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Ecologia del packaging

of Corona S.


Entra in vigore l’obbligo dell’etichettatura ambientale, strumento per informare i consumatori sulla destinazione finale delle confezioni e per facilitarne raccolta, riutilizzo, recupero e riciclaggio

La natura incerta del materiale che compone un imballaggio non permette di dargli la giusta destinazione in fase di smaltimento. Da questo assunto parte il Decreto Legislativo 116/2020 che, in recepimento della Direttiva UE 2018/852, introduce, tra gli altri, l’obbligo, per i produttori, di indicare — ai fini dell’identificazione e della classificazione dell’imballaggio — la natura dei materiali utilizzati e impone che siano opportunamente etichettati secondo modalità stabilite dalle norme tecniche UNI applicabili e in conformità alle determinazioni adottate dalla Commissione UE.

Il Decreto Milleproroghe aveva sospeso sino al primo gennaio 2023 l’obbligo di riportare sulle confezioni destinate al consumatore finale le indicazioni che riguardano il fine vita delle stesse. Restava in vigore l’obbligo di apporre su tutti gli imballaggi (primari, secondari, terziari) la codifica identificativa del materiale, come indicata dalla Decisione 97/129/CE. All’inizio di quest’anno la norma è però entrata in vigore e ora solo i prodotti già immessi in commercio o etichettati precedentemente al primo gennaio 2023, pur privi dei requisiti, potranno essere commercializzati fino ad esaurimento scorte.

Nel frattempo, il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica ha emanato le Linee Guida per l’etichettatura ambientale degli imballaggi, un lavoro realizzato in collaborazione con il CONAI e utile a supportare le imprese nella corretta applicazione della normativa. Il documento recepisce le indicazioni della Commissione Europea in tema di digitalizzazione delle etichette e, allo stesso tempo, si pone l’obiettivo di aiutare le imprese a fornire le caratteristiche dei propri imballaggi, aumentando la consapevolezza dei consumatori rispetto al destino finale dei rifiuti. D’altronde, le scelte di fronte allo scaffale possono essere fatte da chi acquista anche partendo da valutazioni sulla natura della confezione del prodotto e sulla possibilità che essa possa essere riciclata, riusata o smaltita nell’indifferenziato.

L’etichettatura ambientale è prevista per tutte le componenti separabili manualmente e può essere riportata, alternativamente, sopra le singole componenti, sopra il corpo principale dell’imballaggio o sopra la componente che riporta già l’etichetta. Laddove ciò non sia possibile, è ammesso il ricorso a soluzioni digitali come QR-Code o apposite app.

È obbligatorio per tutti gli imballaggi — siano essi primari, secondari o terziari — che venga indicata la codifica alfa-numerica prevista dalla Decisione 97/129/CE. Mentre, su quelli destinati al consumatore, devono essere presenti anche le diciture utili a supportarlo nella raccolta differenziata, sebbene a questo proposito sia opportuna altresì una verifica delle disposizioni del comune in cui avviene il conferimento. C’è, inoltre, la possibilità di fornire informazioni facoltative al consumatore per aiutarlo a fare una raccolta differenziata di qualità. Per esempio “svuota l’imballaggio”, “schiaccia per il verso lungo”, “separa l’etichetta” o diciture similari.

L’identificazione del materiale è possibile grazie ad un sistema già codificato di numerazione che utilizza le abbreviazioni di quelli usati — quali plastica, carta e cartone, metalli, materiali in legno, tessili e vetro — e che vanno posti al centro o al di sotto del marchio grafico che indica la natura riutilizzabile o recuperabile dell’imballaggio. Nel caso in cui invece si tratti di materiali composti, cioè a loro volta formati da più materiali (es: carta e metalli vari, carta e plastica, ecc…), deve essere indicata la lettera “C” (composti), unitamente all’abbreviazione del materiale predominante, come da Decisione 91/129/CE.

Un’ulteriore novità si ha  con riferimento all’etichettatura  dell’imballaggio compostabile o biodegradabile, perché in questo caso l’etichetta deve riportare la menzione della conformità degli standard europei: EN 13432 per gli imballaggi recuperabili tramite compostaggio o biodegradazione o EN 14995 per gli altri manufatti diversi dagli imballaggi.

