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Rapporto Coop 2022

of Corona S.


Coop presenta l’anteprima digitale del Rapporto annuale 2022, dipingendo, ancora una volta, un quadro preciso di fatti e sentimenti che stanno influenzando, nel bene e nel male, la vita degli Italiani e le relative abitudini personali, familiari e professionali. Non era infatti sufficiente la tempesta perfetta che si è creata negli ultimi anni tra pandemia, crisi climatica e guerra. Quando pensavano di aver superato il peggio, gli Italiani si sono ritrovati a fare i conti con un nemico che credevano di aver abbattuto una volta per sempre una quarantina di anni fa: dagli anni ‘80 non si vedeva un’inflazione galoppante come quella che si registra in questi giorni e che — tra l’altro — non sembra destinata ad arrestarsi nel breve e medio periodo.

Ma, in uno scenario di per sé cupo e preoccupante, si teme l’incalzare di un nuovo mondo in cui la democrazia è sempre più a rischio (il 40% del Pil globale arriva da Paesi non liberi), aumenta la povertà alimentare, il commercio internazionale decresce e il clima è diventato un’emergenza. Questi i primi elementi portati all’evidenza dal Rapporto Coop 2022, presentato nelle scorse settimane.

Già la pandemia aveva aperto la strada ad una nuova epoca di scarsità, ma l’offensiva della Russia nei confronti dell’Ucraina ha creato un effetto recessivo immediato sull’economia mondiale. Il Pil globale sconta un ribasso dal +5,7% del 2021 al +2,9% previsionale del 2022. E per l’Italia le ipotesi di crescita del Pil si attestano al +3,2% per il 2022 e al +1,3% per l’anno prossimo. La Banca d’Italia, inoltre, non esclude il ritorno ad un Pil in negativo nel 2023 (–2%).

La doppia dipendenza dell’Europa dall’area del conflitto (gas e commodities alimentari) ha fatto impennare l’inflazione. Nel Belpaese il dato a doppia cifra del +7,8% nel 2022 ci fa ritornare al 1985 quando era di +9,2% e per alcuni segmenti di consumo la macchina del tempo dei rincari richiama epoche ancora più lontane. Così l’incremento dei prezzi per le spese di abitazione e utenze torna ai livelli del 1980 e per i trasporti al 1984. La perdita media del potere d’acquisto delle famiglie nel 2022 è stimata per 2.300 euro circa, tanto peggio se si vive da soli.

A questo si stanno preparando gli Italiani secondo il Rapporto Coop 2022, sebbene la maggior preoccupazione sia l’emergenza della crisi climatica. Il 38% ritiene infatti che il prossimo accadimento epocale sarà dovuto proprio a questo, il 56% pensa che questo problema debba avere la priorità a livello nazionale e internazionale ed è ancora il tema ambientale ad avere il maggiore impatto sullo stato d’animo: lo afferma il 39% (11 punti percentuali in più rispetto ai timori generati dalla guerra in Ucraina).

Per il momento — ma forse unicamente perché ne abbiamo visto solo i primi timidi effetti — i temi ambientali arrivano prima anche della pur temuta inflazione. Tutto questo vale a far attuare alla maggioranza del campione comportamenti ecologicamente corretti, facendo del non spreco la propria religione. D’altronde, la questione energetica bussa con estrema insistenza alla porta d’Italia e d’Europa e, benché sia un allarme condiviso, è un fatto che pesi tanto più sul nostro Paese dove commercialmente, ma anche nell’immaginario collettivo, la Russia gioca il ruolo di convitato di pietra.

Al netto delle ideologie, il problema più urgente è quello della bolletta, che non solo è lontano dall’essere risolto, ma pesa ogni giorno di più sulle famiglie già a corto d’ossigeno. Il 57% infatti dichiara già oggi la difficoltà di pagare l’affitto e il 26% pensa di sospendere o rinviare il pagamento e, limitando il campo a luce e gas, un Italiano su 3 entro Natale potrebbe non essere più in grado di coprire le spese relative alle utenze. Essere le formiche d’Europa e risultare ultimi nella classifica di chi dichiara di spendere di più per godersi il presente (lo sostiene solo il 40% degli Italiani a fronte del 46% degli Inglesi e del 44% di Tedeschi e Francesi) non basta più, né è sufficiente l’austerity energetica che le famiglie sembrano aver messo in campo per risparmiare. Il 41% si dichiara già molto attento ad accendere le luci il meno possibile, il 30% è già orientato a ridurre il riscaldamento domestico e molti sono gli Italiani che da qualche tempo attuano un uso razionale e controllato degli elettrodomestici. L’Italia del 2022 si scopre a conti fatti un Paese più vulnerabile, con la classe media sempre più in difficoltà, una parte che rimane indietro (24 milioni che nel 2022 hanno sperimentato almeno un disagio) e una netta crescita dell’area della povertà vera e propria (+6 milioni nell’ultimo anno).

