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Storia e cultura

Il pranzo di Babette e il brodo di tartaruga proibito

di Focacci A.

La lettura dell’interessante articolo pubblicato sul numero 5/2012 di questa rivista dal titolo “Carni lecite e proibite” a firma John B. Dancer, antropologo dell’alimentazione, spinge ad approfondire l’argomento, peraltro trattato ampiamente dallo stesso, con riferimento a tut-ta una serie di carni consumate dall’uomo in condizioni, epoche e ambienti diversi. Nell’articolo sopra accennato, l’autore non ricorda tuttavia un tipo di carne largamente consumata un po’ in tutto il mondo, ma che oggi è da annoverare tra quelle proibite: la carne delle tartarughe. A questo proposito va sottolineato come questa nota, che descrive una situazione del passato, sia pure recente, costituisca il richiamo storico ad un tipo di alimentazione oggi vietato; quindi la ricetta indicata di seguito, assieme ad altre indicazioni per l’impiego della carne di tartaruga, sono riportate solo per curiosità e non certo per essere utilizzate.

Altro motivo per la stesura di questa nota è il ricordo di un famoso film del 1987, Il pranzo di Babette, scritto e diretto da Gabriel Axel, tratto dall’omonimo racconto di Karen Blixen, vincitore dell’Oscar 1988 al migliore film straniero e della menzione speciale della giuria ecumenica del Festival di Cannes. Nel film spicca il prezioso menu preparato per l’occasione, nel quale, come primo piatto, è indicato appunto il brodo di tartaruga. La storia racconta di in un piccolo villaggio della Norvegia di fine Ottocento dove vivono Martina e Filippa, figlie di un pastore protestante, la cui vita è semplice e frugale, dedita all’aiuto dei compaesani in difficoltà. Un giorno si presenta alla loro porta, stremata, la francese Babette Hersant, fuggita da Parigi perché accusata di essere una communard. Babette viene accolta grazie alla lettera di un vecchio corteggiatore di una delle due anziane sorelle e si guadagna l’ospitalità facendo da governante e contribuendo all’attività di beneficenza. Dopo quattordici anni, da Parigi arriva per Babette una grossa vincita in denaro, 10.000 franchi. Tutti credono che li userà per tornare in Francia, ma lei chiede di poter dedicare un pranzo alla memoria del padre di Martina e Filippa nel centenario della sua nascita.

Gli abitanti del villaggio, seguaci di una vita priva di piaceri terreni, saranno letteralmente se-dotti e inebriati dal pranzo che Babet-te, un tempo grande chef in un ristorante parigino, ha voluto organizzare per poter nuovamente esprimere il suo talento di artista, spendendo tutto il suo denaro. Le tartarughe, dette anche che-loni, fanno parte dell’ordine Testu-dines o Chelonia, il solo ordine vivente della sottoclasse Anapsida (caratterizzata dalla presenza di un cranio solido, senza aperture vicino alle tempie). Le tartarughe sono dei rettili dotati di corazza, una struttura ossea o cartilaginea che racchiude gli organi interni. I cheloni, come gli altri membri del gruppo Amniota (rettili, uccelli e mammiferi), sono caratterizzati dal fatto di respirare aria e di non deporre uova nell’acqua. Le tartarughe si trovano in tutti i continenti, eccetto l’Antartico, e occupano habitat terrestri, semi-acquatici, d’acqua dolce e salmastra, e marini. La più grande tartaruga vivente è una specie marina, Dermochelys coriacea, che raggiunge i 2 metri di lunghezza e un peso di 900 chilogrammi. Tra le tartarughe di terra, le più grandi sono quelle giganti di Galapagos e Seychelles (Geochelone nigra e G. gigantea), che possono raggiungere 130 cm di lunghezza e 300 kg di peso. Pelochelys cantorii, che può raggiungere i 2 metri, è una tartaruga d’acqua dolce. Da noi sono ben conosciute la simpatica tartaruga d’acqua Caretta caretta e la comune tartaruga terrestre Hermanni, frequente nei nostri boschi e nei nostri giardini.

Il brodo di tartaruga era considerato un piatto prelibato, che doveva essere presente nei sontuosi pranzi dell’aristocrazia o sulle tavole della ricca clientela frequentatrice dei grandi ristoranti. Era particolarmente apprezzato un po’ in tutto il mondo, specialmente in Oriente, dove viene tra l’altro allevata, in milioni di esemplari, la Pelodiscus sinensis, o tartaruga dal guscio molle della Cina. Quella usata da Babette era una tartaruga d’acqua, appositamente importata ancora viva, e questo perché le sue carni sono quelle più adatte per il consumo alimentare. Va precisato che rifornirsi di tartarughe d’acqua non era affatto facile, per cui, anche a causa della notevole richiesta del prodotto, si ricorreva spesso all’uso di carne conservata in scatola (certamente con il metodo Appert della doppia cottura).

