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La carne in tavola

La nobile costata, dalla brace allo street food

of Fieni G.


Non senti profumo di brace? Io non solo lo sento, ma vedo anche la carne con l’osso (utilissimo per tenerla ferma prima di addentarla) arrostire pian piano (sottoposta alla reazione di Maillard, che ne sigilla i succhi creando la crosticina aromatica) e ne sento il sapore lussurioso. Una costata a testa e il barbecue è fatto. Può essere di manzo o di coniglio o di pollo o di bue o di vitello… anche di dromedario e pesce (Alessandro Borghese cuoce alla brace una costata di tonno rosso marinata negli agrumi con alga wakame, prugne umeboshi e radice di genziana essiccata e la serve con spaghetti di verdure marinati, chutney di mango, salsa di nespole, gel d’arancia e ravanelli).
Viene prelevata tra la 6a e la 12a costola, col muscolo spinale e parte di quello addominale, ben marezzato (ovvero deve essere grasso, a mantenere la carne morbida e veicolare gli aromi del gusto). La cosa importante è proteggere l’osso, quindi se è nel forno (Gordon Ramsay consiglia proprio questo taglio per la domenica) va disposto in basso (senza poi girare l’arrosto) o va avvolto nell’alluminio: accanto all’osso la carne non può asciugarsi e quindi rimarrà succosa (se lo togliete non state preparando una costata ma una entrecôte…).
È bene compiere una frollatura, in frigorifero, ad un giusto grado di temperatura e umidità (tra 1 e 4 °C e intorno al 75-85%)… I tempi vanno valutati in base alla materia prima… Alcuni consigliano anche di salare il tutto almeno 48H prima della cottura perché il sale possa aggregarsi alla parte proteica e impedire così un’eccessiva perdita di succo.
Non dimentichiamo comunque mai che tutti questi processi, sia di preparazione che di cottura, hanno dei limiti fissati, ma sono di media (io stessa cerco di trovare il valore corretto fra i pareri di diversi esperti): la primissima cosa da fare, sempre, è valutarne freschezza, qualità e caratteristiche e poi adeguarsi. Mai fare il contrario!
Adeguate invece i contorni. Il purè di patate è perfetto (anche nella versione all’olio, più leggero), così come una salsa all’aglio, se preferite i sapori forti. O crema di mais e spinaci. O senape. O patate al forno. O funghi trifolati. Ricordate infatti che la costata era il taglio riservato alla nobiltà nel XIX secolo e che è da lì che si ottiene il pregiato filetto, quindi datele lustro trattandola al meglio, coprendola sempre col suo jus e magari tagliandola al tavolo: pensate che i camerieri del ristorante inglese Lawry’s seguivano un corso della durata di 6 mesi per imparare come farlo e se ne andavano in giro per il locale portando le costate su vassoi posati su carrelli lunghi 1,5 m e del peso di 408 kg perché contenevano la brace per tenerle in caldo (si dovettero rinforzare i pavimenti perché non cedessero!).
Onde non dover ricorrere agli stessi estremi rimedi, consiglio la Carne desmechada venezuelana, dove la costata è marinata e poi cotta nel sugo di pomodoro.
Gianfranco Vissani cuoce la costata di vitella in casseruola con rosmarino e caffè e la serve con salsa tonnata, purè di ravanelli alla panna e insalata russa, creando un visual a quadrato. Il citato Borghese ottiene un carpaccio dalla costata di manzo e lo serve con anacardi tostati, Parmigiano Reggiano 30 mesi, ravanelli e pomodori San Marzano (aggiungendo: “Ci bevo Pinot nero cru Doc Alto Adige Franz Haas Schweizer 2010. Ci ascolto: “On the road again” dei Canned heat… Provate e fatemi sapere!”). Daniel Boulud l’ha trasformata in un hamburger. Indubbiamente buono, ma mi sembra un non valorizzarne la qualità: a meno che la costata non venga macinata ma cotta e posta tale e quale nel pane, con le salse e tutto il resto o come nella Philly cheesesteak, la bistecca al formaggio tipica di Philadelphia, con pomodori e funghi.
Riccardo Camanini la cuoce alla brace e poi la mette nel brodo. Direi che ci sta anche una costata alla pizzaiola, per terminare. Anche cotta in altri modi, la costata mantiene profumo e sapore… da nobili!


Giorgia Fieni



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