Per converso, nel post pandemia cresce agli antipodi il mercato del lusso: +46% le compravendite di case il cui valore supera un milione di euro (2021 vs 2020), +16% le immatricolazioni di auto di valore (primo semestre 2022 vs 2021), con un aumento pari a +36% della ricchezza posseduta dai pochi ma rappresentativi Paperoni d’Italia (2022 vs 2019).

La forbice tra chi ha poco e chi troppo si divarica in maniera sempre più evidente e in un futuro sospeso che il 48% dipinge come instabile e precario ecco che ricompaiono le grandi rinunce: non si comprano le auto (–32% la variazione in negativo fra 2022 e 2019) né gli elettrodomestici, neanche la nuova casa (più di 10 milioni sono intenzionati a rimandare). Gli Italiani compressi tra i prezzi che aumentano e i salari che rimangono inchiodati ad un +0,8% vedono scivolare in basso il loro potere d’acquisto e hanno già iniziato a cercare con insistenza altre possibili vie d’uscita. I più avveduti (68%) hanno già avviato la loro personale spending review, il 17% dichiara invece l’intenzione di farlo con l’arrivo dell’autunno. Comunque sia, sarà per tutti un esercizio quotidiano che, oltre ai grandi capitoli di spesa, colpirà soprattutto il superfluo di tutti i giorni, come bar e ristoranti, abbigliamento e intrattenimento extradomestico e comporterà anche il rinvio di viaggi e vacanze e il posticipo degli acquisti di prodotti tecnologici e arredo.

Intanto il lavoro è sempre più povero e, soprattutto, lavorare non basta più. Nel rapporto tra costo della vita e stipendi medi l’Italia è il fanalino di coda tra le principali economie europee, con un salario del 33% più basso di quello dei Tedeschi, per esempio, che hanno un costo della vita equiparabile al nostro, mentre guadagniamo come gli Spagnoli, che hanno un costo della vita del 19% inferiore. Un occupato su 5 tra coloro che hanno contratti part-time è oggi a rischio povertà (era uno su sei nel 2010) e un dipendente su 10 full-time corre lo stesso rischio. A conti fatti sono 900.000 in Italia oggi i lavoratori che guadagnano meno di 1.000 euro al mese, il doppio rispetto a 15 anni fa.

Questo scenario difficile è terreno fertile per problemi di altro tipo: molto più che in passato gli Italiani si dichiarano dipendenti da smartphone e social (rispettivamente il 45% e il 28% del campione), guardano compulsivamente le serie tv (31%), inseguono esperienze ad alto tasso di adrenalina (12%) e prestano il fianco ad abitudini negative come l’eccessivo consumo di alcolici, le scommesse e i giochi.

Nel frattempo quintuplica l’uso di psicofarmaci e si quadruplica l’uso di droghe. Anche le disfunzioni alimentari aumentano e colpiscono soprattutto i ceti più fragili.

La tempesta perfetta — così più volte ribattezzata — non poteva infine risparmiare la filiera del cibo, anzi, ha trovato proprio nelle catene di approvvigionamento globali uno dei suoi principali epicentri. Oggi il mercato italiano sembra manifestare una dinamica inflattiva dei prodotti alimentari lavorati prossima alla doppia cifra, ma ancora in ritardo rispetto ad altri Paesi europei (da noi un +10% a fronte del +13,7% della Germania o del +13,5% della Spagna). Allo stesso tempo, in maniera inattesa, nonostante questa spinta dei prezzi, i volumi di vendita hanno tenuto (+7,8% primo semestre 2022 vs 2019), complice la calda e lunga estate italiana, il ritorno del turismo straniero e la capacità della Distribuzione Moderna di imporsi sugli altri canali di vendita specializzati. Il mercato italiano è però al momento l’unico a mantenere un trend positivo dei volumi (+0,5% contro –5,4% del Regno Unito, –3,7% della Germania, –2,3% della Francia e –1,3% della Spagna) e questa differenza, come il ritardo all’incremento dei prezzi, sembra presagire ad una inversione di tendenza imminente.