Ecco la ricetta per una zuppa di tartaruga preparata nei ristoranti italiani ancora nell’immediato dopoguerra: “Prendete una tartaruga di mare, levate la crosta, disossatela lasciandola sotto l’acqua corrente 5 o 6 ore affinché diventi bianca; prendete la parte nervosa e fatela al brodo; la parte buona, fatela rosolare in una casseruola con l’aiuto di qualche piedino di vitello, testina e ossa di manzo, mettete tanti profumi ed erbe aromatiche, legumi, pepe in grani pestato; quando è leggermente glassata si bagna col suo brodo allungando con altro brodo. Fate bollire l’altra parte di tartaruga cotta, levatela, chiarificando il suo brodo con carne di manzo tritata e macinata; fate di nuovo bollire, passate all’étamine il consommé, finite con una riduzione di timo, lauro, pepe in grani e majorana di Persia, bagnate e fate bollire con cognac, marsala ed anche un bicchiere di cherry; fate che il consommé diventi cremoso e denso, nel caso non fosse abbastanza denso aggiungete della tapioca, fate cuocere e passate all’étamine; tagliate la tartaruga a quadrettini, uniteli a quadrettini di tartufi neri come guarnizione. È una zuppa gustata soprattutto in Oriente e va servita in tazza con pagliuzze dorate piccanti a parte”.

Già le caratteristiche di questa ricetta danno l’idea di quanto fosse complessa la preparazione del brodo, sia per la quantità degli ingredienti utilizzati, sia per i tempi di preparazione. Si può fare riferimento anche a ricette inglesi e francesi che prevedono, in modo ancor più rilevante rispetto alla ricetta italiana, l’utilizzo di una varietà esorbitante di elementi tra cui spezie (come timo, chiodi di garofano, pepe), vegetali (come cipolla, prezzemolo, gambi di funghi coltivati, sedano, aglio, alloro, basilico, pomodoro, maggiorana, limoni), e poi carni di vitello (il gambetto), di pollo e prosciutto in pezzi, infine vini particolari come il Madera ed eventualmente salsa Worcestershire e cognac. A tutto questo si deve aggiungere la complessità e i tempi richiesti da tutte le operazioni di preparazione per le quali erano previsti interventi di fiammeggiatura del pollo,lavaggi, ripetute ebollizioni anche per i diversi tipi di carne, filtrazioni, sbattiture e quant’altro.

Le carni utilizzate per il brodo si potevano servire a parte, componendo un bollito misto, unendo la salsa Worcester solo dopo essersi accertati che la zuppa non fosse troppo saporita. Da ricordare che anche il brodo delle altre carni non doveva essere troppo saporito, essendo quello di tartaruga ricco di pepe e spezie. Gli inglesi usavano talora aggiungere dello sherry al brodo di tartaruga, tradizione peraltro presente anche in Italia con il bévr vin padano (Ballarini G., Eurocarni n. 9/12, pag. 160) e con la semplice aggiunta di una piccola quantità di vino rosso nel piatto colmo di brodo di carne in Toscana.

Preparazioni come quelle sopra accennate non potevano che essere eseguite da personale assai qualificato, dai migliori chef e dai cuochi al servizio di aristocratici. Ma la carne di tartaruga veniva consumata frequentemente anche dalle classi più povere, che solitamente ricorrevano all’utilizzo della comune tartaruga terrestre. Contadini, boscaioli, terrazzieri e tutti coloro che vivevano nelle campagne o lavoravano in zone boschive, difficilmente non approfittavano della presenza di questi animali. Le tartarughe venivano prima lessate, talora senza neanche togliere il carapace, quindi disossate; poi la carne veniva ancora bollita per il brodo, oppure utilizzata per preparare un sugo con cui condire la pastasciutta. 

Tutto è finito quando è stata approvata la Convenzione di Washington sul commercio internazionale delle specie di flora e di fauna selvatiche, loro parti e prodotti derivati (CITES), approvata da più di 160 paesi e seguita, per quanto riguarda l’Unione Europea, dal Regolamento (CEE) 3626/82 recepito dal Governo italiano con Decreto Ministeriale 31 dicembre 1983. L’allegato C, paragrafo 1 del suddetto decreto indica le specie animali tutelate, delle quali si proibisce non solo la caccia, ma anche l’uso alimentare delle relative carni. Anche il semplice possesso di questi animali, prima tra tutte la Hermanni, deve essere denunciato al Corpo Forestale dello Stato in quanto titolare delle attività sulle specie indicate nelle normative sopra accennate.


Aldo Focacci



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