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Vendita diretta da parte del produttore primario di alcuni prodotti alimentari di origine animale

di Cappelli M.

Dopo una panoramica della normativa generale relativa alla vendita diretta dei prodotti alimentari da parte dei produttori primari ai consumatori finali e ai dettaglianti (Eurocarni n. 6/2012 e Il Pesce n. 3/2012), si vogliono affrontare specifici aspetti relativi ad alcune categorie di prodotti di origine animale.

Carni fresche (bovine, suine, 
ovine, caprine, equine)
La macellazione non rientra nella produzione primaria e non può essere effettuata nell’azienda agricola se questa non è dotata di un macello riconosciuto, vale a dire se non ha ottenuto l’assegnazione del numero di riconoscimento (numero CE). Riconoscimento che presuppone il rispetto dei requisiti di cui ai Regolamenti (CE) n. 852/2004 e 853/2004, con bollatura sanitaria delle carni dopo la visita veterinaria. Inoltre, l’Operatore del Settore Alimentare deve predisporre, attuare e mantenere procedure basate sul sistema HACCP, garantendo così la sicurezza alimentare con un’appropriata analisi dei pericoli e gestione del rischio connesso alla specifica attività svolta. L’azienda agricola che effettua l’allevamento di animali, oltre che poter vendere i propri capi allo stabilimento di macellazione che poi commercializza le carni nei propri canali di distribuzione, può vendere direttamente al consumatore finale o al dettagliante l’animale vivo, dotato della prevista documentazione; l’animale dev’essere trasportato a cura dell’acquirente, anche impiegando un’impresa di trasporto per conto terzi dotata di veicolo idoneo e in regola con il regime autorizzativo di cui al Regolamento (CE) n. 1/2005 e nel rispetto della normativa sul benessere animale, ad un macello riconosciuto ai sensi del Reg. 853/2004. Qui avviene la macellazione (ed eventualmente il sezionamento), con destinazione all’autoconsumo se il proprietario è un consumatore finale o alla vendita o somministrazione se il proprietario è un venditore al dettaglio o un ristoratore.

Il produttore primario può anche commissionare direttamente la macellazione al macello riconosciuto e vendere poi le carni al consumatore, dotandosi di un locale di vendita connesso all’azienda agro-zootecnica in regola con i requisiti di cui al Reg. 852/2004, provvedendo alla notifica della specifica attività di vendita all’ASL territorialmente competente e applicando procedure basate sul sistema HACCP.

In tutti i casi di trasporto delle carni dal macello verso un operatore commerciale (dettagliante o ristoratore o lo stesso allevatore/rivenditore) dev’essere impiegato un veicolo registrato ai sensi dell’art. 6 del Reg. 852/2004, in possesso dei requisiti di cui all’allegato II, cap. IV, dello stesso Regolamento e di un impianto che garantisca adeguate condizioni di temperatura, come previsto dall’allegato II, cap. IV, punto 7, del Reg. 852/2004 e dall’allegato III, cap. VII, del Reg. 853/2004 (quest’ultimo prevede +3°C per le frattaglie e +7°C per le altre carni). Non possono essere utilizzate autovetture o veicoli normalmente destinati ad usi diversi dal trasporto alimentare.

Le Regioni prevedono la possibilità di macellazione tradizionale a domicilio di suini e, in qualche caso, di ovini e caprini, stabilendo i requisiti e le regole per l’effettuazione della visita sanitaria. Tali deroghe, tuttavia, sono limitate all’autoconsumo familiare (in genere sono fissati limiti quantitativi in funzione di tale destinazione) e le carni così ottenute non possono essere commercializzate.

È interessante il caso della Regione Lombardia, che prevede la possibilità di macellazione, sezionamento e trasformazione in salumi all’interno di strutture appositamente realizzate presso gli allevamenti, come servizio per i cittadini che possono acquistare l’animale e utilizzarne le carni pur non avendo disponibilità di stalle e terreni (DDUO 31 luglio 2002, n. 14572).



