A volte le denominazioni sviano le idee e spesso ne faccio menzione in questi articoli. Oggi ci occupiamo del termine “alla cacciatora”, che conosciamo tutti ma, se dovessimo darne una definizione precisa… ecco, saremmo forse in imbarazzo. Innanzitutto, la maggior parte della carne usata per questa ricetta tradizionale non è stata catturata nei boschi usando un’arma: di solito è pollo, coniglio, agnello, faraona ovvero animali da cortile. Anche se Bruno Barbieri preferisce la lepre e un coccio. Poi, la denominazione assume caratteristiche, o, meglio, ingredienti, diversi, a seconda di dove ci troviamo. In Italia settentrionale parliamo di un umido con cipolla, pomodoro, lardo o pancetta e, se piacciono, funghi. In Italia centrale bastano aglio, rosmarino e aceto (ho letto però che l’abbacchio alla romana è una cacciatora con acciughe e peperoncino).
Come sempre avviene, insomma, la ricetta è soggetta a varianti, che non dipendono dalla geografia, ma dalla storia delle singole famiglie: negli anni Sessanta era quasi una ricetta “di moda”, simbolo di eleganza e benessere, un classico delle tavole della domenica.
Quindi, direi di accordarci in questo modo: se è una robusta e semplice preparazione di stile contadino applicata alla carne, è una cacciatora (tanto per creare ulteriore caos, sappiate che il nome si può riferire pure a quei salamini lunghi non più di 20 cm e tutto sapore).
Gioacchino Bonsignore ci rivela un’astuzia: «Buono il pollo alla cacciatora che dalla Toscana ha conquistato l’Italia, diventando un grande piatto nazionale. Il segreto sono le erbe, come la salvia e il rosmarino». Anche Gianfranco Vissani ha da dire la sua: «È una ricetta tipica che nasce sulla padella di ferro, che mantiene la croccantezza esterna della pelle e la rosolatura interna; gli aromi (aglio, rosmarino, salvia, peperoncino) vanno per primi, a far uscire il sapore di selvatico, mentre pomodoro e olive vanno per ultimi; l’intingolo si raccoglie col pane».
Dana Carpender aggiunge la mozzarella, Nigella Lawson i fagioli cannellini in scatola («che, in effetti, rendono questa ricetta un veloce piatto unico. Detto questo io la adoro — e anche i miei figli — con del semplice riso al vapore. Comunque, quando lo cucino, so che posso contare di mettere comodamente in tavola qualcosa, partendo dal nulla, in meno di mezz’ora»), Jamie Oliver la zucca.
Per Csaba dalla Zorza è una ricetta di famiglia che prevede pomodoro, olive nere e coniglio (ed è l’unica ricetta con questa carne che trovate nei suoi libri, in quanto lo considera animale da compagnia e non da tavola).
Adolfo Trippini la arricchisce con gateau di peperoni e piselli e frappe di anice e borragine, Riccardo di Giacinto con cremoso di patate, asparagini croccanti, una terra di olive nere e foglie di cappero, Carlo Cracco mette la cacciatora nel ripieno dei plin.
La variante più rivoluzionaria credo sia il cucinare il pesce alla cacciatora: Alberto Faccani usa rombo, olive, cipolle e patate, Marco Martini rana pescatrice (e il pollo diventa chips croccanti preparate con la sua pelle), Domenico Schingaro seppia (ovviamente laccata col suo nero), Giulio Terrinoni triglia (a crudo) e Gianfranco Pascucci muggine (grigliato e bagnato con acqua alle alghe), ma ho letto anche di un pesce spada con ceci e malva e che Giacomo Leopardi apprezzava i cefali.
Infine, è da leggere la descrizione di Massimo Bottura della sua “Trota al pollo alla cacciatora”: “È entrato in carta alla Franceschetta 58, il nostro gastrobistrot. Parte dall’idea del Pollo alla cacciatora, una preparazione molto popolare sulle colline di Modena, con la tipica cottura lentissima, applicata sul pollo tagliato a pezzi. La parte migliore della ricetta non è tuttavia il volatile ma la salsa. Abbiamo lavorato attorno a questa, ottenendo dopo prove su prove un’acqua da una lunga estrazione della salsa; una disidratazione della stessa e infine un pesto, che andiamo a infilare in un filetto di trota, cotto velocemente in padella. Rifiniamo con una polvere e un brodo di pollo alla cacciatora”.
Ma se volete una vera cacciatora con cacciagione (perdonate il gioco di parole, ma stavolta direi che è appropriato) vi consiglio la ricetta di Andrea Mainardi, a base di pernice, impiattata con gocce di senape in crema lavorata con miele di castagno, meringa (preparata con acqua di cipolla rossa essiccata), olive taggiasche e pomodori datterini (anch’essi essiccati).
Cosa vi avevo detto? È una ricetta che parte dalla geografia, attraversando in particolare alcune regioni, ma è capace di entrare nella nostra storia personale. Ricorda la famiglia, gli affetti, la tradizione… ed è per questo che non uscirà mai dai classici della cucina italiana.
Giorgia Fieni
To subscribe to a Magazine or buy a copy of a Yearbook
From traditional advertising to digital tools such as Newsletter and Direct Email Marketing. Let's build together the most effective communication strategy for your growth.
Find outFrom traditional advertising to digital tools such as Newsletter and Direct Email Marketing. Let's build together the most effective communication strategy for your growth.
Find out