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L'autocontrollo nella pescheria

di Cappelli M.

Introduzione

L’obbligo di adottare ed attuare in tutte le attività di produzione, deposito, trasporto e commercio dei prodotti alimentari un piano di autocontrollo basato sul sistema HACCP (Hazard Analysis and Critical Conrol Point), secondo quanto previsto dal DLgs 26 maggio 1997, n. 155, interessa, nel settore dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura, la vendita al dettaglio in tutte le forme in cui essa è esercitata. Infatti, com’è noto, le fasi di produzione, deposito e commercializzazione “all’ingrosso” (con esclusione del deposito di prodotti preconfezionati) sono regolamentate, per quanto riguarda l’aspetto igienico-sanitario, dal DLgs 30 dicembre 1992, n. 531, che all’art. 6 prevede per gli stabilimenti riconosciuti un sistema di autocontrollo basato sull’identificazione dei punti critici, sulla definizione dei metodi di sorveglianza e di controllo degli stessi, sul prelievo di campioni per analisi di laboratorio e sulla conservazione della relativa documentazione: elementi presenti anche nel più completo sistema HACCP, che sarà comunque introdotto integralmente per tutte le fasi produttive e commerciali con l’applicazione del regolamento (CE) n. 852/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004 (già in vigore ma applicabile dal 1° gennaio 2006).

Qui non si vuole redigere un piano di autocontrollo: sarebbe del resto profondamente sbagliato fornire soluzioni precostituite ed indifferenziate, senza considerare le peculiarità delle singole strutture commerciali. Si vogliono semplicemente suggerire alcuni elementi generali per affrontare il problema relativamente alle attività di vendita al dettaglio negli esercizi tradizionalmente denominati “pescherie”.

 

La pescheria

Secondo la classificazione del DLgs n. 114/1998, la tradizionale pescheria è solitamente un esercizio di vicinato del settore alimentare: un esercizio, cioè, adibito alla vendita di alimenti avente una superficie di vendita non superiore a 150 mq nei comuni con meno di 10.000 residenti o non superiore a 250 mq nei comuni con oltre 10.000 residenti. Da tempo non esistono più le tabelle commerciali di cui alla preesistente normativa in materia di commercio: gli esercizi del settore alimentare possono vendere qualunque prodotto alimentare purché siano rispettate le norme igienico-sanitarie, per esempio riguardo all’utilizzo delle attrezzature e dei locali, al personale, eccÖ Si devono evitare, in pratica, interferenze tra diverse attività a rischio e quindi le contaminazioni crociate, che possono derivare proprio dalla promiscuità nelle fasi di conservazione, di preparazione e lavorazione, di esposizione e di vendita.

La pescheria ha generalmente mantenuto la sua specificità e tradizione, limitandosi alla vendita dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura, a seconda dei casi freschi, congelati, decongelati e trasformati o conservati, estendendo l’attività tutt’al più a prodotti di altro genere preconfezionati, per i quali, soprattutto se non deperibili, i fattori di rischio sono assai limitati.

Negli ultimi anni, con lo sviluppo della grande distribuzione organizzata, si è diffusa l’attività di “pescheria” esercitata in specifici reparti di medie o grandi strutture di vendita (supermercati, ipermercati), conservando in generale caratteristiche simili a quelle dell’esercizio tradizionale.

 

Premesse al piano di autocontrollo

Si ritengono necessarie alcune premesse al piano di autocontrollo, che vengono sotto elencate.

 

Dati anagrafici aziendali

Indicare i dati aziendali completi è molto importante: nome e sede della ditta, oltre a cognome, nome e dati anagrafici completi ed aggiornati (luogo e data di nascita, residenza) del titolare o legale rappresentante. è meglio se i dati sono accompagnati da una visura camerale aggiornata.

 

Individuazione delle responsabilità

L’art. 2 del decreto legislativo n. 155/1997 prevede che il Responsabile dell’industria alimentare sia il titolare o persona specificamente delegata. Il Responsabile è colui che deve garantire l’igienicità di tutte le operazioni, individuare le fasi critiche per la sicurezza alimentare, individuare, applicare, mantenere e aggiornare le adeguate procedure di sicurezza secondo il sistema HACCP e tenere a disposizione dell’autorità di controllo le informazioni e la documentazione relativa; è, infine, colui che riceve dagli incaricati del controllo ufficiale le eventuali prescrizioni e le contestazioni in caso di violazione.