Carni di pollame, lagomorfi 
e piccola selvaggina allevata

Anche le carni di pollame e lagomorfi (conigli) devono essere ottenute in macelli riconosciuti. Tuttavia, secondo l’art. 1, comma 3, lettera d) del Regolamento (CE) n. 853/2004, e le Linee Guida della Conferenza Stato-Regioni del 17 dicembre 2009, sono previste due deroghe all’applicazione del Reg. 853/2004, che interessano le aziende agricole:

  • è consentita la macellazione fino a 500 capi/anno di pollame, lagomorfi e piccola selvaggina allevata, senza strutture dedicate, purché si tratti di cessione occasionale che avviene nella stessa azienda agricola, a richiesta del consumatore finale o del dettagliante “a livello locale” (nella provincia o province contermini) e in sua presenza. Le modalità sono disciplinate dalle Regioni;
  • la macellazione di quantitativi fino a 50 Unità Bovine Equivalenti complessive annue, corrispondenti a 10.000 polli e 6.250 conigli (1 UBE = 200 polli o 125 conigli), può avvenire in un macello annesso all’allevamento, non riconosciuto ma semplicemente registrato a seguito di notifica di inizio attività; ciò purché la macellazione sia finalizzata alla cessione diretta delle carni al consumatore finale o a dettaglianti a livello locale (provincia e province contermini) che forniscono direttamente il consumatore finale. I quantitativi suddetti valgono fatti salvi eventuali limiti più restrittivi imposti dalle Regioni, anche se talvolta sono stati fissati limiti più ampi (Regione Lombardia, Decreto Direzione Generale Sanità n. 5593 del 27-05-2010: 10.000 polli e 7.500 conigli). Devono essere rispettati i requisiti di cui al Reg. 852/2004 e devono essere predisposte e attuate procedure basate sul sistema HACCP.

Carni di selvaggina cacciata

Si riportano le seguenti informazioni relative alla selvaggina derivante da attività venatoria, costituendo quest’ultima, in molti casi, un’attività integrativa dell’agricoltore, ed essendo fissate deroghe dalla normativa comunitaria.
Ad ogni cacciatore è consentita la cessione diretta al consumatore finale o al dettagliante a livello locale (provincia e province contermini) che rifornisca direttamente i consumatori finali di un capo di selvaggina grossa o di 100 capi di selvaggina piccola all’anno, da considerarsi come capi interi o come carni da essi derivati. Il Regolamento 853/2004 definisce: “selvaggina selvatica: ungulati e lagomorfi selvatici, nonché altri mammiferi terrestri oggetto di attività venatorie ai fini del consumo umano considerati selvaggina selvatica ai sensi della legislazione vigente negli Stati Membri interessati, compresi i mammiferi che vivono in territori chiusi in condizioni simili a quelle della selvaggina allo stato libero; selvaggina di penna oggetto di attività venatoria ai fini del consumo umano”. Scendendo più nel dettaglio:

  • “selvaggina selvatica piccola”: selvaggina di penna e lagomorfi che vivono in libertà;
  • “selvaggina selvatica grossa”: mam-miferi terrestri selvatici che vivono in libertà, i quali non appartengono alla categoria della selvaggina selvatica piccola.

Le carni degli animali selvati-ci soggetti a trichinellosi, come i suidi (cinghiali), sono soggetti ai provvedimenti sanitari relativi alla Trichinella. È interessante la disposizione della Regione Lombardia, che obbliga il dettagliante che acquista carni dal cacciatore a dimostrare in qualsiasi momento l’esito delle analisi (Decreto Direzione Generale Sanità n. 5593 del 27-05-2010).
Le Linee Guida della Conferenza Stato-Regioni del 17-12-2009 prevedono che il cacciatore debba comunicare in forma scritta all’esercente l’attività di commercio al dettaglio o di somministrazione la zona di provenienza degli animali cacciati: pertanto il dettagliante venditore o ristoratore deve esibire tale dichiarazione in caso di controllo.
I piani selettivi di diradamento, i programmi di abbattimento autorizzati e le battute di caccia organizzate rientrano nel campo di applicazione del Reg. n. 853/2010; in tali casi è previsto il trasferimento delle carcasse in un centro di lavorazione della selvaggina, ove viene effettuata la visita ispettiva veterinaria con successiva bollatura sanitaria.

È il caso di richiamare l’art. 21, lettera t), della Legge n. 157/1992, di natura non sanitaria ma di protezione della fauna omeoterma, che così recita: “… è vietato a chiunque commerciare fauna selvatica morta non proveniente da allevamenti per sagre e manifestazioni a carattere gastronomico”. La violazione è perseguita penalmente con l’arresto da due a sei mesi o con l’ammenda da 516 a 2.065 euro e gli organi addetti dell’accertamento sono la Guardia forestale, gli addetti alla Polizia venatoria e gli agenti della Polizia locale.