Sino alla vigilia dell’entrata in vigore del Decreto, solo una confezione su tre dichiarava come essa potesse essere smaltita. Anche per questo motivo la raccolta differenziata è cresciuta, ma non come avrebbe potuto. Ogni anno gli Italiani producono circa 3,7 milioni di tonnellate di rifiuti plastici, ma nella differenziata ne finiscono 1,6 milioni, appena il 42% del totale, soprattutto le confezioni dei prodotti alimentari e non che ogni giorno vengono acquistate. Un problema dovuto, in buona parte, al fatto che su molte confezioni mancano le indicazioni su come smaltire correttamente gli imballi.

A complicare le cose, sia per l’ambiente sia per il consumatore, c’è la tendenza ad utilizzare materiali compositi. Un trend, questo, che accresce il grado di difficoltà con il quale i consumatori si confrontano quotidianamente nel differenziare i rifiuti.

Lo segnala anche il primo osservatorio IdentiPack sull’etichettatura ambientale, frutto della collaborazione fra il Conai e Gs1 Italy, l’associazione che censisce la stragrande maggioranza dei prodotti in vendita nei super e negli ipermercati. L’osservatorio classifica anche molto altro, in particolare le indicazioni aggiuntive, come i marchi volontari legati alle caratteristiche di sostenibilità del packaging, la presenza di suggerimenti su come fare una raccolta differenziata di qualità o i sistemi digitali come QR-Code e il Gs1 Digital Link, che rinviano a pagine web, con le informazioni ambientali presenti sulla confezione.

Un lavoro notevole, considerato che le referenze ispezionate sono ben 128.000! Un documento che evidenzia che sinora solo il 25,1% dei prodotti venduti riporta in etichetta la codifica del materiale usato per la confezione, sebbene su 45.000 referenze (il 36% di tutte quelle esposte), compaiano già le indicazioni sulla tipologia di imballaggio sul corretto conferimento per la raccolta differenziata.

La percentuale di etichette parlanti ora divenuta obbligatoria è salita di oltre 2 punti rispetto al 2020, ma rimane lontana dalla totalità e ci vorrà tempo perché — al di là dell’obbligatorietà del Decreto — l’obiettivo che la norma si pone venga effettivamente centrato. E a dimostrazione che le imprese sono ancora lontane dall’utilizzare strumenti come il QR-Code, si contano appena 4.268 etichette che recano almeno un’indicazione per visionare digitalmente le informazioni sul contenuto o sul packaging. Un paniere che include il 3,3% delle referenze a scaffale e di quelle vendute complessivamente. Si può fare ancora molto insomma.

Fra i settori merceologici analizzati, quello del Freddo si posiziona sul primo gradino del podio per la comunicazione delle informazioni ambientali dei packaging: gelati e surgelati si aggiudicano la leadership per incidenza di prodotti che riportano in etichetta la codifica identificativa del materiale, oltre alle indicazioni sulla tipologia di imballaggio e sul corretto conferimento in raccolta differenziata. Ma si distinguono anche per la presenza di certificazioni relative alla compostabilità del packaging e di suggerimenti per migliorare la raccolta differenziata a casa.

Bene anche la drogheria alimentare, un comparto in cui quattro prodotti su dieci indicano il materiale di cui è composto l’imballaggio e il modo corretto di differenziarlo.

A difesa delle imprese di ogni tipologia e settore, ma soprattutto di quelle agroalimentari, si può però dire che le novità, le integrazioni normative, le modifiche richieste ai produttori in sede di etichettatura sono davvero notevoli e oltremodo frequenti. Difficile reggere il passo, soprattutto per le aziende più piccole e poco strutturate che non possono contare su consulenti interni all’organigramma aziendale e sulla possibilità di rinnovare periodicamente il packaging o solo l’etichetta di un prodotto, anche sul piano grafico, oltre che di contenuto delle informazioni.

Oggi più che mai si fanno i conti con gli aumenti vertiginosi dei prezzi dei materiali per gli imballi, con una normativa in continua evoluzione, con le richieste perentorie dei clienti, GDO in testa, che talvolta impongono ulteriori adempimenti in comunicazione, oltre a quelli cogenti. Insomma, quello che manca non sempre è la volontà o il senso del rispetto dell’ambiente. Le questioni sono molte e tutte complesse.

Sebastiano Corona



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