L’eventuale delega deve essere scritta dal titolare ed accettata, sempre per iscritto, dall’interessato, o risultare dalla documentazione ufficiale allegata (atti societari o visura camerale) nel caso di una vera e propria procura speciale. Il responsabile deve comunque essere persona in possesso del requisito dell’autonomia decisionale e finanziaria: solo tale requisito, infatti, gli consente di far fronte alle decisioni e alle spese necessarie per la gestione del sistema e per l’esecuzione di eventuali prescrizioni impartite dagli organi di controllo ufficiali, onde non incorrere nelle sanzioni previste. In premessa al piano è bene che siano riportati i suoi dati anagrafici completi. Possono essere indicate responsabilità di grado inferiore (per esempio riguardo alle procedure, all’esecuzione di determinate operazioni, a specifici controlli e azioni di monitoraggio), che hanno tuttavia una valenza esclusivamente aziendale, senza alcuna rilevanza legale.

 

Descrizione dei locali, impianti e attrezzature

In qualunque piano di autocontrollo è opportuno descrivere adeguatamente i locali, con riferimento alla loro conformità all’Allegato al DLgs n. 155/1997 (caratteristiche costruttive, facile pulibilità, lavabilità, luminosità, aerabilità, eccÖ), meglio se con l’ausilio di una planimetria allegata nella quale indicare la collocazione dei principali impianti ed attrezzature (cella, banco frigorifero, scaffalature, eccÖ). Anche di queste è utile descrivere le caratteristiche igienico-funzionali. Attrezzi ed utensili in dotazione potranno essere elencati e descritti. La descrizione di impianti e attrezzature può essere utilmente accompagnata dalla documentazione fornita dal costruttore con informazioni circa le modalità di utilizzo, la pulizia e la manutenzione.

 

Piano di autocontrollo

L’elaborazione di un Piano di Autocontrollo con il sistema HACCP contempla fondamentalmente l’individuazione dei pericoli, l’analisi e la gestione del rischio nello specifico processo. Occorre innanzitutto individuare le fasi del processo, che nel caso della classica pescheria possono essere:

  • fornitura;
  • stoccaggio;
  • esposizione;
  • preparazione (eviscerazione, decapitazione, sfilettatura, desquamatura);
  • vendita.
  • Il diagramma di flusso che ne deriva, a solo scopo esemplificativo, è molto semplice; esso deve comunque essere adeguato alle singole situazioni e agli specifici processi aziendali.

     

    Individuazione dei pericoli e analisi del rischio

    Definito il processo si deve procedere all’individuazione dei pericoli e, per ognuno di essi, all’analisi del relativo rischio. Il pericolo è una caratteristica biologica, chimica o fisica di un alimento, in grado di comprometterne la sicurezza, mentre il rischio è la probabilità che il pericolo si presenti. Il Punto Critico di Controllo (CCP) è una fase nella quale, applicando una specifica metodologia di controllo, sia possibile annullare o ridurre a livelli accettabili i rischi individuati, assicurando la sicurezza dell’alimento. In maniera sintetica si può ipotizzare quanto segue.

     

    Fase: fornitura

    Il rischio è rappresentato dalla probabilità di introdurre nell’esercizio prodotti non conformi. La non conformità può essere riferita a pericoli di carattere biologico (presenza di parassiti, di microrganismi patogeni o di una carica microbica elevata che può esprimersi con il deterioramento del prodotto), chimica (per esempio, presenza di residui di sostanze impiegate nell’acquacoltura, di contaminanti ambientali come il mercurio o il cadmio, di additivi in quantità superiori ai limiti di legge come i solfiti nel crostacei freschi) o fisica (corpi estranei, in particolare nei prodotti preparati preconfezionati o in prodotti di piccole dimensioni venduti e consumati in massa, come per esempio il novellame di alici e sarde denominato “bianchetti”). Occorre tenere comunque conto della tipologia di prodotto e delle modalità di consumo.

    Il rischio che si verifichi una non conformità non è elevato, purché si adotti e si segua un’adeguata procedura di selezione dei fornitori valutandone l’attendibilità e si provveda alla verifica di ogni fornitura. La fase può essere correttamente individuata come Punto Critico di Controllo, ma può essere gestita anche a livello di procedura.