Uova

L’azienda agricola produttrice di uova può dotarsi di un proprio centro d’imballaggio (autorizzato dalla Regione) applicando la marchiatura prevista dai Regolamenti (CE) n. 1234/2007 e n. 589/2008 per la successiva commercializzazione, oppure conferire le uova non marchiate a un centro d’imbal-laggio o all’industria alimentare (esclusi i servizi di ristorazione per collettività) per la produzione di ovoprodotti. Sono esonerate dagli obblighi sulle norme di commercializzazione le uova vendute direttamente dal produttore al consumatore finale nel luogo di produzione o nella “regione di produzione” (identificata nel territorio compreso in un raggio massimo di 10 km dal luogo di produzione), in un “mercato pubblico locale” (qualsiasi mercato di prodotti alimentari per la vendita al minuto) o nella “vendita porta a porta” (la vendita effettuata direttamente dal produttore presso il domicilio del consumatore finale).

Le uova “esonerate” non sono classificate in base alla qualità e al peso e devono comunque essere marchiate con il codice del produttore, ai sensi dell’art. 4, comma 3 del Regolamento (CE) n. 1028/2006. Tale codice consiste, come affermato dal Decreto del MIPAAF 11-12-2009, nel codice rilasciato dal servizio veterinario dell’ASL a seguito di domanda di registrazione, secondo l’art. 4, comma 1, del DLgs n. 267/2003.

Per gli allevamenti più piccoli, fino a 50 galline ovaiole, è prevista un’ulteriore deroga: il produttore può non marchiare le uova, ma deve comunque indicare il suo nome e indirizzo nel punto vendita mediante un cartello, o comunicare tali dati all’acquirente nel caso della vendita porta a porta (per esempio con un biglietto). Anche l’art. 8, comma 2, della Legge n. 34/2008 (Legge comunita ria 2007) afferma che le disposizioni di cui al comma 1 (autorizzazione dei centri d’imballaggio) non si applicano, ai sensi dell’art. 4 del Regolamento (CE) n. 1028/2006, ai produttori aventi fino a 50 galline ovaiole, a condizione che il nome e l’indirizzo del produttore siano indicati nel punto di vendita con un cartello a caratteri chiari e leggibili.


Latte crudo

La vendita del latte crudo è consentita ai sensi del Reg. 853/2004. Le Linee Guida della Conferenza Permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome (il cui rispetto è richiamato dall’Ordinanza Ministeriale del 10 dicembre 2008, prorogata in ultimo al 31-12-2012) affermano che il latte crudo può essere venduto attraverso macchine erogatrici o “direttamente nell’azienda di pro-duzione al consumatore finale, configurandosi in tale caso la fattispe-cie di cessione diretta di piccoli quantitativi di prodotti primari dal produttore al consumatore finale o a dettaglianti locali, esclusa dal campo di applicazione dei Regolamenti CE n. 852 e 853/2004”. È comunque di fatto escluso l’acquisto da parte dei dettaglianti, non potendo questi vendere a loro volta il latte crudo sfuso; tale possibilità è infatti riservata esclusivamente all’impresa agricola.

In caso di cessione diretta di latte crudo dal produttore al consumatore finale, il produttore è tenuto ad informare il consumatore con idonei mezzi sulla necessità di consumare il prodotto previa bollitura (OM 10-12-2008). Tale disposizione rafforza la possibilità di cessione diretta occasionale di piccoli quantitativi sul luogo di produzione su espressa richiesta del consumatore finale. Inoltre, secondo l’Intesa Stato-Regioni, “le aziende che intendo-no intraprendere la commercializzazione di latte crudo (uscendo quin-di dal caso della vendita diretta occasionale di piccoli quantitativi) devono:
- essere conformi all’all. III, sez. IX, cap. I del Reg. 853/2004;
- essere conformi all’all. I del Reg. 852/2004 (tenuta delle registrazioni nella produzione primaria);
- predisporre e gestire un piano di autocontrollo con controllo analitico dei parametri previsti dalla normativa (carica batterica, cel-lule somatiche, ecc…), con almeno due prelievi al mese e altri controlli che di volta in volta si rendano opportuni (es. aflatossine); procedure di pulizia e sanificazione dei locali, delle attrezzature, dei contenitori, dei mezzi di trasporto e dell’erogatore; procedure dei tempi e temperature di trasporto”.

