri, “Le malattie infettive: quando e perché combatterle”, in Eurocarni n. 10/2011). Oggi parliamo della situazione epidemiologica della popolazione da gestire e degli obiettivi che ci si prefigge.

Per il primo punto è molto utile il coefficiente di riproduzione di base R0. Quantifica il numero di casi secondari generato in media da ogni caso di malattia in una popolazione interamente suscettibile. In sostanza, il numero di infezioni trasmesse da ciascun individuo infetto.

R0 può essere maggiore, minore o uguale a zero.

R0 > 1: l’infezione si sta espandendo nella mandria. C’è un’epidemia in atto;

R0 = 1: la presenza dell’infezione nella mandria è costante. Siamo in uno stato di endemia;

R0 < 1: l’infezione è in via di estinzione.

Rβ x C x D):

β: la probabilità di trasmissione durante un singolo contatto;

C: il numero medio di contatti per unità di tempo;

D: la durata della contagiosità. 

Dunque, se una malattia viene trasmessa con facilità (ad esempio, per via orofecale), se basta un’esposizione breve a questa malattia per infettarsi (ad esempio respirando aerosol infetto) e se l’infetto rimane contagioso per un periodo lungo, l’agente infettivo ha una capacità di diffondersi nella mandria molto elevata.

Chiarita la situazione nella nostra popolazione, possiamo definire gli obiettivi da raggiungere. Nel caso di un allevamento, è possibile mirare al bio-contenimento, ovvero a ridurre il rischio di diffusione di agenti infettivi responsabili di malattie contagiose già presenti in allevamento. Con il bio-contenimento l’allevatore può tutelare la propria rimonta e, quindi, riuscire a eradicare col tempo la malattia.

In generale, gli interventi adottati contro un agente patogeno mirano a tre risultati: prevenzione, controllo o eradicazione.

È possibile fare prevenzione solo in una popolazione sana, dal momento che essa consiste nell’evitare l’infezione. Riguarda sia le misure per prevenire l’ingresso della malattia in un’area geografica (come la quarantena, ad esempio), sia le misure per proteggere una specifica popolazione in un’area infetta (come la vaccinazione). La prevenzione può essere applicata non solo all’intera mandria, ma anche a un singolo individuo.

Il controllo, invece, ha lo scopo di ridurre la frequenza di una malattia presente sul territorio ad un livello biologicamente e/o economicamente giustificabile o trascurabile. Può essere efficace solo se le misure sanitarie vengono estese a tutta la popolazione animale.

Infine, l’eradicazione mira al-l’eliminazione di determinati agenti eziologici da un’area definita, che può essere l’allevamento, la regione, il Paese o anche l’intero pianeta. Naturalmente, deve coinvolgere tutta la popolazione presente sul territorio. L’eradicazione è un’attività molto impegnativa e dunque la Sanità pubblica si cimenta in questa impresa solo in particolari casi: se la malattia causa danni tali da rendere economicamente giustificabile l’intervento, ad esempio se si tratta di una zoonosi, ancor meglio se è iscritta nella lista A dell’OIE; se la malattia presenta caratteristiche che permettono la rilevazione dei casi di infezione e la sorveglianza sul territorio; se esiste almeno uno strumento in grado di fermare la trasmissione della malattia.

Dunque, la Sanità pubblica ela-bora un’analisi costi/benefici, pri-ma di indire una campagna di eradicazione di una malattia. Ed è opportuno che anche l’allevatore lo faccia; ad esempio, l’eradicazione di una malattia dalla propria azienda può venir vanificata in qualsiasi momento se non si ha il controllo del territorio circostante l’allevamento: un’azienda zootecnica ha molti contatti con l’ambiente circostante, alcuni anche inaspettati. «Nelle attività di prevenzione, controllo ed eradicazione, le diverse misure sanitarie di lotta possono essere impiegate e modulate singolarmente o in combinazione», ha detto Tamba. Queste misure comprendono la quarantena, la riduzione dei contatti fra animali, la modulazione della resistenza della mandria, l’educazione del personale di stalla, l’uso di sostanze chimiche come farmaci e disinfettanti, il controllo ambientale, il controllo biologico e l’abbattimento.

L’abbattimento, ad esempio è una misura molto drastica, che com-porta gravi perdite numeriche e genetiche e, in base all’obiettivo che ci si è prefissi, deve colpire sogget-ti differenti. Dal controllo della malattia alla sua eradicazione, la rosa degli abbattuti si fa sempre più ampia: prima coinvolge solo i malati e i sospetti clinici, poi man mano prende gli infetti, i sospetti infetti, i contaminati, i sospetti contaminati, i sani vaccinati e, per finire, anche i sani non vaccinati. Sfortunatamente, a volte, l’abbattimento non è sufficiente, in quanto l’agente infettante resiste nell’ambiente a lungo. E allora bisogna allontanare e trattare i liquami, compiere una profonda pulizia e sanificazione dell’ambiente, tenere le strutture vuote per un certo periodo di tempo.

Altre volte, per fortuna, non serve giungere a misure così drastiche, e la riduzione dei contatti fra capi sani e capi infetti o potenzialmente infetti (e i loro prodotti e materiali contaminanti) consente di preservare la mandria e raggiungere gli obiettivi prefissi. In questo caso, si innalzano barriere fisiche o di pratiche manageriali, che vanno da un semplice recinto per mantenere le distanze, alla destinazione degli ambienti di allevamento (in un’azienda da latte: sala parto, stalla primipare, vitellaia), a sistemi di ventilazione, di alimentazione e di eliminazione delle carcasse. Anche la quarantena è uno strumento, ma è efficace solo se adottato per tempi superiori a quelli di incubazione e se la struttura è dedicata e organizzata in modo da avere distribuzione del foraggio e trat-tamento dei reflui separati.

Il controllo dell’ambiente svolge un ruolo chiave, ordine, pulizia, igiene sono aiuti importanti, soprattutto nelle malattie polifattoriali e condizionate, come le malattie respiratorie o molte mastiti. La chimica offre un aiuto che non va certo disdegnato: dai vaccini, ai farmaci, ai disinfettanti per sanificare l’ambiente fino ai pesticidi per eliminare gli insetti vettori il suo contributo è essenziale. Ma da sola può far poco o per poco tempo.

Bisogna influire anche sulle capacità di resistenza dell’ospite, attraverso la selezione di gruppi geneticamente resistenti e più adattati all’ambiente e la stimolazione dell’immunità generale contrastando le patologie immuno-depressive e lo stress; ma pure attraverso l’aumento dell’immunità passiva — vaccinando le madri e somministrando in modo corretto il colostro — e dell’immunità acquisita grazie alle vaccinazioni. In alcune situazioni, il controllo biologico dell’ambiente gioca un ruolo molto importante. Non si può solo pensare di sterminare i vettori, poiché spesso questa è una battaglia contro i mulini a vento. Oggi ci si può affidare anche alla lotta biologica al parassita o al suo vettore, per esempio, facendo occupare ad altre specie la nicchia ecologica del patogeno, altrimenti introducendo in azienda i predatori naturali, i maschi sterili o patogeni per il parassita stesso. Last but not least, l’educazione sanitaria del personale di stalla e del responsabile della gestione: in un programma di lotta, non deve mai mancare il coinvolgimento e la responsabilizzazione degli uomini che entrano in contatto con gli animali, compresi i trasportatori, gli alimentaristi e i veterinari.


Giulia Mauri



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