     

    Fase: stoccaggio

    Nello stoccaggio dei prodotti i principali pericoli sono rappresentati da:

    Ad eccezione della moltiplicazione microbica, tutti i pericoli qui elencati possono essere tenuti sotto controllo, e quindi esprimersi con un basso rischio, mediante l’adozione e il rispetto di adeguate procedure di sanificazione, di manutenzione e in generale di gestione dell’ambiente interno dell’esercizio, ed in particolare delle celle frigorifere, nonché di igiene del personale (buone pratiche igieniche).

    Per quanto riguarda invece il pericolo di moltiplicazione microbica, questo può esprimersi con un’alta probabilità di rischio, causando il graduale deterioramento del prodotto fino alla sua alterazione; vi è la necessità e la possibilità di applicare una misura preventiva, quale il condizionamento termico, allo scopo di ridurre il rischio (non si ritiene possibile in questo caso eliminare completamente il pericolo). Si può dire che la fase di stoccaggio, considerata per il pericolo di “moltiplicazione microbica”, sia il classico CCP, o Punto Critico di Controllo.

     

    Fase: esposizione

    La fase di esposizione al pubblico per la vendita comporta i medesimi pericoli evidenziati per la fase di stoccaggio. Pertanto, il rispetto delle procedure predefinite (buone pratiche igieniche) tiene sotto controllo il rischio, ad eccezione che per il pericolo di moltiplicazione microbica che costituisce un CCP.

     

    Fase: preparazione

    Si possono far rientrare in questa fase le operazioni di decapitazione, eviscerazione, taglio, sfilettatura, deliscatura, desquamazione: operazioni che vengono generalmente eseguite nella pescheria su richiesta del cliente. I pericoli possono essere gli stessi già evidenziati nella fase di stoccaggio, con esclusione della moltiplicazione microbica data la rapidità delle operazioni stesse che comportano una ridottissima esposizione a temperatura ambiente.

    Anche in questa fase, quindi, il rischio che tali pericoli si verifichino è insignificante purché si adottino e si gestiscano correttamente le buone pratiche igieniche e di lavorazione.

     

    Fase: vendita

    Questa fase si risolve con il prelievo del prodotto dal banco e con la pesatura e l’incarto, eventualmente previa preparazione (fase precedentemente analizzata), con consegna finale al cliente. Come per la fase precedente, le procedure di igiene, in particolare riferite al personale, consentono di tenere sotto controllo il rischio. Si aggiunga che in questa fase interviene il materiale d’incarto (fogli di carta, sacchetti plastici, pellicole), che deve essere considerato nelle procedure di selezione dei fornitori e risultare, eventualmente da documentazione allegata, idoneo a venire a contatto con gli alimenti.

     

    Gestione del rischio e monitoraggio dei CCP

    Come si è visto, i CCP sicuramente individuabili nel processo ipotizzato sono le fasi di stoccaggio e di esposizione per la vendita, limitatamente ai prodotti deperibili e in riferimento al pericolo di moltiplicazione microbica. Per limitare il più possibile il rischio, vale a dire la possibilità che il pericolo si verifichi, occorre individuare una misura preventiva, che è costituita dal mantenimento dei prodotti ad adeguata temperatura. Si farà quindi uso di una cella frigorifera nella fase di stoccaggio e di un banco espositore, anch’esso frigorifero, con adeguata impostazione termica.

    Si consideri che l’art. 31 del DPR n. 327/1980 prevede che “gli spacci di vendita e i banchi di generi alimentari debbono essere forniti, sia nelle mostre che negli eventuali depositi, di mezzi idonei ad un’adeguata conservazione delle sostanze alimentari, in rapporto alla loro natura e alle loro caratteristiche”. È quindi indispensabile individuare il limite critico, che è definibile come il confine entro il quale il punto critico deve restare per essere considerato sotto controllo. Deve essere, in pratica, deciso quale sia il valore termico che non deve essere superato.

    Per i prodotti della pesca e dell’acquacoltura freschi in vendita al dettaglio non è prevista dalla normativa nazionale e comunitaria una specifica modalità di conservazione: deve quindi farsi riferimento ai regolamenti locali d’igiene, laddove esistenti e contemplanti la materia, e comunque all’evidenza scientifica, trasposta nella normativa per le fasi di trasporto e di deposito negli stabilimenti riconosciuti, che cita, in diversi casi:

    (Per un approfondimento in merito si rimanda all’articolo “Regime termico di conservazione e di trasporto dei prodotti ittici”, su Il Pesce n. 05/2004).