Il latte crudo non può essere somministrato nella ristorazione collettiva (case di cura, case di riposo, ospedali, ecc…) comprese le mense scolastiche (OM del 10-12-2008). Nessun divieto è reperibile per la somministrazione nella ristorazione pubblica, categoria alla quale è assimilabile anche quella agrituristica, nella quale comunque devono essere date garanzie di sicurezza alimentare mediante procedure basate sul sistema HACCP.


Miele

Secondo le Linee Guida Stato-Regioni del 29 aprile 2010, applicative del Reg. 852/2004, tutte le fasi di allevamento, raccolta, confezionamento e imballaggio in azienda del miele rientrano nella produzione primaria.

Come si è visto nella parte generale, il Regolamento stesso non è applicabile “alla fornitura diretta di piccoli quantitativi di prodotti primari dal produttore al consumatore finale o a dettaglianti locali che forniscono direttamente il consumatore finale”. Pertanto, anche la vendita occasionale di piccoli quantitativi, su richiesta dell’acquirente e in ambito locale (rivolta cioè ad acquirenti della provincia e province contermini), sarebbe consentita senza l’obbligo di rispettare i requisiti di cui al Reg. 852/2004, cioè senza l’attivazione di un laboratorio con i requisiti previsti e la relativa registrazione, ma solamente con la registrazione come produttore agricolo e con un sistema di autocontrollo che non prevede la predisposizione obbligatoria di procedure basate sul sistema HACCP, ma limitato alla tenuta di registri relativi alle operazioni svolte. Tuttavia si ritiene che l’ambito di vendita a tali condizioni dovrebbe essere ristretta al solo consumatore finale, escludendo il dettagliante, in quanto l’apicoltore che vende occasionalmente è un produttore per autoconsumo che fornisce a terzi una piccola eccedenza di miele e non è attrezzato per sviluppare il necessario livello di garanzie tra cui l’etichettatura, obbligatoria nella vendita al dettaglio.

Nel caso di vendita in un terri-torio più ampio (si ricordi che, secondo la Legge n. 59/1963 modificata dalla Legge n. 477/1964, la vendita al dettaglio da parte del produttore agricolo può avvenire senza licenza commerciale “in tutto il territorio della Repubblica”), o comunque non più in maniera occasionale ma con la proposizione dei prodotti all’acquirente secondo le normali pratiche commerciali all’interno di locali di vendita connessi all’azienda apistica, in mercati e fiere, oppure mediante la cessione sistematica ad imprese commerciali, decade l’esenzione dall’applica-zio-ne del Reg. 852/2004: è quindi ne-cessario applicare le norme comunitarie che riguardano non solo la produzione primaria (obbligo di registrazione, rispetto dei requisiti di cui all’allegato I), ma anche le fasi successive (requisiti di strutture, attrezzature, procedure per il trasporto e la vendita, ecc…, di cui all’allegato II), con predisposizione ed applicazione di procedure basate sul sistema HACCP.


Prodotti della pesca

Il pescatore professionista e l’allevatore di acquacoltura sono produttori primari. Secondo l’allegato III, sezione VIII, punto 4, del Reg. 853/2004, “la produzione primaria comprende l’allevamento, la pesca e la raccolta di prodotti vivi della pesca in vista dell’immissione sul mercato”, nonché le operazioni connesse svolte a bordo delle navi da pesca quali: macellazione, dissanguamento, decapitazione, eviscerazione, taglio delle pinne, refrigerazione e confezionamento”.

Rientrano nella produzione primaria anche:
1) il trasporto e il magazzinaggio di prodotti della pesca la cui natura non sia stata sostanzialmente alterata, inclusi i prodotti vivi della pesca, nelle aziende acquicole di terra;
2) il trasporto dei prodotti della pesca la cui natura non sia stata sostanzialmente alterata, inclusi i prodotti vivi della pesca, dal luogo di produzione al primo stabilimento di destinazione”.