La spending review degli Italiani, in modo anche sorprendente attivata su altri comparti, per la prima volta da decenni non ha ancora toccato il cibo. Sono 24 milioni e mezzo i nostri connazionali che, nonostante l’aumento dei prezzi, non sono disposti a scendere a compromessi nelle loro scelte alimentari e nei prossimi mesi prevedono di diminuire la quantità ma non la qualità della propria dieta. Probabilmente, col peggiorare della situazione, anche il carrello della spesa per il cibo subirà contraccolpi, ma attualmente gli Italiani non sembrano disposti a rinunciare ad alimenti sobri e basici, senza orpelli e sovrastrutture, possibilmente italiani e sostenibili. Semmai tendono a diminuire gli acquisti di cibi etnici, le varie tipologie di “senza” (senza glutine, senza, ecc…), i cibi pronti. E anche il bio, dopo anni di indiscussa ascesa, pare subire una battuta d’arresto. La quota di Italiani che segue uno stile alimentare biologico è infatti diminuita del 38%. Le stesse marche leader sembrano sacrificabili: rispetto al 2019 hanno registrato una contrazione della quota di mercato, passando dal 14,9% di quell’anno al 13,1%, nel 2022 (–1,8). Mentre la marca del distributore continua la sua avanzata, con una quota di mercato che nel 2022 sfiora il 30% (+2,0 rispetto al 2019).

Il biennio 2022 e 2023 potrebbe essere il più difficile della storia della Grande Distribuzione Organizzata in Italia. Da un lato, infatti, le imprese retail devono fare i conti con l’eccezionale rincaro dei listini industriali e l’esplosione del caro energia, che le tocca direttamente e indirettamente. Dall’altro, con le difficoltà della domanda finale e con la necessità di attutire l’effetto sulla capacità di acquisto del consumatore. Ad oggi, infatti, i prezzi dei beni alimentari venduti dall’industria alle catene della Gdo sono cresciuti del 15% rispetto allo scorso anno (variazione percentuale tendenziale luglio-agosto 2022 su 2021), mentre l’inflazione alla vendita nello stesso periodo ha fatto segnare un valore di poco superiore al +9% (il differenziale fra il prezzo all’acquisto e quello alla vendita segna un –5,7%, a tutto svantaggio della Gdo).

E a schizzare in alto sono soprattutto i prezzi all’acquisto dei prodotti basici. Così l’olio di semi segna un +40,9%, quello di oliva un +33,1%, la pasta +30,9% e la farina +25,4%. Contemporaneamente, dopo lo tsunami energia che si è abbattuto anche sulla Grande Distribuzione, i costi energetici che nel 2019 valevano l’1,7% del fatturato sulla base dei futures sull’energia si moltiplicheranno almeno per tre volte raggiungendo nel 2022 un’incidenza del 4,7% e nel 2023 del 5,2%. Questo drammatico incremento dei costi è tanto più preoccupante se si considera che il retail alimentare è un settore strutturalmente a bassa redditività, dove piccole variazioni dei margini possono seriamente compromettere la tenuta dei conti economici. Basti qui ricordare che (dati: Mediobanca) il Valore Aggiunto trattenuto in media dalle imprese della Gdo nel 2021 è stato pari a 14,7%. Allo stesso modo, ogni 100 euro spesi dal consumatore l’utile netto per i retailer è stato appena superiore ad 1,5 euro.

Nel 2022 è il discount a registrare ancora una volta la maggiore crescita, mentre prosegue il declino del formato dell’ipermercato. E l’e-grocery che sembra aver perso quella spinta propulsiva, peraltro drogata dal lockdown, si mantiene su quote molto basse, soprattutto se paragonate al resto d’Europa; nel 2021 si attesta su un 2,9% con previsioni 2030 che non superano il 6% a fronte di ben altro dinamismo in casa degli Inglesi (dal 12% al 19%) o dei Francesi (dall’8,6% al 16%).

«Lo scenario delineato nel Rapporto 2022 ci restituisce l’immagine di un’Italia chiamata a affrontare sfide molto impegnative che prendono il via da fattori economici e sociali assolutamente inusuali» dichiara Marco Pedroni, presidente di Coop Italia e di Ancc-Coop (Associazione Nazionale Cooperative di Consumatori), che aggiunge: «dopo trent’anni è tornato il carovita, con un’inflazione che non si vedeva dagli anni Ottanta. Per molti consumatori e molte imprese è una situazione del tutto sconosciuta. Parimenti i salari rimangono congelati e colpisce nel Rapporto la divaricazione che si accentua fra una parte crescente del Paese che rimane fragile e le classi più agiate».

È evidente che sia una condizione decisiva quella che gli Italiani vanno affrontando e che determinerà il prossimo futuro. Nessuno solo un anno fa avrebbe potuto prevedere un ulteriore peggioramento di condizioni già difficili e completamente nuove nella storia recente. Eppure la situazione sembra destinata a complicarsi ulteriormente e ci costringerà ad azioni e comportamenti nuovi o che il benessere degli ultimi decenni ci aveva fatto dimenticare.

Sebastiano Corona



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