    Si può quindi verosimilmente individuare un limite critico pari a +4°C, che è comunque vicino a 0°C o temperatura di fusione del ghiaccio, qualora si voglia definire un valore numerico; in tal caso, il monitoraggio viene eseguito verificando la temperatura del frigorifero, mediante termometri registratori, lettura dei termometri tradizionali o elettronici installati nei frigoriferi o misurazioni con termometri manuali da effettuarsi almeno nei momenti più caldi della giornata. Nel caso dei banchi espositori, che a differenza delle celle vengono normalmente attivati solamente per l’orario di apertura dell’esercizio, il responsabile dovrà garantire il rispetto della temperatura prevista già prima dell’introduzione dei prodotti.

    Per la fase di esposizione si può tuttavia individuare come limite critico la stessa presenza/assenza di ghiaccio, sia che si faccia uso di banco frigorifero e il ghiaccio sia di ausilio (condizione comunque preferibile, dato che il lento scioglimento del ghiaccio assicura la costante idratazione dei prodotti esposti che mantengono un aspetto fresco e brillante), sia che si usi solo ghiaccio: infatti, secondo il regolamento (CE) n. 852/2004, il limite critico può anche non essere necessariamente numerico.

    La presenza fisica di ghiaccio frammisto ai prodotti ittici è indice di una temperatura non lontana dagli 0°C. In tal caso, il monitoraggio sarà costantemente eseguito mediante osservazione visiva, con aggiunta periodica di ghiaccio via via che questo si scioglie. Nel caso di prodotti della pesca e dell’acquacoltura congelati o surgelati il limite critico sarà, in tutte le fasi di stoccaggio ed esposizione, pari a -18°C, come previsto dalla normativa.

    Per quanto riguarda invece i molluschi bivalvi vivi (ma anche i gasteropodi), il limite termico non è previsto dall’attuale normativa, anche se i produttori riportano in etichetta, oltre che la raccomandazione secondo la quale i prodotti devono essere “vivi e vitali”, l’indicazione di conservare al massimo a +6°C (valore derivato dalla precedente normativa, ora abrogata, e comunque basato sull’evidenza scientifica). La verifica dell’eventuale presenza di molluschi morti, da considerare come limite critico per dare corso, nel caso, all’azione correttiva dell’eliminazione dalla vendita del prodotto, sarebbe comunque un procedimento tardivo e non preventivo: si ritiene corretto considerare come limite critico, proprio per prevenire il deterioramento e la morte dei molluschi, quello di +6°C.

    Per quanto riguarda la fase di fornitura o ricevimento merce, questa può essere individuata come CCP, ma nella sostanza si ritiene sufficiente definire la relativa procedura e garantirne l’applicazione (si rimanda, a tal proposito, allo specifico capitolo).

     

    Documentazione della gestione del rischio

    La gestione del rischio e il monitoraggio dei CCP saranno documentati mediante la registrazione dei dati relativi alle osservazioni e/o delle non conformità. In alcuni casi le Regioni hanno suggerito, mediante linee guida, le modalità e le eventuali semplificazioni del caso.

    È comunque indispensabile definire preventivamente le azioni correttive per i casi di non conformità e, qualora la non conformità dovesse verificarsi, la sua documentazione mediante registrazione.

    Per fare un esempio, per quanto riguarda lo stoccaggio in cella frigorifera la non conformità consiste nell’osservazione di una temperatura superiore al limite critico stabilito; l’azione correttiva consiste invece nell’immediata regolazione del sistema refrigerante allo scopo di ripristinare la conformità o, se necessario, alla richiesta d’intervento del manutentore, accompagnata da immediata idonea collocazione dei prodotti per garantire comunque la refrigerazione fino a riparazione avvenuta e, in casi estremi, dall’eventuale eliminazione della derrata qualora la temperatura misurata al cuore dei prodotti e la verifica dei caratteri organolettici fossero indice di cattivo stato di conservazione o di alterazione.

    Per quanto riguarda invece l’esposizione per la vendita, l’azione correttiva in caso di innalzamento della temperatura o scioglimento del ghiaccio può consistere nella immediata regolazione o riparazione dell’impianto del banco, o in un’opportuna aggiunta di ghiaccio. Anche in tal caso sarà necessario valutare se trasferire il prodotto in altro banco funzionante, se disponibile, o nella cella frigorifera, e se vi siano le condizioni per considerare i prodotti deteriorati o alterati, con conseguente loro eliminazione.