Il campo di esclusione dall’applicazione del Reg. 853/2004 per i prodotti della pesca e dell’acquacoltura è identificato, oltre che dal limite territoriale generale della provincia e province contermini, da quello del “piccolo quantitativo, pari a un quintale per sbarco giornaliero da un peschereccio o per cessione giornaliera da un allevamento di acquacoltura” (Linee Guida Stato-Regioni del 16 novembre 2006).
Entro tali limiti, quindi, il pescatore o l’allevatore possono cedere direttamente i loro prodotti a consumatori finali o dettaglianti, senza doverli necessariamente trasferire ad un impianto collettivo per le aste, ad un mercato all’ingrosso o ad uno stabilimento riconosciuto.

In ogni caso, il produttore primario, ai fini della rintracciabilità, “è tenuto a produrre, contestualmente alla cessione ad un dettagliante locale o ad un esercizio di somministrazione, un documento datato e firmato attestante l’origine e la tipologia del prodotto ceduto, in duplice copia di cui una va rilasciata all’acquirente ed una va tenuta dal cedente; dette copie vanno conservate per almeno tre mesi dalla data della cessione”.

Pescatori e produttori di acquacoltura devono inoltre rispettare gli obblighi in materia di etichettatura previsti dal Regolamento (CE) n. 104/2000, indicando nome della specie, zona di produzione e metodo di produzione, con unica esclusione per piccoli quantitativi pari a un valore massimo, fissato dal Regolamento CE n. 2065/2001, di 20 euro per ciascuna vendita ad un consumatore. La Circolare del MIPAAF n. 21329 del 27 maggio 2002, nel ribadire tale limite massimo, puntualizza che il riferimento è al consumatore finale.

La vendita può avvenire dall’imbarcazione o in strutture a terra, secondo quanto consentito dagli enti preposti: la Capitaneria di Porto in relazione alle zone di attracco e sbarco, il Comune per quanto riguarda la disponibilità di aree mercatali riservate ai pescatori. Il pescatore deve inoltre rispettare l’obbligo di eviscerazione di determinate specie (Ordinanza del Ministero della Sanità del 12 maggio 1992) ed effettuare un controllo sulla presenza di parassiti: controllo che lo stesso dettagliante acquirente deve effettuare, soprattutto se non ha provveduto il pescatore. Deve comunque essere garantita la sicurezza alimentare mediante adeguate procedure igieniche dal momento della pesca a quello della vendita, in particolare per quanto riguarda la conservazione (celle frigorifere a bordo del peschereccio, uso del ghiaccio prodotto con acqua potabile o acqua di mare pulita, protezione dai raggi solari al momento dell’esposizione per la vendita). Il Decreto Legislativo n. 4/2012 contempla tra le attività connesse alla pesca e all’acquacoltura la trasformazione dei prodotti. In tal caso, tuttavia, devono essere rispettati i requisiti previsti dai Reg. 852/2004 e 853/2004, come più sotto specificato. Lo stesso DLgs afferma che “sono vietati, sotto qualsiasi forma, la vendita e il commercio dei prodotti della pesca non professionale”. Quindi al pescatore sportivo, a differenza di quanto avviene per il cacciatore, è sempre inibita la possibilità di vendere il pescato.


Prodotti trasformati

I prodotti trasformati di origine animale (come del resto quelli di origine vegetale) possono essere elaborati all’interno dell’azienda di produzione primaria e venduti al consumatore finale o al dettagliante, in piena applicazione del Reg. 852/2004 e, se del caso, del Reg. 853/2004. Per queste attività sono necessari:

- l’allestimento di un laborato-rio, che può essere anche multifun-zionale; in alcuni casi esistono normative regionali che rendono possibile, nelle aziende agricole e agrituristiche, l’utilizzo delle cucine della famiglia dell’agricoltore, stabilendo limiti e requisiti minimi;

- il rispetto dei requisiti generali e specifici previsti, con attenzione alle specifiche norme regionali;

- la registrazione di tale laboratorio mediante notifica all’ASL competente;

- la predisposizione e applicazione di procedure basate sul sistema HACCP.

