Il fritto di paranza. Chi non lo conosce? Che lo si chiami pesce fritto o frittura di pesce o fritto misto è un piatto di mare comune a molte regioni italiane, diffusissimo in tanti ristoranti, trattorie, rosticcerie e fast e street food e consistente in una frittura assortita di pesci di piccolo taglio il cui nome deriva dalla paranza, una tipica barca per la pesca a strascico. La sua composizione può variare a seconda del pescato del giorno o di altri fattori.
Padella, olio, temperatura, infarinatura, pastella, un’ampia varietà di pesci e, se lo si gradisce, una fetta o uno spicchio di limone da spruzzarci sopra… Ed eccoci pronti per gustare un piatto per il quale, personalmente, devo ancora trovare una sola persona che abbia detto che non gli piace: gioia di grandi e piccini, ornamento oltre che protagonista delle più riuscite tavole estive, di trattorie e ristoranti, di cartocci e scorpacciate bordo mare.
Però bisogna saperla fare, questa frittura stellare, altrimenti può diventare facilmente troppo unta o troppo molle o addirittura rancida, pesante da digerire, disgustosa nel ricordo che persiste in bocca. Quali sono, allora, i segreti per un buon/ottimo/eccellente fritto di paranza?
Scegliere i pesci più adatti
Innanzitutto vanno scelti i pesci più adatti alla frittura, cioè piccoli o, al più, di media dimensione: alici, sarde, soglioline, merluzzetti, trigliette, latterini; fra i crostacei, gamberi e mazzancolle (mentre gli scampi, una volta sgusciati, restano con poca polpa); fra i molluschi, calamari, totani e calamaretti. Non unite al misto di questi pesci gli eventuali filetti di baccalà, troppo spessi, e i bianchetti (o gianchetti), troppo sottili. Se li volete aggiungere, friggeteli separatamente.
Tagliarli in pezzi piccoli e della stessa dimensione
I pezzi devono essere più o meno tutti della stessa dimensione e mai troppo grandi. Quelli già piccoli al naturale, come alici o gamberi, vanno fritti interi, con lische e teste. Quelli più grandi, come soglioline e merluzzetti, si sfilettano o si aprono a libro o comunque vanno tagliati a pezzi. Le sacche di calamari e totani si affettano ad anelli. I gamberi vanno sgusciati togliendo il filo nero ma lasciando attaccate le codine. Togliete, ove necessario, interiora, squame ed altri scarti. Sciacquate bene ed asciugate con carta da cucina.
Come e con che cosa ricoprirli
Passateli, un pezzo alla volta, nella farina bianca o, se volete un fritto più dorato e croccante, nella semola di grano duro.
Attenzione a salare solo alla fine
Non salate adesso! Altrimenti si formerebbe umidità che renderebbe il fritto molliccio. Per il processo fisico chiamato osmosi il sale tende a richiamare l’acqua: se viene messo prima della cottura, tenderà a inumidire la superficie esterna dell’alimento facendo perdere croccantezza al fritto. Il sale va aggiunto quindi solo e soltanto al momento di servire.
Le “cotolettine”
Se volete aggiungere delle “cotolettine”, per esempio di filetti di baccalà o di sarde, passate i pezzi in uova e pangrattato o in una pastella di farina e acqua, che diventerà molto gonfia se userete acqua frizzante o birra. Ancora meglio se, nella pastella lasciata a riposare in frigorifero per una mezz’oretta, userete acqua frizzante ghiacciata. Si creerà uno shock termico con l’olio caldissimo che permetterà di formare una crosta croccante senza assorbire unto.
Dove, come e quanto cuocerli
Se usate la friggitrice, impostatela e farà tutto da sola, o quasi. Se invece siete affezionati alla padella, sceglietela molto capiente e con i bordi alti in modo che i pezzi possano esservi bene immersi. La cottura sarà uniforme e rapida e il cibo resterà meno a contatto con il grasso, risultando più asciutto. Dovrete quindi versare abbondante olio, circa 6 o 7 centimetri, e portarlo all’incirca a tra 160 e 180 °C: se è meno, non frigge e si imbibisce di unto; se è di più, si brucia senza essere cotto.
Friggete, a fiamma alta e costante, le diverse qualità immergendo pochi pezzi alla volta per non fare abbassare la temperatura. Il tempo di cottura varia da un minuto (gamberi) a due o tre minuti (alici, calamari, ecc…). Se affiora della schiuma vuol dire che la temperatura dell’olio è semplicemente troppo bassa: basta eliminarla con una schiumarola e aspettare che la temperatura risalga.
Vietata la ricolmatura, cioè aggiungere olio fresco a quello in frittura, perché le sostanze tossiche che si formano durante la frittura si accumulano; inoltre i composti d’ossidazione presenti nell’olio vecchio innescano più facilmente e più velocemente le reazioni degenerative nell’olio fresco.
Scolate i pezzi con una schiumarola, sempre uno alla volta o poco più, facendo attenzione a non ammassarli o romperli, e deponeteli su uno spesso strato di carta da cucina non colorata o da fritti. Cambiate spesso il foglio per evitare che i nuovi pezzi coti assorbano l’umidità di quelli precedenti.
Quale olio?
L’olio migliore è quello di semi di arachide perché è quello che garantisce il punto di fumo più alto, il che significa che alle alte temperature non si sviluppano sostanze nocive. Oppure olio d’oliva (non extravergine, che è troppo pesante e costoso, proprio oliva e basta) che però ha un sapore anche troppo intenso per un frittura e inoltre costa di più di quello di semi arachide. E poi ricordatevi il pizzico di sale. Poco, ma quel poco è di fondamentale importanza per sottolineare la fragranza del fritto. Ricordatevi anche di non coprire mai a cottura ultimata se non volete che la frittura si ammosci. Sempre meglio, per motivi di salute, evitare di riutilizzare l’olio, che va raccolto in un contenitore e poi smaltito nei luoghi appositamente indicati.
Nunzia Manicardi
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