     

    Procedure

    Le procedure consentono di tenere sotto controllo i pericoli in diverse fasi del processo. Per attenersi alle disposizioni di cui all’allegato al DLgs n. 155/1997, occorre definire procedure relative a:

    Pulizia, sanificazione, manutenzione e disinfestazione dei locali

    Saranno indicate nella procedura le modalità e la frequenza delle operazioni, nonché i prodotti utilizzati (detergenti e disinfettanti). Di questi ultimi è opportuno allegare schede tecniche e/o etichette, dalle quali si evincano le caratteristiche, i dosaggi, i tempi di contatto, eccÖ Sono utili, anche se non obbligatorie, analisi periodiche con l’impiego di tamponi o piastre a contatto, per verificare l’efficacia della sanificazione sulle superfici più esposte al contatto con gli alimenti.

    Per quanto riguarda la disinfestazione, la procedura deve individuare gli infestanti che costituiscono un rischio igienico nella struttura di vendita: i gruppi più importanti sono gli insetti (mosche, blatte) e i roditori (topi e ratti).

    Si suggerisce di prevedere un efficace monitoraggio, che dovrebbe non limitarsi a rilevare la presenza evidente di infestanti ma essere in grado di verificare anche segni indicatori: per esempio, rosicchiature, impronte e feci per i roditori, ooteche (piccoli “astucci” scuri e reniformi che contengono le uova) per le blatte. In caso di presenza devono scattare le procedure di lotta, seguendo opportuni protocolli e dosaggi con attrezzature e prodotti idonei, documentando ogni operazione. è sempre preferibile l’intervento di ditta specializzata, meglio se con frequenza predeterminata in base al rischio presentato dalla struttura e dalla zona in cui questa è ubicata, con la conservazione agli atti della documentazione rilasciata.

    Per quanto riguarda le mosche, la procedura di prevenzione inizia dalla constatazione dell’adozione di tutti gli accorgimenti tecnici possibili: retine alle finestre, porte d’ingresso da mantenersi chiuse, lampade a raggi ultravioletti da attivare durante la notte, confinamento dei rifiuti e sottoprodotti (vedere specifica procedura).

     

    Pulizia, sanificazione e manutenzione delle attrezzature, degli strumenti e degli utensili

    Occorre procedere analogamente ai locali, considerando la specificità e le caratteristiche di ogni singola attrezzatura. Per apparecchi e strumenti complessi (frigoriferi, produttori di ghiaccio, seghe elettriche per congelati, eccÖ) è utile definire un protocollo di manutenzione periodica, di cui documentare l’esecuzione, sia per l’aspetto igienico che per quello della sicurezza.

     

    Deposito e smaltimento dei rifiuti e residui alimentari

    La procedura deve prevedere non solamente le modalità di smaltimento (attraverso immissione nei rifiuti solidi urbani o mediante consegna a ditta specializzata), ma soprattutto le modalità di raccolta, confinamento e conservazione dei rifiuti e dei sottoprodotti (scarti) prima dello smaltimento stesso: utilizzo nei locali di vendita e lavorazione di contenitori con coperchio ad apertura non manuale e chiusura automatica, di contenitori chiusi (meglio se ermetici) per lo stoccaggio degli scarti in cella frigorifera, uso di sacchi monouso, precauzioni nella movimentazione. Ciò al fine di prevenire contaminazioni dei prodotti alimentari, di effettuare un’efficace lotta alle mosche e altri infestanti, ecc…

     

    Rifornimento idrico

    Generalmente l’acqua potabile è fornita mediante collegamento all’acquedotto pubblico. Tuttavia, in alcune zone esistono ancora pozzi o sorgenti privati. è necessario dichiarare la provenienza dell’acqua, documentandola con il contratto e/o fattura (bolletta) di fornitura o, in caso di fornitura alternativa, con rapporti di prova relativi alle analisi eseguite con le frequenze prescritte, dai quali risulti la conformità ai parametri di legge. Da non trascurare l’igiene e la manutenzione degli eventuali serbatoi di riserva idrica.

     

    Igiene e comportamento del personale

    Occorre definire un protocollo di comportamento igienico, da inserire nel programma di formazione. Esistono numerosi manuali con protocolli generali, molto utili, che devono essere adattati, se necessario, a specifiche situazioni aziendali.