Alcune Regioni, con loro atti normativi (leggi regionali, regolamenti, decreti o deliberazioni della giunta), sono intervenute su alcune produzioni locali, semplificando procedure e requisiti: per esempio la Regione Liguria, con propria Delibera della Giunta Regionale 856 del 15 luglio 2011 (“Produzione marginale di prodotti lattiero-caseari e relativi requisiti igienico-strutturali”), ha regolamentato la produzione di formaggi con il latte crudo, dando anche un’interessante definizione di “azienda zootecnica marginale”: l’azienda che alleva bovini e che non può al contempo garantire un adeguato livello di reddito al titolare se non a fronte di praticamente indispensabile integrazione delle fasi di trasformazione e commercializzazione del latte. Considerando il costo medio di produzione del latte, la numerosità della mandria e la produttività delle bovine, viene considerato pari a 50 bovine il limite tra l’azienda in perdita (< 50) e quella in attivo (> 50) qualora venga venduto il latte secondo i canali convenzionali, rendendo necessaria la valorizzazione mediante trasformazione in laboratori aziendali. Nell’allegato B le unità bovine equivalenti al di sotto delle quali l’azienda è da considerarsi “marginale, localizzata e ristretta” sono fissate nel numero di 30, corrispondenti a 30 bovine adulte (con deroga a 50 per la razza Cabannina, razza tradizionale e poco produttiva, in purezza) o a 300 pecore o capre.


Conclusioni

Come si è visto, la regolamentazione della vendita dei diversi prodotti alimentari di origine animale da parte dei produttori primari vede un fitto intreccio di normative sanitarie, comunitarie e nazionali, e di normative commerciali e di settore (agricoltura, pesca, caccia). I produttori devono quindi essere ben informati per non intraprendere, anche involontariamente, attività illecite e per evitare il rischio di incorrere in sanzioni. È molto importante il ruolo delle organizzazioni di settore, istituzionali e associazionistiche, per garantire supporto e informazione a questi operatori nella loro esigenza di valorizzare i prodotti del proprio lavoro È importante anche il ruolo dei servizi delle ASL che si occupano, in qualità di “autorità competente”, del controllo ufficiale per la sicurezza alimentare: non solo per l’utilità della vigilanza, ma anche per la collaborazione che possono fornire agli operatori, alle loro organizzazioni e agli enti di formazione.



Marco Cappelli
Tecnico della Prevenzione
ASL n. 5 – La Spezia



Bibliografia

Marco Cappelli, Vendita diretta di prodotti alimentari da parte del produttore primario, Eurocarni, anno XXVII, n. 6, giugno 2012, p. 21-26; Il Pesce, anno XXIV, n. 3, giugno 2012, p. 24-29.

Riferimenti normativi

Regolamento (CE) n. 852/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004 sull’igiene dei prodotti alimentari (rettifica in GUUE L 226 del 25-06-2004).

Regolamento (CE) n. 853/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004 che stabilisce norme specifiche in materia di igiene per gli alimenti di origine animale (rettifica in GUUE L 226 del 25-06-2004).

Regolamento (CE) n. 1/2005 del Consiglio del 22 dicembre 2004 sulla protezione degli animali durante il trasporto e le operazioni correlate che modifica 

Direttive 64/432/CEE e 93/119/CE e il Regolamento (CE) n. 1255/97 (GUUE L 003 del 05-01-2005).

Decreto del Dirigente di Unità Organizzativa, Direzione Generale Sanità, 31 luglio 2002, n. 14572 (BUR Lombardia, Serie ordinaria n. 35 del 26-08-2002).

Accordo, ai sensi dell’articolo 4 del Decreto Legislativo 28 agosto 1997, n. 281, tra il Governo, le Regioni e delle Province autonome relativo a “Linee Guida applicative del Regolamento n. 85312004/CE del Parlamento europeo e del Consiglio sull’igiene dei prodotti di origine animale”, Rep. Atti 253/CSR del 17-12-2009 (GURI n. 14 del 19-01-2010).

Decreto Direzione Generale Sanità Regione Lombardia n. 5593 del 27-05-2010 – Definizione dell’ambito di applicazione dei Regolamenti (CE) n. 852/2004 e 853/2004.

Legge 11 febbraio 1992, n. 157 – Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio (GURI n. 46 del 25-02-1992, SO n. 41) modificata dalla Legge 4 giugno 2010, n. 96 (GURI n. 146 del 25-06-2010, SO n. 138).

Regolamento (CE) n. 1234/2007 del Consiglio del 22 ottobre 2007 recante organizzazione comune dei mercati agricoli e disposizioni specifiche per taluni prodotti agricoli (Regolamento unico OCM; GUUE L 299 del 16-11-2007).