     

    Selezione dei fornitori e ricevimento merci

    Per la procedura di selezione dei fornitori si suggerisce di individuare i seguenti criteri:

    Per quanto riguarda il ricevimento dei prodotti (fase che talvolta viene individuata come CCP) il dettagliante dovrà curarsi di verificare ogni volta: A seconda delle decisioni assunte dal responsabile, questi dovrà documentare la procedura mediante scheda di registrazione di conformità, da compilare ad ogni ricevimento o a campione, e/o scheda di registrazione di non conformità da cui risulti il relativo respingimento della merce.

    Si aggiunga che, ai fini della prevenzione dalla presenza di larve di parassiti del genere “anisakis”, la circolare del Ministero della Sanità n. 10 dell’11-03-1992 raccomanda ai pescatori di eviscerare tempestivamente i pesci di dimensioni superiori a 18 cm delle specie elencate “a rischio”, escluse l’acciuga e la sardina (sgombro, aringa, tracuro, pesce sciabola o spatola, melù o potassolo, merluzzo o nasello, triglia), per evitare la migrazione delle larve stesse dalla cavità celomatica al tessuto muscolare.

    Ciò detto, appare opportuno inserire nella procedura di ricevimento dei prodotti la verifica dell’eviscerazione degli esemplari che risultino a rischio per specie e dimensioni. Per gli esemplari più piccoli, non soggetti a tale raccomandazione, e soprattutto per le acciughe e le sardine, talvolta particolarmente infestate, sarebbe opportuno, indipendentemente dall’affidabilità del fornitore e dal controllo veterinario, verificare a campione qualche esemplare, aprendo la cavità celomatica ed osservando nei visceri l’eventuale presenza di larve di anisakis, che si presentano filiformi, lunghe pochi millimetri ed avvolte a spirale.

    In caso di presenza di parassiti è d’obbligo respingere il prodotto o, se la verifica viene effettuata dopo la presa in carico, eliminarlo dalla vendita. Comunque. La freschezza del pesce è una condizione essenziale per ridurre sensibilmente il rischio per questo pericolo: il pesce deve essere pescato da poco e ben conservato in condizioni di refrigerazione.

     

    Buone pratiche igieniche

    Per “buone pratiche igieniche” (GHP: Good Hygienic Practices) s’intendono tutte le pratiche preventivamente definite, messe in atto durante le diverse fasi del processo, atte ad evitare o ridurre la contaminazione dei prodotti alimentari. Sono buone pratiche igieniche, per esempio, quelle già comprese nella procedura generale di igiene del personale o nella sanificazione dei locali, ma anche l’uso di particolari precauzioni per determinate operazioni o tipologie alimentari (per esempio, l’uso di contenitori e protezioni, la separazione nel banco di prodotti pronti da vendersi sfusi e da consumarsi tal quali – come insalate di mare o gamberetti precotti – dai prodotti della pesca freschi, l’allontanamento immediato dal banco dei visceri eliminati dai pesci, l’allontanamento di acque sporche e residui dal banco e dalle attrezzature). Le GHP sono inscindibili dalle caratteristiche costruttive dei locali, degli impianti, delle attrezzature e degli utensili.

     

    Buone pratiche di lavorazione

    Per “buone pratiche di lavorazione” (GMP: Good Manufacturing Practices) s’intendono tutte le pratiche, preventivamente definite, messe in atto durante alcune fasi del processo allo scopo di tenere sotto controllo il rischio in particolare nelle fasi non individuate come CCP, nelle quali non sono quindi messi in atto altri sistemi di controllo. Per fare un esempio, nella fase di preparazione (eviscerazione, sfilettatura eccÖ) si è già detto che il pericolo di moltiplicazione microbica è a basso rischio, dato che il prodotto viene mantenuto a temperatura ambiente per un periodo molto limitato. La GMP consiste proprio nel prevedere tale stazionamento, di per sé pericoloso, per il tempo strettamente necessario allo svolgimento dell’operazione, cioè per pochi minuti: condizione che, se rispettata, garantisce la sicurezza dell’alimento in riferimento allo specifico pericolo individuato, rendendo irrilevante il rischio.

     

    Formazione del personale

    La formazione è elemento essenziale per la garanzia della sicurezza igienica degli alimenti; essa non deve riguardare solamente l’igiene della persona, ma tutti gli aspetti dell’attività per fornire informazioni e far acquisire la consapevolezza dei pericoli e del rischio in riferimento alle mansioni svolte. Un programma di formazione può essere attuato all’interno dell’azienda, a cura del titolare o responsabile e con l’ausilio, se necessario, di esperti esterni, oppure può essere svolto mediante partecipazione ad iniziative formative esterne (presso enti, associazioni di categoria, eccÖ). Occorre comunque rispettare eventuali disposizioni locali (delle regioni, della aziende sanitarie, eccÖ) in merito alle modalità, ai programmi e alla consistenza delle iniziative di formazione, e documentarne l’effettuazione allegando attestati, verbali del corso, dichiarazioni di consegna di materiale didattico, il materiale didattico stesso, ecc…

     

    Rintracciabilità ed etichettatura

    Il regolamento (CE) n. 178/2002, applicato dal 1° gennaio 2005, prevede un sistema completo di rintracciabilità dei prodotti alimentari. Per gli esercizi di vendita al dettaglio, come le pescherie, l’obbligo si limita all’individuazione dei fornitori (rintracciabilità a monte) da documentare e dimostrare mediante i documenti commerciali ed eventuali registrazioni delle forniture, non essendo possibile individuare i consumatori finali. Tuttavia, essi devono avviare procedure per il ritiro dal mercato di prodotti eventualmente risultati non conformi e collaborare con i produttori, con i fornitori e con le autorità competenti negli interventi di ritiro o di informazione ai consumatori della non conformità di prodotti già venduti (richiamo). Inoltre, se la pescheria ha tra i suoi clienti degli utilizzatori quali ristoranti, mense, alberghi eccÖ, deve essere in grado di garantire anche la rintracciabilità “a valle”. Tutta la procedura deve essere gestita nell’ambito dell’Autocontrollo, con opportuna documentazione.

     

    Sanzioni

    La mancata o non corretta attuazione di un Piano di Autocontrollo comporta violazione dell’art. 3, comma 2, del DLgs n. 155/1997, mentre l’inosservanza delle disposizioni di cui all’allegato (procedure e requisiti dei locali e delle attrezzature) comporta violazione dell’art. 3, comma 5. Per dette violazioni, la sanzione amministrativa pecuniaria prevista dall’art. 8, comma 1, lettera b), dello stesso DLgs, è pari ad una somma compresa tra 1549 e 9296 euro (pagamento in misura ridotta, entro 60 giorni dalla notifica: 3.098 euro).

    La mancata tenuta a disposizione dell’autorità competente di tutte le informazioni concernenti la natura, la frequenza e i risultati del sistema di autocontrollo costituisce violazione dell’art. 3, comma 3, del DLgs n. 155/1997; la sanzione prevista dall’art. 8, comma 1, lettera a), è pari ad una somma compresa tra 1.032 e 6.197 euro (in misura ridotta: 2.064 euro). La mancata attivazione della procedura di ritiro dal commercio dei prodotti a rischio costituisce violazione dell’art. 3, comma 4, del DLgs n. 155/1997; la sanzione prevista dall’art. 8. comma 1, lettera c) è pari ad una somma compresa tra 5.164 e 30.987 euro (in misura ridotta: euro 10.328).

    Le sanzioni per le citate violazioni sono applicabili qualora, a seguito di prescrizione ufficiale impartita dagli organi di controllo, il responsabile dell’industria alimentare non provveda ad eliminare il mancato o non corretto adempimento delle norme entro un “congruo termine prefissato”, che non può essere inferiore a centoventi giorni.

    Le violazioni dell’art. 3, commi 2 (obbligo dell’autocontrollo) e 4 (ritiro dal commercio di prodotti a rischio), se ne deriva pericolo per la salubrità e la sicurezza dei prodotti alimentari, sono punite, a seguito della depenalizzazione operata dal DLgs n. 507/1999, con la sanzione amministrativa pecuniaria pari ad una somma compresa tra 10.329 e 61.974 euro (in misura ridotta: euro 20.658). In questi ultimi casi non viene attuata la procedura della prescrizione, ma le violazioni sono direttamente contestate.