Regolamento (CE) n. 589/2008 della Commissione del 23 giugno 2008 recante modalità di applicazione del Regolamento (CE) n. 1234 /2007 del Consiglio per quanto riguarda le norme di commercializzazione applicabili alle uova (GUUE L 163 del 24-06-2008).

Regolamento (CE) n. 1028/2006 del Consiglio del 19 giugno 2006 recante norme di commercializzazione applicabili alle uova (GUUE L 186 del 07-07-2006).

Decreto del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali 11 dicembre 2009 – Modalità per l’applicazione di disposizioni comunitarie in materia di commercializzazione delle uova, ai sensi dei Regolamenti (CE) n. 1234/2007 del Consiglio, n. 589/2008 della Commissione e del Decreto Legislativo 29 luglio 2003, n. 267 (GURI n. 111 del 14-05-2010).

Decreto Legislativo 29 luglio 2003, n. 267 – Attuazione delle Direttive 1999/74/CE e 2002/4/CE, per la protezione delle galline ovaiole e la registrazione dei relativi stabilimenti di allevamento (GURI n. 219 del 20-09-2003).

Legge 25 febbraio 2008, n. 34 – Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee (Legge comunitaria 2007; GURI n. 56 del 6 marzo 2008, SO n. 54).

Ordinanza del Ministro della Salute 10 dicembre 2008 – Misure urgenti in materia di produzione, commercializzazione e vendita diretta di latte crudo per l’alimentazione umana (GURI n. 10 del 14-01-2009).

Ordinanza del Ministro della Salute 12 novembre 2011 – Pro-roga delle misure urgenti in ma-teria di produzione, commercializzazione e vendita diretta di latte crudo per l’alimentazione umana (GURI n. 288 del 12-12-2011).

Accordo tra il Governo, le Regioni e le Province Autonome relativo a “Linee Guida applicative del Regolamento n. 852/2004/CE del Parlamento europeo e del Consiglio sull’igiene dei prodotti alimentari”, Rep. Atti n. 59/CSR del 29 aprile 2010 (GURI n. 121 del 26-05-2010).

Legge 9 febbraio 1963, n. 59 – Norme per la vendita al pubblico in sede stabile dei prodotti agricoli da parte degli agricoltori produttori diretti (GURI n. 44 del 16-02-1963) e succ. modifiche.

Legge 14 giugno 1964, n. 477 – Modificazione della Legge 9 febbraio 1963, n. 59, recante norme per la vendita al pubblico in sede stabile di prodotti agricoli da parte degli agricoltori produttori diretti (GURI n. 164 del 07-07-1964).

Provvedimento 16 novembre 2006 della Conferenza Permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano – Intesa, ai sensi dell’articolo 8, comma 6, del-la Legge 5 giugno 2003, n. 131, tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, relativa alle Linee Guida sui prodotti della pesca e la nuova regolamentazione comunitaria (Repertorio atti n. 2674).

Regolamento (CE) n. 104/2000 del Consiglio del 17-12-1999 relativo all’organizzazione comune dei mercati del settore dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura (GUCE L 17/22 del 21-01-2000).

Regolamento (CE) n. 2065/2001 della Commissione del 22-10-2001, che stabilisce le modalità d’applicazione del Regolamento (CE) n. 104/2000 del Consiglio per quanto concerne l’informazione dei consumatori nel settore dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura (GUCE L 278/6 del 23-10-2001).

Circolare del Ministero delle Po-litiche Agricole e Forestali, Dipartimento delle Politiche di Mercato, Direzione Generale per la Pesca e l’Acquacoltura, n. 21329 del 27 maggio 2002 – Reg. n. 2065/2001 della Commissione del 22 ottobre 2001 recante modalità di applicazione del Reg. CE 104/2000, relativamente all’informazione ai consumatori nel settore dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura, Decreto Ministeriale 27 marzo 2002.

Ordinanza del Ministero della Sanità 12 maggio 1992 – Misure urgenti per la prevenzione delle parassitosi da Anisakis (GURI n. 121 del 25-05-1992).

Decreto Legislativo 9 gennaio 2012, n. 4 – Misure per il riassetto della normativa in materia di pesca e acquacoltura, a norma dell’articolo 28 della Legge 4 giugno 2010, n. 96 (GURI n. 26 del 01-02-2012).



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