     

    Conclusioni

    Il Piano di autocontrollo secondo il sistema HACCP in un esercizio o reparto di pescheria consente di tenere sotto controllo i rischi igienici, garantendo la salubrità dell’alimento e quindi la sicurezza alimentare. Il responsabile provvede a redigerlo, se necessario con l’ausilio di esperti e consulenti e con l’aiuto dei manuali di corretta prassi igienica eventualmente predisposti dalle associazioni di categoria ed approvati dal Ministero della Salute, individuando i pericoli, valutando e gestendo i relativi rischi, relativamente alla specifica attività svolta; il mantenimento del sistema e la sua attuazione devono essere opportunamente e puntualmente documentati, mediante allegati e schede di registrazione dei dati di monitoraggio dei Punti Critici di Controllo, delle non conformità, delle azioni correttive, eccÖ Le sanzioni, molto elevate soprattutto nel caso in cui le carenze riscontrate mettano a rischio la salubrità degli alimenti, insieme al senso di responsabilità degli operatori, devono indurre questi ultimi ad adoperarsi con consapevolezza per il raggiungimento dello scopo della norma: l’igiene dei prodotti alimentari.

    Marco Cappelli

    Tecnico della Prevenzione

     

    Riferimenti normativi

    1. DLgs n. 155 del 26-05-1997 – Attuazione delle direttive 93/43 e 96/3 concernenti l’igiene dei prodotti alimentari (SOGURI n. 136 del 13-06-1997); modificato dal decreto legge n. 182 del 15-06-1998 (GURI n. 138 del 16-06-1998) convertito nella legge n. 276 del 03-08-1998: Modifiche alla normativa in materia di accertamenti sulla produzione lattiera e disposizioni sull’igiene dei prodotti alimentari (GURI n. 187 del 12-08-1998), e dall’art. 10 della legge n. 526 del 21-12-1999: Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee – Legge comunitaria 1999 (SOGURI n. 13 del 18-01-2000).
    2. DLgs n. 531 del 30-12-1992 – Attuazione della direttiva 91/493/CEE che stabilisce le norme sanitarie applicabili alla produzione e commercializzazione dei prodotti della pesca, tenuto conto delle modifiche apportate dalla direttiva 92/48/CEE che stabilisce le norme igieniche minime applicabili ai prodotti della pesca ottenuti a bordo di talune navi (testo aggiornato: GU n. 175 del 29-07-1998).
    3. Regolamento (CE) n. 852/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 29-04-2004 sull’igiene dei prodotti alimentari (rettifica in GUCE n. L 226 del 25-06-2004).
    4. DPR n. 327 del 26-03-1980 – Regolamento di esecuzione della legge 30 aprile 1962, n. 283, e successive modifiche, in materia di disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande (GU n. 193 del 16-07-1980), e successive modifiche.
    5. Regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio del 28-01-2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare (GUCE n. L 031 del 01-02-2002).
    6. Legge n. 689 del 24-11-1981 – Modifiche al sistema penale (GU n. 329 del 30-11-1981), e successive modificazioni.
    7. DLgs n. 114 del 31-03-1998 – Riforma della disciplina del commercio, a norma dell’articolo 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59 (SOGURI n. 95 del 24-04-1998).
    8. DLgs n. 109 del 27-01-1992 – Attuazione delle direttive 89/395/CEE e 89/396/CEE concernenti l’etichettatura, la presentazione e la pubblicità dei prodotti alimentari (SOGURI n. 39 del 17-02-1992); modificato dai decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 175 del 06-02-1996 (GURI n. 76 del 30-03-1996) e n. 311 del 28-07-1998 (GURI n. 218 del 18-09-1997), e dai decreti legislativi n. 68 del 25-02-2000 (GURI n. 72 del 27-03-2000), n. 259 del 10-08-2000 (GURI n. 220 del 20-09-2000) e n. 181 del 23-06-2003 (GURI n. 167 del 21 luglio 2003).
    9. Regolamento (CE) n. 2065/2001 della Commissione del 22-10-2001, che stabilisce le modalità d’applicazione del Regolamento (CE) n. 104/2000 del Consiglio per quanto concerne l’informazione dei consumatori nel settore dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura (GUCE L 278/6 del 23-10-2001).
    10. Circolare del Ministero della Sanità n. 10 dell’11-03-1992 – Direttive e raccomandazioni in merito alla presenza di larve di Anisakis nel pesce (GURI n. 62 del 14-03-1992).
    11. Decreto del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali 27-03-2002 – Etichettatura dei prodotti ittici e sistema di controllo (GURI n. 84 del 10-04-2002).
    12. DLgs n. 507 del 30-12-1999 – Depenalizzazione dei reati minori e riforma del sistema sanzionatorio, ai sensi dell’articolo 1 della legge 25 giugno 1999, n. 205 (ripubblicazione con note in SOGURI n. 22 del 28-01-2000).


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